I big del Pandoro e la sfida del Natale 2020
Differenziazione, flessibilità, innovazione ed e-commerce: questa la risposta dell’industria dolciaria per affrontare il semilockdown natalizio. Incrociando le dita.
Differenziazione, flessibilità, innovazione ed e-commerce: questa la risposta dell’industria dolciaria per affrontare il semilockdown natalizio. Incrociando le dita.
Immancabili sulle tavole delle cene natalizie, i dolci da ricorrenza quest’anno affrontano il mercato con l’inedita variabile dell’emergenza sanitaria.
Se il mondo dei pandori e panettoni artigianali, che farà comunque i conti con una minore disponibilità economica dei consumatori, può infatti cominciare la propria produzione a novembre, i big dell’industria dolciaria della grande distribuzione hanno dovuto invece stilare piani produttivi con ben più largo anticipo. Difficile infatti sapere già a metà anno come sarebbe evoluta la situazione invernale della pandemia, con l’incubo di replicare il disastro di vendite di colombe e uova in quella che è stata definita la Pasqua peggiore di sempre per il settore (-36% di vendita per le colombe e -27% per le uova di cioccolato nei supermercati, dai dati Nielsen, con una percentuale altissima di resi da parte della Gdo e centinaia di migliaia di prodotti dolciari donati dalle aziende). La pianificazione della campagna natalizia normalmente viene definita in primavera sulla stima delle vendite degli anni precedenti, e quest’anno il calcolo sulla proiezione di vendita è stato ancora più complesso.
Come fare dunque? Se all’inizio di novembre i due colossi di produzione dolciaria veronese Bauli e Melegatti, nel clima di grande incertezza, preferivano non fare pronostici sulle vendite, dicembre è invece iniziato con un po’ più di fiducia: la strategia è stata quella di accordare con la Grande Distribuzione Organizzata una maggiore flessibilità produttiva, adottando non poca cautela per capire l’evoluzione della situazione (e di conseguenza calibrare il sistema di ordini). Nonostante le aspettative di vendita delle imprese dolciarie di quest’anno siano certamente inferiori a quelle del 2019, calcolando la flessione della regalistica e dei cesti, attestata tra un -30 e -40%, si auspica comunque una crescita dell’autoconsumo che vada a tamponare parzialmente il danno.
Va tenuto in conto che il fatturato di Natale e di Pasqua rappresenta, per l’industria dolciaria, circa il 40% del guadagno annuale e che il timore più grande è quello di non riuscire a smaltire il prodotto con conseguenti giacenze di magazzino.
Abbiamo contattato il Gruppo Bauli (che detiene oltre un quarto del mercato dei prodotti da ricorrenza e comprende i marchi Doria, Motta, Alemagna e Bistefani) per sapere quali conseguenze ci sono state per l’azienda post lockdown primaverile, quali strategie hanno valutato per affrontare la campagna natalizia 2020 e se ci sono state ripercussioni per i loro dipendenti.
«Non ci siamo fermati, e proseguiamo il nostro investimento nella crescita del Gruppo, che per noi significa anche assicurare sicurezza sul posto di lavoro e stabilità a tutti i nostri dipendenti, attraverso il miglioramento della nostra capacità produttiva e con l’introduzione di nuove gamme di prodotti in assortimento» ha dichiarato il presidente Michele Bauli che, parlando dei risultati del 2019, ha aggiunto: «Lo scorso anno fiscale è stato caratterizzato da una forte incertezza a causa della pandemia, ciononostante siamo riusciti ad ottenere un buon risultato grazie alle scelte strategiche portate avanti negli ultimi anni, finalizzate a una maggiore diversificazione delle nostre linee di business, all’internazionalizzazione e all’innovazione di prodotto». Il Gruppo veronese, infatti, ha chiuso l’anno fiscale 2019/20 con un fatturato di 485 milioni di euro e un utile di 6 milioni di euro nonostante il primo difficile semestre 2020. Bauli si è diversificata sul mercato, in particolare per i prodotti di consumo continuativo, seguendo i trend di richiesta di prodotti con ingredienti naturali e legati al benessere. L’apertura dello stabilimento in India nel 2017 gli ha inoltre consentito di affermarsi ulteriormente nel sud-est asiatico, un mercato che si aggiunge a quello europeo e statunitense, dove erano già presenti, e che insieme coprono il 16% del loro fatturato.
La proposta per il Natale 2020 dell’azienda, oltre alla consueta produzione destinata agli scaffali della Gdo, ha preso invece una direzione molto mirata: e-commerce e artigianalità. Bauli fa infatti per la prima volta la sua entrata nelle vendite online con il servizio TUOBauli.it, una piattaforma per poter comporre il proprio panettone, dall’impasto, alla farcitura, fino al packaging, e riceverlo direttamente a casa o spedirlo a chi si desidera.
