“Non si deve fare politica sulla pandemia” dice il Ministro della Salute Roberto Speranza alle Camere, che sfugge alle critiche e agli attacchi strumentali (e spesso sguaiati) di Matteo Salvini rifugiandosi sotto un’irritante coltre di ipocrisia da volemose bene. Che un parlamentare e ministro, quindi politico, dica apertamente che occorre “sospendere” la politica – ergo il giudizio politico (sul suo operato beninteso) – sulla vicenda che quotidianamente condiziona le nostre vite, è – oltreché surreale – inaccettabile e pericoloso.

La pandemia è politica: è politica la sua gestione, le scelte che produce, è politica “aprire” o “chiudere”, è politica decidere sul coprifuoco. E Speranza dunque è il primo a fare politica (legittimamente) sulla pandemia: con quale arbitrio può negare agli altri lo stesso diritto?

Difendersi dagli attacchi affermando che “non si deve fare politica sulla pandemia” inoltre è un atteggiamento pavido, furbesco, mediocre, privo di pensiero. Di grazia, Speranza, su cosa bisognerebbe farla ‘sta benedetta politica: sulla briscola a quattro o a cinque?

Un ministro non può respingere gli attacchi, per quanto strumentali, annullandone la legittimità. Perché escludendo la “politica” dalla cosa più “politica” che esista da un anno a questa parte, questo ha fatto: ha tolto diritto d’esistere in partenza a qualunque critica alla sua azione.

Al contrario, un ministro deve difendere le sue ragioni proprio sul terreno della “politica”. Sostenendo le sue tesi con forza ed efficacia di fronte al Parlamento e all’opinione pubblica. Speranza invece, mentre parlava nel luogo più politico che esista, il Parlamento, negava i diritti della politica. Un nonsense. Un’arroganza inqualificabile. Passata quasi sotto silenzio.   

Foto di copertina: dal profilo Facebook del Ministro Roberto Speranza

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