«La pena di morte non è la soluzione»
Nel suo ultimo libro Alessandro Milan affronta un tema importante. Con il suo stile incalzante e profondo, l'autore ci porta dentro una vicenda che si dipana fra Italia e USA.
Nel suo ultimo libro Alessandro Milan affronta un tema importante. Con il suo stile incalzante e profondo, l'autore ci porta dentro una vicenda che si dipana fra Italia e USA.
«Buongiorno cari ascoltatori, oggi abbiamo un documento eccezionale. Entrerete con noi nel braccio della morte di un carcere americano. Oggi vi raccontiamo la storia di Derek Rocco Barnabei, che il nostro Alessandro Milan ha intervistato». Asciutto, semplice e chiaro. Ecco come si parla in radio. Ecco come parla Santalmassi. Oggi però sarò io a fare la radio per la prima volta.
In queste poche righe c’è molto dell’ordito del nuovo libro di Alessandro Milan. Un’inchiesta, un omaggio al proprio maestro Giancarlo Santalmassi e un ricordo dell’esordio on air in Radio24. Tra le pagine di Un giorno lo dirò al mondo, edito da Mondadori, il tempo del silenzio e quello delle parole si rincorrono tra un ticchettio e l’altro del metronomo della vita.
La vicenda: Sarah viene trovata morta nel fiume Lafayette. Il suo fidanzato, Derek Rocco Barnabei, viene accusato dell’omicidio e condannato a morte. Punto.
Nella lettura che scorre veloce, incalzante, con aree di sosta nelle pieghe sottili di Anima, cariche di pensieri profondi, riflessioni, affetti ed emozioni, si sorvola più volte l’Oceano ritrovandosi a soggiornare tra Milano e lo Stato della Virginia, negli Stati Uniti. Sospesi ad un filo, come funamboli, accompagniamo l’inchiesta condotta da Alessandro Milan che ci fa entrare in un’ aula di tribunale, nel carcere di Norfolk I e nella redazione di Radio24; soprattutto ci fa entrare, con discrezione, nelle vite dei protagonisti di questa vicenda drammatica. Ricostruisce i fatti e li racconta senza interferire, ma sostenuto dal suo pensiero, sempre profondamente contrario alla pena di morte. A suon di vita e non di quella “scientifica ricerca” finalizzata solo a trovare un colpevole.
E così saltano fuori i ragionevoli dubbi sulla vicenda criminosa e oscura. E saltano fuori alcune certezze, prima tra tutte che la pena di morte è un orrore. Perché al di là della giusta pena da scontare per aver commesso un crimine, la pena di morte non è mai giusta; semmai sembra più una vendetta giudiziaria.” […]L’America, vista da molti come simbolo supremo di giustizia, si è negli anni discostata dai valori e dai principi su quali è stata fondata. Così nei decenni il crimine è dilagato e l’opinione pubblica ha pensato bene di riempire il vuoto di giustizia con un moto di vendetta. Perché questo è la pena di morte di Stato, una vendetta giudiziaria comminata in nome si un popolo che in realtà non ha mai demandato a nessuno questo diritto”.
Milan ha dato voce ad un silenzio forte come quello di un condannato nel braccio della morte, ma anche a quello di Sarah e della sua famiglia rimanendo con rispetto su quel sottile confine permeabile solo al dolore. Ha dato spazio al tempo del dialogo interno e a un confronto su un tema di così vitale importanza. Lo ha fatto condividendo le proprie immagini interne, i battiti del cuore, il proprio pensiero e le lacrime, intercettando così il lettore con battiture ad alta intensità emotiva.
Non è la prima volta che leggere Milan ci piace. Questa volta ci lascia l’umana certezza di essere fragili, ma per questo mai condannabili a morte.
P.S. Patrizia Laquidara, con il suo L’equilibrio è un miracolo ha accompagnato musicalmente la lettura di questo libro. Un ulteriore consiglio a chi si vuole avvicinare all’opera di Milan.
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