Dal 21 al 27 marzo l’Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni Razziali (UNAR) promuove la ventisettesima “Settimana d’Azione contro il Razzismo”, un appuntamento di sensibilizzazione per contrastare le discriminazioni razziali, all’insegna dello slogan “Keep Racism Out” che molte realtà, tra cui anche lo sport a livello nazionale, stanno promuovendo con varie iniziative. Un messaggio importante per il nostro Paese, dove sono ancora troppo numerosi i casi di razzismo diretto e indiretto documentati, che restano una piccola parte di una realtà condizionata dal silenzio delle vittime e dall’omertà di chi assiste.

Giulia Grazia

Giulia Grazia è una ragazza veronese di 27 anni che da tempo risiede a Padova e collabora con la cooperativa “Il Sestante Onlus”, protagonista di un progetto che ha coinvolto musicisti, attivisti e comuni cittadini nella realizzazione di una cover della nota canzone “Quando quando quando” di Tony Renis.

Giulia, da Legnago dove sei nata e cresciuta ti sei trasferita a Padova per gli studi universitari. Come hai maturato, poi, la decisione di rimanere nel capoluogo euganeo?
«Dopo la laurea in Psicologia di comunità, ho iniziato un tirocinio presso “Il Sestante” e poi proseguito con loro in ambito lavorativo, occupandomi di diversi progetti nelle tante aree di intervento. Ho sviluppato le mie competenze nell’ambito dello sviluppo dello spirito di comunità e partecipazione, che tende a favorire il benessere e la cittadinanza attiva, con la cura dei beni comuni, l’inclusività e la lotta alle discriminazioni. Nel quartiere multiculturale di Arcella, abbiamo creato l’“Officina”, uno spazio dedicato all’inclusione e alla mediazione culturale, un vero e proprio welfare point all’interno della comunità che appare anche nel video.»

Chi ha avuto quest’idea accattivante e perché proprio questa canzone?
«Abbiamo raccolto l’invito di UNAR a proporre un nostro progetto di sensibilizzazione, visto che da sempre lavoriamo a una società più aperta e accogliente. Volevamo uno strumento moderno per trasmettere il nostro messaggio con leggerezza ma in modo efficace. Il linguaggio universale dell’arte e della musica, in cui voci e strumenti diversi si fondono, è sembrato il veicolo migliore per parlare di uguaglianza. Abbiamo scelto un brano famosissimo degli anni ’60, una canzone simbolo dell’italianità che qui diventa uno spazio d’incontro tra diverse culture. Al gruppo “The Sound of Diversity” hanno collaborato diversi volti noti della scena artistica padovana, come Falou Galas Ndindi Seck, che da anni promuove l’approfondimento sulle tradizioni culturali dell’Africa occidentale, ed Elisa Erin Bonomo, premio della critica in “Voci per la libertà” di Amnesty International.»

Al di là della canzone, quali sono i suggerimenti che l’associazione vuole trasmettere ai cittadini che vogliono migliorare la propria consapevolezza sulle discriminazioni razziali?
«Abbiamo creato un simpatico vademecum in quattro punti: continua a imparare, entra in contatto, cura le ferite e segnala. Infatti, chi non conosce la discriminazione fatica a comprendere l’esperienza di chi invece vive il razzismo sulla propria pelle. Un primo passo è quello di accorgersi di quanto il fenomeno sia trasversale e quali ferite provochi. Dobbiamo riconoscere quali stereotipi e pregiudizi, anche involontari, ci condizionano. Il secondo step ci porta a creare vere relazioni con persone diverse da noi, ascoltando le loro storie, dolorose e complesse, per aprire la strada alla fiducia reciproca. Infine, pensiamo sia importante parlare, segnalare: non dobbiamo abituarci alle discriminazioni o considerarle eventi sporadici senza conseguenze. Le segnalazioni servono anche a raccogliere informazioni sull’ampiezza del fenomeno e a costruire strumenti più efficaci per il contrasto. Denunciare al contact center di UNAR (numero verde 800901010) diventa quindi un atto responsabile, anche per chi ha solo assistito passivamente a un episodio.»

L’iniziativa è davvero meritevole, il video intrigante e il motivetto entra subito in testa. Porta un messaggio importante e sarebbe davvero bello potesse diventare virale, per la gioia dei ragazzi che si sono tanto divertiti a realizzarlo ma soprattutto per diffondere il messaggio di inclusione e uguaglianza.

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