In Veneto un nuovo Presidio Slow Food: la pecora brogna della Lessinia
Una preziosa razza ovina locale, l’ultima ancora esistente, rappresenta una significativa opportunità di sviluppo e salvaguardia per la montagna veronese.
Una preziosa razza ovina locale, l’ultima ancora esistente, rappresenta una significativa opportunità di sviluppo e salvaguardia per la montagna veronese.
Una razza tipica che mantiene vivo il nostro territorio della Lessinia e ne difende l’ambiente, incoraggiando un’economia più sostenibile in aree svantaggiate. Si tratta della pecora brogna, conosciuta anche come badiota, prognola o nostrana, che da oggi è entrata a far parte della ricca famiglia dei Presìdi Slow Food.
In provincia di Verona, nei pascoli di un’area incontaminata circondata da vette che raggiungono i 1800 metri di altezza e protetta, in parte, dal Parco Naturale Regionale della Lessinia, questa speciale razza ovina autoctona ha trovato il luogo ideale in cui stabilirsi e di cui, da secoli, è la protagonista.
«In queste montagne – racconta Marcello Volanti, referente locale dei produttori– il nostro motto è: una pecora per l’ambiente. È stato coniato perché siamo fieri del lavoro prezioso che questo animale svolge nelle nostre zone. Pascolando, oltre a tenere viva la montagna, non permette il rimboschimento dei prati e dei pascoli. Inoltre questo animale, nutrendosi in via pressoché esclusiva di erba e fieno, non entra in concorrenza con l’uomo nella catena alimentare. Si tratta di una produzione zootecnica ampiamente sostenibile, visto che per alimentarla non abbiamo bisogno di ricavare superfici seminative sempre nuove e più grandi».
L’importanza della brogna per il territorio risale al tempo degli Scaligeri, attorno al XIII secolo, che traevano dall’indotto della sua lana molta della loro ricchezza. La pecora brogna era ormai perfettamente insediata e ricopriva un ruolo di prim’ordine nell’economia locale. A testimonianza di ciò, alcuni simboli architettonici sono tuttora presenti in città, come il Capitello dell’agnello, simbolo dell’Arte della Lana, o la loggia delle Sgarzerie, un portico del XIV secolo dove storicamente si svolgeva la commercializzazione dei panni di lana.
La pecora brogna è di taglia media, ha zampe sottili e una struttura più snella rispetto alle razze più produttive. Ciononostante, viene allevata per la sua carne delicata, il latte e la lana, caratterizzata da una fibra morbidissima molto più sottile rispetto ai filati delle razze locali più comuni. «Uno dei principali problemi della zootecnia moderna – spiega Volanti – è l’eccessiva specializzazione a cui vengono sottoposti gli animali. La pecora brogna invece, in netta controtendenza, pur non essendo nota come animale squisitamente lattifero o ideale per grandi produzioni di carne o lana, raggruppa in sé questa triplice attitudine produttiva che, soprattutto in passato, ha rappresentato un’importante integrazione al reddito, e questo fino agli anni ‘70 del secolo scorso per molte famiglie che abitavano queste montagne». E, nonostante con il passare del tempo le condizioni di vita in queste vallate si siano fatte meno gravose, la pecora brogna continua a rappresentare un presidio preziosissimo per il territorio.
Gli ovini, infatti, vengono allevati al pascolo, in greggi con meno di cento capi, e sono alimentati con le essenze spontanee dei pascoli dell’alta Lessinia, uno dei pochi territori italiani ad aver ottenuto il riconoscimento di Paesaggio Rurale Storico. A partire dal 2012, anno di fondazione dell’Associazione per la promozione e la tutela della pecora brogna, allevatori, tecnici, ristoratori e trasformatori lavorano sinergicamente per valorizzare questa razza e i suoi prodotti. Non solo lana e formaggi a latte crudo, ma anche una carne dalle caratteristiche uniche. «Dal punto di vista organolettico – spiega Antonella Bampa, fiduciaria della Condotta Slow Food di Verona – la carne della brogna non è caratterizzata dal tipico afrore ovino, ma risulta gradevole e profumata. È molto delicata e porta con sé un equilibrio tale da non influenzare prepotentemente le preparazioni di cui è protagonista. I ristoratori veronesi l’hanno sempre inserita volentieri nei loro menù, rappresentando un’alternativa locale e poco commerciale rispetto ai più noti agnelli scozzesi o neozelandesi. La vera difficoltà sta nel vincere le resistenze legate al consumo della pecora, a cui, nel tempo, la maggior parte della popolazione si è disabituata, e ai luoghi comuni associati alla sua invadenza olfattiva e gustativa».
Un obiettivo, questo, che richiede un paziente e costante dialogo con il territorio e che guarda inevitabilmente al futuro. Da oggi, però, con più ottimismo. «Il riconoscimento del Presidio Slow Food, sostenuto dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, – conclude Volanti – è molto importante non solo da un punto di vista simbolico, ma soprattutto per coloro che, da una decina d’anni, si impegnano attivamente per sensibilizzare cittadini, ristoratori e turisti sul ruolo cruciale sia per l’ambiente che per l’economia locale che questa pecora ricopre nel nostro territorio. La salvaguardia della biodiversità comincia, innanzitutto, con ciò che ciascuno di noi decide di portare nel proprio piatto ogni giorno, ragionamento che diventa ancora più fondamentale se si parla di razze in via d’estinzione come, appunto, la pecora brogna. Ci sono molti giovani volenterosi della zona che si stanno avvicinando a questa razza ovina ma è necessario che, nei loro sforzi, si sentano sostenuti dalla comunità in cui vivono. È questo il nostro augurio per il futuro».
L’Italia detiene il record europeo della biodiversità con 55.600 specie animali pari al 30% di quelle europee e 7.636 specie vegetali che sono state salvate dall’estinzione. La pastorizia garantisce la salvaguardia di ben 38 razze a vantaggio della biodiversità e tutela chi si prende cura di 6,2 milioni di pecore da nord a sud della Penisola anche attraverso tradizioni millenarie come la transumanza proclamata patrimonio culturale immateriale dell’umanità l’11 dicembre 2019.
Grazie all’allevamento della pecora brogna in Lessinia è possibile valorizzare un ambiente tra i più belli d’Europa tutelandone allo stesso tempo i suoi prodotti e proteggendo un animale che è parte della sua storia più profonda.