Ricordo Vinitaly 2019: delirio ovunque, difficile trovare un posto dove cenare, ma al collega di Firenze si illuminano immediatamente gli occhi vedendo l’insegna Berberè in piazza Erbe e non ha dubbi su dove portarci tutti a mangiare.

È così che ho conosciuto Berberè a Verona: grazie a un fiorentino.

Beh, non sbagliava.

Poi, però, ci si è messo il lockdown: in questo periodo di chiusure dovute alla crisi della ristorazione in molti, passando per piazza Erbe e vedendo le vetrine oscurate e ricoperte di fogli di giornale, hanno pensato che anche questo locale, aperto pochi anni fa nella nostra città, avesse chiuso definitivamente i battenti a causa delle difficoltà di questo ultimo anno pandemico.

Questa volta, possiamo raccontare un’altra storia.

Il motivo della chiusura prolungata è stato infatti dovuto alla decisione, da parte dei fratelli Salvatore e Matteo Aloe, ideatori del brand Berberè, di apportare un completo restyling degli interni.

L’esterno della pizzeria Berberè all’inizio di via Pellicciai

I due imprenditori calabresi, bolognesi d’adozione, partiti proprio da Castelmaggiore in società con l’azienda di prodotti biologici Alce Nero di Bologna, hanno aperto in questi ultimi dieci anni diverse pizzerie Berberè in varie città, da Firenze a Torino, da Milano fino a Londra (tredici, con la capitale britannica).

Ma non si tratta di un franchising: ogni locale è seguito e pensato dai fratelli Aloe, così come la formazione del personale e il menù che, partendo da quello tradizionale, viene poi adattato in base al quartiere dove scelgono di aprire la pizzeria.

La stessa scelta della location, per ogni città, spesso richiede tempi lunghi, proprio per il desiderio di trovare un posto davvero adatto alla loro filosofia, dal quartiere Isola a Milano a San Frediano a Firenze. E così è successo a Verona.

Un restyling per superare la pandemia

Berberè, che affaccia in piazza Erbe all’imbocco di via Pellicciai, ha aperto infatti negli spazi di quella che era nell’Ottocento un’antica trattoria e da pochi giorni ha riaperto con una veste tutta nuova.

Uno degli intenti della ristrutturazione dei locali e del restyling, che ha richiesto un investimento importante, è stato proprio di far riemergere quegli antichi ambienti facendoli dialogare con il nuovo.

L’architetto Mario Santini, che ha impresso il suo stile agli interni di Berberè

I lavori sono stati affidati all’architetto veronese Mario Santini, che ci ha raccontato come ha sviluppato la sua idea del progetto. Santini nella nostra città ha realizzato più di settanta arredi di attività commerciali, tra cui la Locanda di Castelvecchio, l’Osteria Ristorante Ponte Pietra, Joy Spa e il restyling della gelateria Savoia. Ma non solo: oltre alla recente nuova sala del Café Carducci, ha arredato anche due locali di prossima apertura, ovvero il Deposito A in via XX Settembre, che da negozio di modernariato d’arredo diventerà un locale vero e proprio, e il ristorante Delicatessen in vicolo Crocioni, accanto al Teatro Nuovo, una nuova proposta di ristorazione altoatesina gourmet, con la consulenza di uno chef stellato.

In ognuno dei locali pensati da Santini c’è comunque uno stile con un filo conduttore comune, che lui definisce post-classico, riconoscibile anche negli arredi di Berberè Verona ma con una declinazione adattata al brand.

Dal post-classico al kitsch, tutte le sfumature di un locale di carattere

«Anche nel caso di Berberè – racconta l’architetto – ho mantenuto lo stile riconoscibile che mi contraddistingue, ma in questo caso ripulendolo molto, semplificandolo e rendendolo più fresco e adatto a un target diverso, focalizzato su ragazzi più giovani. Quindi sempre con qualche spunto che richiama al classico, come le cornici che riquadrano le boiserie, però tinteggiate tono su tono e non evidenziate».

Gli ambienti al piano inferiore presentano una volta a botte in mattoncini che nella precedente ristrutturazione era stata intonacata e coperta. «Ho deciso di farla riemergere al suo stato originale, come anche le bocche di lupo che ho liberato e illuminato – continua Santini -, dalle quali ora si può godere della vista esterna del palazzo di via Pellicciai e della Torre dei Lamberti, facendo così emozionare e respirare la storicità della città medievale».

Ad ispirare le sedute degli ambienti al piano inferiore, un vecchio trittico, acquistato dal proprietario della trattoria precedente. «Raffigura una locomotiva e collocato nella stanza dà continuità con il passato, per chi se lo ricorda nella trattoria di metà ‘900. Così ho ricreato negli arredi un’atmosfera che ricorda gli scompartimenti di un vecchio treno, con una scelta di luci puntuali sul tavolo».

La sala del piano di sotto del Berberè di Verona, le cui sedute ricordano gli scompartimenti dei vecchi treni

I rosoni in gesso che connotano i soffitti della sala superiore si ritrovano poi anche nei bagni. «È un dettaglio che trovavamo nelle case delle nonne e da cui scendeva normalmente un lampadario – riprende l’architetto veronese -. Qui ne ho usate un’enormità, ventisette, trasformandoli quindi in elementi decorativi e non più funzionali. Ho poi giocato sulle cromie del rosa dei tavoli in vetro retrodipinti e del rosso della scritta in entrata con il pied de poule bianco e nero della carta da parati in rafia a parete. Come ultimo tocco, che ho aggiunto proprio pochi giorni fa, ho disposto un gallo rosso su un vecchio capitello sopra la discesa delle scale al piano inferiore. Un tocco kitsch che sdrammatizza e fa un po’ sorridere, e che nei miei locali non manca mai».

La ristrutturazione del locale è stata anche dettata dall’esigenza pratica di ripensare gli spazi e ottenere una miglior distribuzione delle sedute, così da migliorare l’esperienza all’interno della pizzeria, che conta comunque all’esterno del locale un plateatico con una quarantina di posti a sedere (ora ampliato per via del DPCM).

La tradizione non teme le novità

Ad accogliervi da Berberè, nei nuovi spazi, oltre alla gentilezza del personale, troverete un menù di pizze che, seppur ognuna con qualche ricercata particolarità, sono per lo più pizze tradizionalissime.

Burrata, crudo, olio all’arancia: fin dai tempi di Castelmaggiore presente nel menu Berberè, che conta una lista vini biodinamici e Triple A, e diverse birre artigianali

Quando dieci anni fa è partito il progetto, infatti, in un momento in cui tutti si davano alla pizza gourmet, Salvatore e Matteo hanno scelto di restare, con un certo coraggio, sulla semplicità del prodotto, puntando però, a partire dall’uso del lievito madre, su ingredienti di prima scelta (e non è una frase fatta, ce ne si rende conto immediatamente). Un coraggio che ha ripagato, e che è valso loro diversi premi e riconoscimenti in Italia e in Europa.

E che sicuramente, anche per la scelta di continuare ad investire nella nostra città, vale certo un assaggio.

P.S. Dà quasi fastidio ammetterlo, ma quando si tratta di mangiare, i fiorentini non si sbagliano mai.

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