«Non sempre si può vincere» cantavano The Rokes, banda beat d’importazione britannica che in questi giorni nel 1967 partecipava al Festival di Sanremo in una curiosa abbinata con Lucio Dalla. Il loro 45 giri ebbe un grande successo. Un po’ per l’accento inglese della memorabile voce di Shel Shapiro ma anche per una certa sfrontatezza del testo, che consigliava all’avversario d’amore di rassegnarsi alla sconfitta. La donna contesa da entrambi era inevitabilmente innamorata dell’affascinante Shel, sia chiaro.

Il concetto di rassegnarsi a non conquistare la posta piena nel calcio in realtà trova un compromesso. Sì, magari ci si trova di fronte alla necessità di doversi accontentare, ma almeno portando a casa un punto. Il «Bisogna saper perdere» che dava il titolo alla canzone la Virtus Verona l’ha trasformato ancor di più quest’anno in un «Bisogna saper pareggiare» visto il numero di risultati finiti con una “X” totalizzati in questa stagione. Siamo a quota dodici, numero allungato nella striscia dall’uno ad uno interno contro l’Arezzo.

L’acquolina in bocca precedente al confronto contro la formazione toscana, ultima in classifica, era forse tanta prima del calcio d’inizio. Le ultime quattro partite vinte contro Modena, Cesena, Imolese e Legnago hanno dato lustro ulteriore ad una stagione fin qui strepitosa e aver giocato lo “scacco matto” su campi ostici e con formazioni di grande livello poteva indurre qualcuno a pensare ad una partita in discesa. Sul campo però le cose non vanno sempre da pronostico, soprattutto in serie C. I rossoblù hanno capito subito che stavolta sarebbe stato complicato farsi un sol boccone dell’undici di Roberto Stellone, che ha una rosa ampissima ed esperta, con giocatori di categoria superiore in campo e un certo Cerci in panchina.

Gli ospiti sono partiti a testa bassa: grande grinta, determinazione e, soprattutto, una voglia matta di risalire la classifica partendo dal Gavagnin. La Virtus ha impiegato un po’ prima di riprendere in mano la situazione. Dopo essere andata sotto, con Bentivoglio in cabina di regia la formazione di Gigi Fresco ha iniziato a macinare gioco. Forse non la solita Virtus brillante – ma ci può stare, dopo il derby infrasettimanale – ma dopo il pari, sulla mediana De Rigo e compagni sono cresciuti ulteriormente.

L’innesto di Manfrin sulla sinistra, dirottando Zaffara a destra, è apparsa la potenziale carta vincente. Dal suo piede educato è nato il cross convertito in rete da Arma, anche oggi letale. Per paradosso, lo sfortunato infortunio del terzino, che ha lasciato i rossoblù in dieci a dieci minuti dal termine, ha stoppato le velleità del provar a metter la freccia su un Arezzo ormai chiuso a riccio in quello che avrebbe potuto essere il forcing finale.

Resta la soddisfazione di aver allungato la serie di risultati utili di una compagine che mantiene una eccellente media punti partita. La verità è che il “sapersi accontentare” sta permettendo alla Virtus di disputare la migliore stagione di sempre.

(Foto Liborio)

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