Un giorno esisterà

“Un giorno esisterà la fanciulla e la donna,
il cui nome non significherà più soltanto un contrapposto al maschile,
ma qualcosa per sé,
qualcosa per cui non si penserà a completamento e confine,
ma solo a vita reale: l’umanità femminile.
Questo progresso trasformerà l’esperienza dell’amore,
che ora è piena d’errore,
la muterà dal fondo,
la riplasmerà in una relazione da essere umano a essere umano,
non più da maschio a femmina.
E questo più umano amore somiglierà a quello che noi faticosamente prepariamo,
all’amore che in questo consiste,
che due solitudini si custodiscano, delimitino e salutino a vicenda”

Mi piace molto questa poesia di Rilke. Mi piace l’umanità del femminile in grado di attivare quel processo trasformativo teso  alla conciliazione tra le polarità di cui ognuno di noi è composto; mi piace perché la trovo attuale e concreta, proprio in quell’esisterà. Sembra infatti vero che il ciclo dell’Eroe, quello della determinazione, della prepotenza, della violenza che impone anche il sacrificio di se stessi, stia volgendo a conclusione, non senza però qualche  ostacolo, qualche altro tipo di sacrificio, che dovrà essere fatto di rinuncia alla violenza e allestimento della sfera sacra.

Sacro è una parola indoeuropea che significa separato. La sacralità non è una condizione spirituale o morale, ma una qualità che inerisce a ciò che ha relazione e contatto con potenze che l’uomo, non potendo dominare, avverte superiori a sé; la parola trauma significa ferita, separazione tra un prima e un dopo.  Così, guardare dentro ai contenuti stessi della ferita (della separazione), diviene la possibilità di Incontro e di trasformazione all’interno del più ampio processo di individuazione. La ferita diventa quindi necessaria per la crescita continua soggettiva, collettiva e sociale a patto, non senza fatica, di accettarne più o meno consapevolmente i contenuti. Questo prevede un processo di discesa in verticale nel nostro mondo interno e una risalita, arricchiti da quel dialogo (fin dove questo è possibile) frutto di incontri avvenuti con le nostre parti più nascoste, in Ombra. La dimensione verticale è infatti la dimensione dell’Unione.

Questa umanità del femminile, dice Rilke, trasformerà l’esperienza della relazione da essere umano a essere umano. Vivere significa trasformarsi in sé stessi, in quel tipo di incontro con l’altro in cui gli elementi complementari agiscono all’unisono, manifestando nuove luci ma anche nuove Ombre. 

Di cosa ha bisogno il tempo del femminile perché possa manifestarsi? Che tipo di incontro propone questa umanità femminile perché ci sia trasformazione? Quali sono  gli ostacoli sociali e individuali a questo processo? Se il divenire del Sè è esigenza a priori che dà senso all’esperienza umana, cosa accade in quelle ferite fatte di abuso, violenza e sottomissione fisica e psicologica, agite o subite?

Ne abbiamo parlato durante una diretta di “Succede alle 31” con Stefano Baratta e Mirco Cittadini, confrontarsi con loro anche su idee, immagini e parole che pur avendo  secoli o anni continuano ad essere potenti principi di nuovi pensieri e nove esperienze.

Bibliografia

S. Baratta, L’immaginario della violenza, Moretti&Vitali

M. Cittadini, Tutto è paradiso – lezioncine dantesche, Spirito della Terra 

E. Ferrari, L’ambiguità del patire, Moretti&Vitali

R. Maria Rilke, Lettere ad un giovane poeta,  Adelphi 

F. Kafka, Lettera al padre,  SE

C. G. Jung, La dinamica dell’inconscio, Boringhieri

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