Da diversi anni ormai in psicologia sono comparse una serie di tecniche e di esercizi derivati dalla meditazione buddista identificate dalla parola “Mindfulness”.

“Mindfulness” è una parola inglese che significa “consapevolezza”, ma in un senso differente rispetto a quello comunemente inteso. Con questo termine infatti ci si riferisce ad un’esperienza diretta e, tra le varie definizioni che ne sono state date, la più condivisa è quella fornita da Jon Kabat-Zinn, uno dei pionieri  di questa visione:

“Mindfulness significa prestare attenzione, ma in un modo particolare: con intenzione, al momento presente, in modo non giudicante”.

Da questa definizione, potremmo riassumere il concetto come un’esperienza di maggiore consapevolezza del momento presente. Negli ultimi anni si è vista una crescente curiosità verso questo approccio, nonché una sua applicazione nei diversi ambiti della quotidianità. Tale successo è dovuto a diversi fattori: in primo luogo all’efficacia che tali esercizi hanno dimostrato nel risolvere o attenuare diverse problematiche; in secondo luogo per la capacità della Mindfulness di contrapporsi a quella che ormai è diventata la nostra quotidianità, fatta di attività frenetiche e di molti automatismi.

A questo proposito una delle applicazioni che più si sta diffondendo è quella adattata all’alimentazione. Infatti, molto spesso si è portati a consumare pasti in tutta fretta, talvolta senza nemmeno avere uno spazio definito per farlo, non concentrando le proprie attenzioni su quello che si sta facendo. Capita di mangiare in piedi mentre si fa altro, capita di farlo mentre si è distratti dal cellulare o dalla televisione, non rendendosi conto di quanto si mangi o delle sensazioni che ciò di cui ci si nutre ci sta offrendo.

Mindfulness e Mindful Eating

La Mindfulness applicata al cibo ha portato dunque alla Mindful Eating, ossia ad un approccio di alimentazione consapevole. Lo scopo di chi sceglie di intraprendere questo tipo di percorso è, generalmente, quello di cambiare il proprio rapporto con il cibo e con il momento del pasto. Questo approccio propone, solitamente, una serie di riflessioni scritte e di esercizi utili al percorso verso un modo di alimentarsi presente e consapevole, verso una riconnessione con quelli che sono i propri stati interni legati al cibo (sensazioni fisiche, emozioni e pensieri). Il training di Mindful Eating si basa, quindi, su pratiche di mindfulness che vanno ad incrementare la capacità di essere consapevoli, attenti al momento presente, sospendendo il giudizio ed evitando di lasciare spazio a reazioni automatiche che siamo soliti applicare.

Ad esempio, si può andare a lavorare sull’abitudine che spesso si ha di inserire il cosiddetto “pilota automatico” mentre si mangia. Con questo termine ci si riferisce a quella modalità inconsapevole che  ci porta a non renderci veramente conto di cosa e quanto stiamo mangiando, non permettendoci di sentirci appagati a fine pasto, talvolta portandoci anche a mangiare più di quanto il nostro senso di sazietà ci indicherebbe. La Mindful Eating ci aiuta, in questo caso, a riscoprire una fiducia nei confronti delle sensazioni corporee che hanno così tanta importanza nei bambini,  quando l’alimentazione viene regolata da appetito e sazietà e non da altre emozioni che non sono legate al cibo. A tal proposito, un’applicazione della Mindful Eating sta nel riconoscere la cosiddetta “fame nervosa”, ossia quel fenomeno per cui non siamo guidati dall’appetito nelle nostre scelte alimentari,  ma da una serie di sensazioni legate alla rabbia, alla tristezza e ad altre emozioni negative.

Sappiamo bene che i nostri pensieri e le nostre emozioni si riflettono sul nostro umore e su ciò  che facciamo durante la giornata. Saper essere consapevoli di cosa viene richiesto dal proprio corpo (cibo) e di cosa viene espresso dalla propria parte emozionale è molto importante per trovare la soluzione più adatta a ciascun caso, senza voler mettere a tacere le emozioni con il cibo. La Mindfulness può essere utile, in questo senso, a riconsiderare i pensieri negativi che influenzano il nostro modo di stare a tavola come semplici pensieri, togliendo loro l’influenza sulle nostre azioni quotidiane.

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