Proponiamo l’intervista realizzata da Matteo Dani nel 2019, in occasione del centesimo compleanno di Vittore Bocchetta.

Nativo di Sassari, Vittore Bocchetta è scomparso lo scorso 18 febbraio, dopo aver vissuto una vita segnata profondamente dalla battaglia per la libertà di opinione, di pensiero e di espressione. Impegnato nella Resistenza, antifascista nel profondo, ha subìto diversi arresti e ha conosciuto tutte le carceri cittadine e la tortura. Deportato nel campo di Hersbruck nel 1944, campo satellite di Flossenbürg, è riuscito a sopravvivere e a tornare in Italia, in condizioni disumane in un contesto sociale distrutto.

La permanenza in patria è durata poco: nel 1949 si trasferisce in Argentina, come corrispondente del quotidiano L’Arena e apprende le tecniche della ceramica, che lo aiuteranno a far crescere la sua sensibilità artistica e a farlo diventare uno scultore. Se ne va per l’instabilità politica argentina e si trasferisce in Venezuela, dove riprende a insegnare, ma lascia anche Caracas sempre per la situazione politica del Paese. in cerca di occasioni di lavoro.

Arriva poi negli Stati Uniti, dove non conosce la lingua ma riesce a riprendere gli studi: nel 1962 arriverà a presiedere l’Istituto italiano di cultura di Chicago. Insegnerà in diverse università e si dedicherà anche alla passione per la scultura.

Tornato in Italia nel 1989, a Verona pubblica la prima autobiografia e dà il via al suo impegno di testimone della deportazione e della Resistenza. Con questo documento, Heraldo si unisce alla città di Verona e tutti coloro, in Italia e all’estero, che hanno conosciuto, amato, accolto la vicenda personale e storica di Vittore, uomo libero e resistente.

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