Finisce allo spareggio di gara 3 l’avventura di NBV Verona ai preliminari dei playoff, battuta con un secco 3-0 da Allianz Milano. Primo set a parte, la gara è stata più combattuta di quanto non dica il risultato. Verona può recriminare soprattutto per il secondo parziale, condotto in vantaggio fino al 23-19 ma poi perso 25-23. A posteriori è stato questo il momento chiave della sfida con Milano brava a sfruttare in attacco diverse soluzioni, grazie a un Riccardo Sbertoli decisamente più preciso del veronese Luca Spirito, supportato anche dalla proficua assistenza di due schiacciatori come Tine Urnaut e Yuki Ishikawa, che non finiscono di stupire per “garra” e qualità tecniche. La quadratura difensiva dei padroni di casa, bravi a contener gli attaccanti di palla alta avversari, ha poi fatto il resto. I gialloblù, infatti, hanno chiuso la gara con un misero 38% in attacco, un livello con il quale quasi mai si vince. I padroni di casa hanno annullato Thomas Jaeschke, attendendo con misurata pazienza il logorio progressivo di Matei Kaziyski, unico vero terminale offensivo del sestetto veronese. L’approccio si è rivelato vincente, nonostante la prestazione più che decorosa offerta dall’opposto di casa Mads Kyen Kense, in altre occasioni anello debole della formazione meneghina. Onore, quindi, a Milano che ha dimostrato di essere solida, animata da forte entusiasmo e con una profondità di rosa tale da meritare il passaggio ai quarti di finale, dove incontrerà Perugia da assoluta Underdog. Per NBV Verona, invece, cala definitamente il sipario sulle oramai residuali speranze di ottenere un risultato sportivo degno di nota, in una stagione caratterizzata da molte ombre e pochi squilli. Il futuro, non solo per il sodalizio gialloblù, rimane piuttosto nebuloso, in un contesto pandemico che renderà difficile posizionarsi in un diverso livello nel ranking di SuperLega. In termini di prossimo mercato molto dipenderà dai vincoli di budget e su quali giocatori italiani la società e lo staff decideranno di puntare. La scelta principale riguarderà il regista, dal quale dipenderà poi tutto il resto.

Nel frattempo, c’è anche una buona notizia. È, infatti, arrivata l’ufficialità che vedrà Verona diventare sede delle finali maschili e femminili della CEV Champions League. Questo rappresenta una grande prospettiva per tutti gli appassionati della pallavolo ma, soprattutto, per le cinque squadre italiane che tenteranno di conquistare l’ambita coppa, in entrambe le categorie. Trento e Perugia nel maschile, Conegliano, Novara e Busto Arsizio nel femminile, sono pronte, infatti, a giocarsi fino in fondo le proprie carte. L’obiettivo di organizzare una simile rassegna sportiva, fortemente voluto dal Comitato Provinciale, che in altre occasioni aveva già dimostrato di meritare l’organizzazione di grandi eventi, dovrà purtroppo scontare l’impossibilità di riempire di tifosi l’AGSM Forum, non potendo nascondere del tutto le grandi difficoltà nelle quali versa il movimento a causa della persistente epidemia. Molte società, infatti, hanno dovuto interrompere già in autunno la loro attività relativamente agli atleti non coinvolti in categorie di interesse nazionale, secondo quanto previsto dai Dpcm, mentre altre si sono trovate costrette a fermarsi anche a causa della chiusura delle palestre o della semplice difficoltà riscontrata nell’organizzazione di gruppi, dove l’abbandono dei praticanti ha raggiunto via via livelli insostenibili. Proprio l’abbandono sembra al momento il problema più grave in prospettiva di lungo termine, sia perché pare un’emorragia non semplice da arrestare, sia perché risulta complicato compensare tutto questo con il reclutamento, reso comunque impossibile dal contesto pandemico e dalla contemporanea chiusura delle scuole.

Molte squadre del veronese in ogni caso hanno ripreso o stanno riprendendo l’attività agonistica dopo un anno di stop. A fine gennaio è stata la volta delle serie B, sabato 6 marzo ha giocato la prima giornata di campionato la serie C, mentre in settimana toccherà a tutte le categorie giovanili, dall’under 13 all’under 19. Portare avanti i campionati con una sufficiente regolarità risulta essere al momento una vera scommessa, dati i quotidiani rinvii causa contagi e isolamenti preventivi. Soprattutto, però, si pongono continuamente riflessioni alle quali non è facile apporre conclusioni decise e verso le quali ognuno propone il proprio punto di vista.
Se da un lato rilanciare l’aspetto agonistico è senza dubbio un segnale di ripresa e un tentativo di mantenere viva la fidelizzazione degli atleti, dall’altro emergono diverse perplessità. In primis, i campionati di questa stagione saranno tornei con poche gare, spesso discontinue tra di loro, e che genereranno risultati piuttosto casuali in base anche alla buona sorte di riuscire a fare lo slalom tra contagi e limitazioni conseguenti. In secondo luogo, specie se ci si riferisce ad alcune categorie giovanili, ci si domanda quanto possa essere accettabile proseguire l’attività agonistica, giustificandola con la necessità di garantire la forma fisica e psicologica dei giovani e giovanissimi, in deroga ai vincoli di coprifuoco e altre restrizioni che in questo inizio marzo stanno tornando a crescere. Come si possono, inoltre, portare avanti i campionati, pur nel rispetto formale delle disposizioni di legge, quando la stessa scuola sta ritornando a grandi passi verso la Dad e sembra non preoccuparsi troppo dei contraccolpi emotivi e relazionali di una didattica non in presenza?

L’immagine di una palestra

L’ultimo cruciale aspetto attiene, poi, alla salute pubblica. Premesso che i protocolli a cui si sottopongono le società sportive fino ad oggi sembrano garantire una certa sicurezza, appare evidente che lo spostamento dell’Italia verso un profilo di rischio elevato – zone rosse o arancioni – dovrebbe consigliare a tutti la massima prudenza. Tali valutazioni dovrebbero essere prese ancor più in esame non trascurando che la base praticante, pur giovane, si relaziona con adulti e anziani ma, soprattutto, senza dimenticare che l’età media dei contagi è in sensibile abbassamento, forse a causa delle varianti del virus.
L’equilibrio, se mai ce ne sia uno accettabile in tempi di pandemia, può essere quello di garantire gli allenamenti, ritenuti un’attività di indubbia utilità, ma non le partite e i campionati, anche per evitare che i comportamenti prudenziali richiesti dai protocolli possano essere trascurati da qualcuno, ritenendo così di poterne ricavare un vantaggio sportivo.

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