È una Verona silenziosa quella del pomeriggio di un giovedì decembrino in via Sottoriva. In altri tempi, mentre le piazze della città avrebbero brulicato di cittadini in cerca del regalo all’ultimo minuto, dello spritz fighetto in piazza Erbe per trovare un alcolico coraggio con ragazze chiaramente fuori portata o dello struscio in via Mazzini per far finta di essere qualcuno, in Sottoriva avremmo trovato qualche turista che sorseggia in un’enoteca o che si inoltra, col naso all’insù, in una via sciamante di giovani e di vita negli anni 90. Una via, ora, silente come Via degli Inferi a Cerveteri.

Leo Ferrioli

Ma se la superficie mostra un inverno feroce per la vita della città, nelle profondità qualcosa si muove. E si muove alacremente. Infanti, nelle cantine sotterranee Leo Ferrioli, poeta e artista, ma qui soprattutto gestore del negozio Averoff, antiquariato e cornici in via Sottoriva, sta cercando di ripristinare e rendere accessibili al pubblico alcuni ambienti che ci parlano di una Verona che non c’è più.

Una città che, prima della costruzione dell’argine (a seguito di una delle più grandi inondazioni che la città ha subito, ovvero quella del 1882), aveva un rapporto vivo, di scambio, di contiguità con il fiume e con l’acqua. Riva s. Alessio nella sua parte prospiciente il fiume, che ora è parcheggio ambito per ponte Pietra, un tempo era occupata da case – oggi abbattute – le cui fondamenta si piantavano nel fiume, come una piccola Venezia. Oggi, come molte altre città italiane (Pisa, Firenze…) quel rapporto si è spezzato: il fiume è stato irreggimentato, i trasporti non sfruttano più le vie d’acqua, i mulini sono scomparsi.

Uno scorcio di via Sottoriva – Foto Sarah Baldo

Nei locali sotto il negozio, al livello del fiume attuale, complice la forzata inattività per effetto dei DPCM, Ferrioli sta cercando con pazienza certosina di recuperare ambienti che mostrano una muratura di età probabilmente medioevale e che prima erano nascosti da strutture anni ’70. Un recupero, ovviamente, che non può non tenere conto della sua anima di artista: infatti, una volta finito il pavimento delle scale e dell’entrata, la decorazione pavimentale al primo livello è stato pensata come se fosse un tappeto vecchio, consunto da tempo; nel secondo livello, invece, un decoro più astratto per dar luce all’ ambiente; il terzo “strato”, a livello dell’Adige e dove probabilmente c’era secondo Ferrioli un attracco Romano, sono stati messi a vista muri del periodo Medioevale ed incorniciati con cornici antiche, come se fossero dei quadri.

Un lavoro lungo, paziente e che richiede anche competenze sui materiali. Ci spiega l’autore che, dopo il risanamento dei muri per eseguire i vari pavimenti, è stato usato un impasto di quarzo, colla e terre colorate per preparare il fondo ed eliminare l’umidità e solo successivamente si è passato al dipinto vero e proprio del tappeto, della parte astratta e della “finta” strada romana fino all’ultimo passaggio che sarà la “vetrificazione” con resine del pavimento. Tutto decorato e dipinto a mano, così come, sempre a mano, sono state ripulite e ravvivate pietre, marmi e sassi.

Certo, si tratta di piccole cose, in fondo, però il recupero del nostro patrimonio artistico e culturale passa sia dalla valorizzazione sia dei nostri grandi monumenti che da piccole iniziative personali come questa. La sconfortante sensazione, invece, è che quanto vi sia di vivo nella proposta culturale veronese sia in mano all’iniziativa privata: come città avremmo molto da mostrare e, invece, sentiamo forte la concorrenza di realtà come Brescia che, pur disponendo di molto meno, sono diventate molto più attrattive di Verona grazie a una dinamica strategia di comunicazione. Il sistema museale è culturale veronese è fermo: Castel s. Pietro ancora da terminare, l’Arsenale cadente deposito, molte biblioteche civiche poco accessibili ben prima del Covid; il sito dei Musei degli Scavi Scaligeri ignorato e il Centro Internazionale di Fotografia Scavi Scaligeri, dice il suo sito, è “momentaneamente sospeso” dall’11 maggio 2015.

Per la cultura veronese si prospetta un lunghissimo inverno.

Foto di copertina di Osvaldo Arpaia

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