M5s, se l’ecologia non basta per governare
Grillo salva i 5 Stelle: dietro alla scelta ambientale si può scorgere un'accelerazione ad aderire al gruppo dei Verdi al parlamento Europeo. Ma alla fine i voti si prendono e si perdono in Italia.
Grillo salva i 5 Stelle: dietro alla scelta ambientale si può scorgere un'accelerazione ad aderire al gruppo dei Verdi al parlamento Europeo. Ma alla fine i voti si prendono e si perdono in Italia.
Nuovo ministero per la Transizione ecologica a cui affidare le politiche energetiche, meno imposte alle società benefit, Consiglio Superiore per lo sviluppo sostenibile e riduzione dei sussidi ambientalmente nocivi.
Su questi cinque punti si articolerebbe la disponibilità del Movimento 5 Stelle a partecipare al Governo guidato da Mario Draghi. Si tratta in realtà di una manovra politica abilissima, con la quale Beppe Grillo in persona salva i 5 Stelle. Ha capito che che stanno per affondare nella sabbie mobili della politica reale e li trae in salvo proponendo una politica ideale.
Destra, sinistra, capitale, banche, reddito di cittadinanza, pensioni: un armamentario di scelte che ormai non potrebbero che produrre isolamento o spaccatura, tanto più che verranno probabilmente “digerite” dalle altre forze politiche e dallo stesso Draghi che finirà per diluirle, fino a farle divenire ininfluenti. Meglio allora spazzarle via, lasciarle agli altri e ridefinire una visione a tema unico, politicamente neutro: quella ambientale.
Se quella diventa l’identità, la si può far valere pure con chi rappresenterebbe altrimenti il nemico storico, come l’ex governatore della BCE. Un colpo di reni astuto e psicologicamente rigenerante per il Movimento, ma che comporta alcuni rischi, nemmeno troppo nascosti.
Innanzi tutto la storica condanna all’irrilevanza politica di chiunque si sia concentrato sulle questioni ambientali, nel nostro Paese. Poi la difficoltà di un sistema economico e produttivo che avverte con fastidio qualsiasi vincolo stringente, perché già schiacciato da quelli fiscali e burocratici. Poi ancora, perché si tratta di temi che solo apparentemente posso essere gestiti in libertà, ma hanno invece forti vincoli di coordinamento internazionale. Infine, perché si corre il rischio di tornare ad essere percepiti come il “partito del No”.
C’è poi una questione da tener presente: anche se il governo Draghi iniziasse e arrivasse a scadenza naturale della legislatura, le elezioni resterebbero relativamente vicine e arrivarci con una connotazione così monotematica condannerebbe comunque a una riduzione forte dei consensi.
È vero che dietro alla scelta ambientale si può scorgere un’accelerazione, da parte del M5S, verso il vecchio progetto di aderire al gruppo dei Verdi al parlamento Europeo, cosa che regalerebbe un improvviso accreditamento nei livelli “che contano” a Bruxelles, ma è anche vero che alla fine i voti si prendono, anzi si perdono in Italia.
Del resto, quale sarebbe l’alternativa? Con tutti a bordo, compresi l’odiatissimo Cavaliere e l’ancor più scomodo ex alleato Salvini, oltre a un Renzi con la voglia di passare all’incasso, sarebbe ben difficile affermare una politica articolata propria. Il confronto sulla giustizia con Forza Italia, quello sulla sicurezza interna con la Lega, i rapporti europei con Italia Viva sarebbero campi minati sui quali si finirebbe per muoversi senza saltare per aria solo scendendo a compromessi, che peggiorerebbero ancora di più le prospettive di consenso.
Quindi la strada scelta da Grillo è inevitabile, oltre che scaltra? In realtà no. Un’altra via percorribile ci sarebbe, ma ci vorrebbero tanto pelo sullo stomaco e attributi d’acciaio, politicamente parlando.
Il Movimento 5 Stelle conta pur sempre un numero enorme di parlamentari che lo rendono potenzialmente determinante per la resistenza di qualsiasi maggioranza di governo. Lo sfortunato mandato esplorativo di Fico ha dimostrato che, a parità di numeri, è molto più sicuro affidarsi a una componente forte che a cinque o sei deboli. Naturalmente lo sa bene anche Draghi, che non ha alcuna voglia di essere tirato per la giacchetta ogni giorno da un diverso gruppo parlamentare. Bene, questa e solo questa è la condizione sulla quale l’M5s dovrebbe imperniare la sua azione di riaffermazione.
Niente idee, niente visioni, solo numeri. Quindi posti nel governo. Cinismo politico allo stato puro.
Gli altri (perfino Salvini dopo il colloquio con Draghi) dicono di non avere nessun tipo di preclusione pur di partecipare al governo? I 5 Stelle dovrebbero invece rivendicare semplicemente la forza numerica, mettendo al centro della trattativa solo ed esclusivamente le poltrone, puntando ad ottenerne più possibile.
Sarebbe perfino poco importante in quali ministeri od organismi di influenza. L’importante sarebbe essere solo i più numerosi nelle stanze dei bottoni.
Certo, bisognerebbe avere uomini in grado di farsi spazio nel tempo, bisognerebbe essere in grado di condurre ogni giorno, per tutta la durata della legislatura, un disegno tattico impegnativo, ma sarebbe l’unico modo per capitalizzare ancora la rappresentanza parlamentare.
Non lo faranno. Perché alla fine son bislacchi, ma bravi figlioli, finiti per caso tra vecchi, abili volponi.