La pandemia a livello mondiale ha reso ancora più vulnerabili le vittime di tratta e sfruttamento, perché toccate in maniera drammatica dalla crisi economica che ne è conseguita e quindi esponendole ancora di più al rischio di venire trafficate e sfruttate. I numeri della piaga sono drammatici: nel Rapporto Immigrazione 2020 pubblicato a ottobre dalla Caritas si parla di 40 milioni di vittime a livello globale, di cui il 60% a scopo sessuale. L’Onu dichiara che il 38% è destinato allo sfruttamento lavorativo (di cui il 19% è servitù domestica femminile), il 6% per attività criminali, il 5% per la vendita di organi e matrimoni forzati e l’1% per accattonaggio forzato.

Secondo il progetto “Vie d’Uscita” di Save the Children una vittima su quattro ha meno di 18 anni, due su tre sono donne o ragazze. In Italia le vittime di tratta accertate sono 1.660, con un numero sempre maggiore di minorenni, cresciuti in un anno dal 9% al 13%. Il sommerso però è infinitamente maggiore. Il Dipartimento di Stato Usa stima che in Italia il numero di vittime sia tra le 25 e le 30mila, provenienti soprattutto da Nigeria, Russia, Ucraina, Albania, Romania, Bulgaria e Moldavia. Inoltre, l’Italia è il primo Paese di destinazione della Tratta degli esseri umani, che parte dall’Africa e arriva qui attraverso la Libia.

Secondo Laura Cappellazzo, educatrice a stretto contatto con tante donne dal passato fragile e autrice del libro “Donne di sabbia” «per quanto riguarda l’Italia sono aumentati gli arrivi di persone di nazionalità tunisina e ivoriana. Si è visto un aumento di vittime di sfruttamento sessuale identificate da Est Europa e da Sud America, che vanno a compensare i mancati arrivi dalle rotte “tradizionali”».

«La Pandemia ha cambiato anche le usuali rotte di traffico e le etnie in arrivo – continua Laura Cappellazzo –. Poiché molte donne sono bloccate in Libia, molto probabilmente il grave sfruttamento lavorativo e sessuale è già cominciato lì. Alcuni confini sono stati chiusi per l’emergenza sanitaria e ci sono decine di migliaia di migranti bloccati in Niger e in Algeria, che avevano direzione verso la Libia. Sono quindi diminuite le traversate nel Mediterraneo e le partenze (nel 2016 sono arrivate 11.009 sbarchi di donne nigeriane, nel 2020 solo 85). Parimenti però a giugno del 2020 è affondato un barcone di 23 donne dell’africa sub sahariana (quindi non nigeriane) sulla rotta tunisina poiché i trafficanti tentano altre rotte e molto probabilmente quelle donne erano destinate allo sfruttamento sessuale.»

A rendere tutto difficile e pericoloso il Covid-19: dalle strade le donne tendono a spostarsi dentro le case con evidenti maggiori pericoli sulla sicurezza personale e maggiore possibilità di contagio.

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