Innanzitutto occorre una premessa. Qualsiasi cosa si scriva sulla crisi di governo, rischia di essere smentita un minuto dopo. Non per inaffidabilità delle fonti, ma per la fluidità (chiamiamola così) della situazione. Detto ciò, questi verranno ricordati come i “giorni delle chat”. In verità in controtendenza visto che, malgrado la fuga di massa da Whatsapp verso Telegram, i partiti sembrano continuare a utilizzare la prima e più classica messaggeria. Unica eccezione i 5 Stelle, che da tempo prediligono per le loro comunicazioni interne la piattaforma russa.

Sono comunque i messaggi a infiammare gli animi (e gli smartphone) dei parlamentari. Come già Il Fatto Quotidiano ha rivelato, ci sono quelli inviati dai “pontieri” della Lega agli ex compagni di maggioranza grillini.

Si parla genericamente di offerte di passaggio di casacca, ma in realtà la parte più interessante starebbe nei toni, tutti tesi da una parte a rievocare le trascorse convergenze antieuropeiste, anche sventolando lo spauracchio del famigerato MES (“sotto sotto, lo sapete che il PD non è davvero contrario…”), dall’altro offerte di ruoli in caso di elezioni anticipate. Vista la recente riduzione dei parlamentari, si tratterebbe di posti nella burocrazia di Stato, compresa quella Rai dalla quale la Lega non ha mai tolto la zampa.

Poi ci sono le chat interne a Italia Viva. Infuocatissime. Qui volano appelli all’unità, ai quali farebbero da contraltare messaggi di smarrimento per il futuro più immediato (“Sì, ma lunedì che facciamo?…”). Ma l’incrocio di messaggi più delicato e interessante è quello che correrebbe tra i parlamentari fedeli a Matteo Renzi e gli ex compagni del PD. Critiche? Improperi? Macché, tutto un fluire di messaggi ponderatissimi. Niente di esplicito, ma elegantissime ed equilibristiche avance tese a sondare gli umori.

L’origine di tanta diplomazia starebbe in una serie di sondaggi che vedrebbero l’eventuale “partito di Conte” divorare un bel pezzetto di elettorato proprio ai democratici. I timori sono in due diverse prospettive: quella più remota, ma più terrificante di un ricorso anticipato alle urne, e quella che sa meno di patibolo, ma molto più di sottomissione nel caso di un governo Conte Ter. Numeri alla mano, il PD rischierebbe di vivere da qui al 2023 sotto ricatto politico costante, cosa che oltretutto – in assenza del nuovo “partito del Presidente” – regalerebbe riflessi di solidità al Movimento 5 Stelle, che di Conte resta pur sempre la casa originaria.

Cosa ci sarebbe in quelle chat? Velati inviti a ricucire lo strappo, a riavvicinarsi, magari in cambio di qualche concessione di peso. La mossa di Italia Viva di ritirare una pattuglia di governo non indifferente rispetto al peso elettorale potenziale, con due ministre e un sottosegretario agli Esteri, in caso di riconciliazione richiederebbe un corrispettivo almeno altrettanto influente. Ma anche di più, visto che arriverebbe in soccorso del PD. Volerebbero già alcuni messaggi espliciti, in questo senso.