È stata inaugurata il 7 maggio la mostra illustrata al Muse, Museo della Scienza di Trento, che resterà fino al 1 agosto, dal titolo “SARS-CoV-2. Storia illustrata di un virus”.

La mostra vuole ripercorrere i progressi e gli strumenti che medici e scienziati hanno messo in atto per fronteggiare e gestire correttamente la pandemia corrente, analizzandone a fondo gli aspetti tanto scientifici quanto socio-culturali, servendosi di un linguaggio non prettamente didascalico ma leggero, diretto, tipico strumento della graphic novel. Non solo virus, quindi, ma anche tematiche correlate solo apparentemente scollegate, quali ad esempio il cambiamento climatico e l’esaurimento delle risorse, allo scopo di sensibilizzare la popolazione a una vita più responsabile a beneficio del pianeta e dell’intero ecosistema.

Ne abbiamo parlato con Sara Filippi Plotegher, artista, Illustratrice e comunicatrice scientifica, che ha realizzato le immagini per il progetto espositivo ideato dal team scientifico del museo trentino. .

Sara, parlaci un po’ della mostra. Come è strutturata?

L’illustratrice Sara Filippi Plotegher

«L’idea che il Muse ha avuto per questa esposizione è di trattare un argomento, così al centro dell’informazione da più di un anno, da più punti di vista: mette insieme quello della gente, dello scienziato, del medico. Abbraccia soprattutto il punto di vista delle persone e focalizza l’aspetto di come venga comunicato il tema.

Un nucleo riguarda le caratteristiche della malattia causata dal virus, il Covid-19, evidenziando la modalità di aggancio del sistema organismo vivente-essere umano. Poi tratta l’aspetto sociale, come gli scienziati interagiscono, e il tema dei vaccini. E poi la comunicazione, con il fatto che sia stata un’infodemia oltre che una pandemia.»

Qual è l’aspetto che senti più vicino a te?

«Quello ambientale mi sta molto a cuore, così come la comunicazione. Una cosa che mi è piaciuto molto fare è stata la copertina. È molto rappresentativa di quello che penso io rispetto al fenomeno. Dal gesto di rompere il mondo, come si fa con le uova, non si torna indietro, ormai la frittata è fatta.

Che cosa significa fare l’illustratrice scientifica oggi in Italia?

«Fare questo lavoro è divertentissimo, studi molti argomenti e poi devi tradurre le informazioni in un linguaggio illustrato e ironico. Nonostante abbia di fatto ancora poca esperienza in questo campo, mi rendo conto che molti non capiscono cosa faccio. Molti si immaginano che l’illustrazione scientifica sia una cosa da libro di scienze, invece è ben altro.

Occorre avere una propria capacità di visione, interpretazione e sintesi visiva. Per fare questo lavoro è bello potersi nutrire anche di altre visioni, persone che hanno scritto, disegnato o parlato di vari argomenti di cui ti occupi. Ti guardi attorno a 360 gradi. Una cosa che mi affascina è fare un lavoro che ti porta oltre la narrativa.

Ciò che mi piace di più del fare l’illustratrice scientifica è che posso trattare anche tematiche socio culturali, perché sono fondamentali e la scienza deve dialogare anche con questi. È un approccio però che è più facile trovare all’estero.»

Un pannello illustrato da Sara Filippi Plotegher per la mostra “Sars-CoV-2. Storia illustrata di un virus”, appena inaugurata al Muse di Trento.

Che spazio ha a questo settore nel nostro Paese?

«È sicuramente una professione più diffusa all’estero. La divulgazione scientifica è una nuova frontiera, anche se esiste da qualche anno. Ci sono disegnatori che illustrano in ambito scientifico e la maggior parte ha qualcuno che gli scrive i testi. Invece scrivere e illustrare interpretando i testi è un approccio nuovo, sono due processi diversi che si devono integrare ed è necessari avere competenze specifiche per elaborare certi contenuti.»

Credi che sia un approccio che avrà più possibilità in Italia?

«Secondo me, sì. È un settore in crescita. La lettura di argomenti complessi supportati dalle aiuta la comprensione. Siamo in un’epica molto visiva, avere sia un testo interessante che immagini a supporto o di apertura è sicuramente un vantaggio. Come per tante cose c’è meno investimento nella cultura, e in questo momento storico non è così valorizzata come in altri Paesi. Ma secondo me è solo questione di tempo. Il Muse con questa mostra dà un segnale che c’è sempre più richiesta per questa modalità di comunicazione.»

Hai dei modelli di riferimento che ti hanno avvicinata al mondo delle illustrazioni scientifiche e che ti ispirano ancora oggi?

«Una autrice che mi piace molto è Claudia Flandoli che lavora in Inghilterra. Mi piace il suo approccio perché è simile al mio, un po’ ironico. Prendo spunto da tante cose, e sicuramente anche dal mio modo di studiare, ho sempre disegnato le cose per studiarle perché altrimenti non le memorizzavo. A me piace tanto anche l’albo illustrato come strumento, ha la caratteristica di aprire ancora più finestre. Un’altra disegnatrice fenomenale è Joanna Concejo. Ne seguo anche alcuni che hanno profili Instagram.»

Secondo te che ruolo hanno i social nel mondo dell’illustrazione, più in generale e in quella scientifica?

«Se non ci fossero si farebbe poco, per quanto io non sia per niente in grado ad esempio di promuovermi. È uno strumento attraverso il quale comunichi con il resto del mondo, raggiungi e sei raggiunto. Ormai la comunicazione con il pubblico anche per un museo passa dai social.

È anche il suo brutto perché poi ti rendi conto che la maggior parte delle risorse a cui puoi accedere passa attraverso lo strumento del cellulare, o del computer. Alcune persone riescono a lavorare grazie ai social, però vedo anche che ce ne sono tante di estremamente brave che lavorano tantissimo e non necessariamente passano attraverso un riconoscimento mediatico. Quindi direi che non è strettamente fondamentale, non ancora almeno.»

E per te cosa vuol dire fare l’illustratrice?

«La mia indole è sempre stata artistica nonostante la mia formazione sulla carta sia scientifica. Infatti tutti si sono sorpresi quando ho scelto le facoltà scientifiche. Direi che per me è la possibilità di andare oltre lo scritto, oltre il testo, aprire nuove finestre per guardare il mondo.»