Ha creato sconcerto nelle Cancellerie delle principali Potenze l’affermazione del Presidente Biden, secondo cui il Presidente Putin è un assassino e “pagherà per le interferenze nelle elezioni Presidenziali del 2016 e del 2020”.

In effetti non è molto diplomatico esprimersi in modi tanto pesanti: esistono altri mezzi, meno espliciti, per far capire l’irritazione verso un avversario; non sembra tuttavia che la stampa – e di riflesso l’opinione pubblica mondiale – sia stata particolarmente scossa dalle critiche. Meglio così.

Se possiamo quindi pensare che nella foga dell’intervista siano uscite parole non sufficientemente meditate (ma Biden è il Presidente degli USA, non un avventore del bar sotto casa cui è lecito parlare apertamente), che abbia ricordato le pesanti insinuazioni su rapporti poco limpidi tra suo figlio e una società ucraina (anche se in questo caso l’istigatore non e’ stato Putin quanto il precedente inquilino della Casa Bianca) o che si sia ispirato alla logica della “Guerra Fredda” – di cui Biden è tenace assertore – resta il fatto che dobbiamo chiederci perché tutto questo sia uscito adesso e non prima, visto che da molto tempo si parla delle interferenze russe sul voto americano. Tentiamo di dare alcune spiegazioni:

Il presidente USA Joe Biden

Innanzitutto Biden voleva chiarire all’opinione pubblica che la Russia continua ad agire contro gli interessi USA, sia all’estero (Medio Oriente e Afghanistan) sia in Patria (ripetuti tentativi di hackeraggio, da ultimo con l’operazione Solar Wind attraverso cui sono stati violati i siti di diverse Amministrazioni e Agenzie federali);
al contempo intendeva ribadire con fermezza la posizione americana sui diritti umani, calpestati in Russia dalla vicenda Navalny e dal suo tentativo di avvelenamento, peraltro più sospettato che provato. Da qui comunque a definire “assassino” il Presidente russo ne corre di strada.

Proteste in Iran

Ma ce ne possono essere altre: il Presidente è in difficoltà sul tema dei migranti (nei primi due mesi del suo mandato sono state arrestate 180.000 persone che cercavano di varcare clandestinamente il confine, contro le 75.000 durante l’analogo periodo della Presidenza Trump). Ancora, il Partito Repubblicano continua a mostrarsi compatto dietro l’ex Presidente e minaccia di boicottare al Senato ogni misura antifilibustering (provvedimento inteso ad evitare l’ostruzionismo parlamentare) appoggiata da Biden; per di più vi sono prospettive che, per effetto del cosiddetto gerrymandering (la modifica dei distretti elettorali nei singoli Stati) i Democratici possano perdere il controllo della Camera dei Rappresentanti, dove ora hanno solo nove voti di vantaggio, nelle elezioni di Mid Term del 2022.

V sono, però, anche considerazioni di politica estera, quali, ad esempio il chiaro avviso ai ”naviganti europei” a non fidarsi di Putin, messaggio rivolto in modo assai esplicito alla Germania (legata alla Russia per via della vicenda del raddoppio del gasdotto North Stream 2) e all’Italia, sfavorevole a mantenere il regime delle sanzioni, che ci danneggiano in modo considerevole. Insomma, si tratta della classica logica del “o con noi o con lui, in mezzo non ci potere stare”.

Questo “richiamo” si unisce, infine, all’azione già avviata in Medio Oriente, dove Biden sta letteralmente rovesciando la politica di Trump, che aveva saldato insieme con gli Accordi di Abramo gli interessi economico- strategico – finanziari di Israele e dei Paesi arabi sunniti contro le minacce provenienti da Iran e Turchia. In questi giorni, infatti, egiziani e turchi hanno ripreso a parlarsi in vista di creare, sotto l’egida americana, un fronte antirusso nella regione. Fronte che potrebbe sfruttare la diminuita preoccupazione dei Governi locali per le mire espansionistiche di Teheran, soprattutto se quest’ultima ritornasse nell’accordo sul nucleare insieme a Washington.

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