E lo fa con un prodotto artigianale, “creato dalle mani esperte dei nostri pasticceri”, come si legge sul sito, seguendo quindi il trend di consumo degli ultimi anni (e la relativa fascia di prezzo, intorno ai 30 euro a pezzo) che vede un costante aumento per valore delle vendite di panettoni artigianali.
Punta sull’e-commerce anche Melegatti, con il nuovo e-shop melegatti.it, che mette a disposizione degli acquirenti la consegna a casa dei prodotti dell’azienda veronese, presa in mano dalla famiglia Spezzapria dopo il fallimento del 2018.
«Il nostro shop online sta registrando interessanti tassi di crescita», ha dichiarato il responsabile vendite Italia di Melegatti Giovanni Mascari, che si dice ottimista per le vendite nonostante la difficoltà congiunturale del settore in questo 2020. La campagna di Natale di Melegatti prevede su tv e radio, fino al 24 dicembre, più di mille passaggi sui principali canali nazionali, cui si aggiunge la promozione sui social. Quattro spot per quattro diversi prodotti (di cui due della tradizione), incentrati principalmente sulla promozione del concorso nazionale, che quest’anno mette l’accento sulle eccellenze italiane: i premi saranno infatti di famosi brand del Belpaese, da Bianchi, a Piaggio, Smeg e Fiat. «Per noi il Concorso “Vinci le Eccellenze italiane” – ha commentato Massimo Nichele, responsabile marketing della Melegatti – è un modo di manifestare gratitudine agli italiani che sono sempre stati accanto all’azienda. È bene che questo affetto sia ricambiato non solo con la bontà e la qualità dei dolci ma anche con premi che rappresentino il meglio della tradizione italiana.»
Quindi, per aiutare il mercato italiano colpito dal Covid-19, forte attenzione per le produzioni nostrane anche per i premi, per i quali si potrà concorrere solo con gli scontrini degli acquisti presso i supermercati.
Cosa succede nel frattempo sugli scaffali della grande distribuzione?
Il fantasma del lockdown “duro” di Pasqua sembra scongiurato: a primavera la necessità del distanziamento fisico e il bisogno di porre in primo piano i beni di prima necessità aveva infatti tolto spazio sugli scaffali ai prodotti da ricorrenza, senza contare che la voglia di festeggiare era gran poca, e forse questo Natale ne abbiamo un po’ di più. Senza poter azzardare pronostici, visto che gli acquisti di pandori e panettoni sono da sempre tra gli acquisti fatti maggiormente “sotto data”, si può però dire che la fase d’inserimento nei punti vendita del prodotto non è andato male, e questo lascia ben sperare, anche se, per decretare successo o fallimento, non si può che attendere la fine delle festività.
E i prezzi? Come sempre ci interroghiamo su come possano essere così bassi i prezzi dei pandori e panettoni nei supermercati (che in alcuni casi possono raggiungere anche il vertiginoso prezzo di 0,99 euro), domandandoci se questo si possa collegare in modo diretto alla qualità del prodotto.
Quest’anno, ad infiammare la polemica, ha contribuito anche l’uscita delle recenti e attese classifiche di Altroconsumo su quale sia il “Migliore panettone del supermercato” seguita da quella sul “Miglior pandoro” sempre di Gdo, per il 2020.
La classifica della testata è stilata, a marca coperta, con diversi parametri, come ad esempio l’analisi chimica degli ingredienti e la quantità in cui sono presenti; la presenza dello sviluppo di microrganismi quali muffe e lieviti; come si presenta esteticamente il prodotto; la prova sensoriale fatta da esperti pasticcieri, fino ai requisiti di chiarezza in etichetta.
Tutto ciò per dimostrare che al prezzo più alto non sempre corrisponde per forza la miglior qualità, e così è successo nella classifica dei panettoni 2020, che ha visto al primo posto il Panettone Esselunga Le Grazie a 3,69 euro (confezionato dallo stabilimento di Maina), seguito dal panettone Coop Fior fiore a 8,96 euro e da Le Tre Marie a 11,45 euro.
Non troppo diversamente è andata la classifica dei pandori, che vede al primo posto sempre Maina con il suo Ricetta Classica a 5,67 euro, seguito dal Pandoro di Verona di Bauli a 5,14, entrambi comunque davanti al prodotto artigianale di Scarpato a 21,40 euro (Melegatti quarto, a 4,53).
Come è possibile? O comunque, come fa ad essere così ampia la forbice di prezzo tra industriale e artigianale (che ha un prezzo medio di 20 euro al kg)? I fattori sono molteplici e, a volte, per nulla legati alla qualità, come ben analizza Scattidigusto. Tra i principali, a parità di produzione e di materie prime, decise per legge come da disciplinare, vi sono sicuramente: l’ammortizzazione del costo degli ingredienti su grandi quantità; il costo macchina rispetto al costo umano; la possibilità dell’industria di analizzare a fondo parametri chimici, portando così alla riduzione di errori e incognite sui tempi di lievitazione e di conseguenza alla riduzione di sprechi. Determinante è poi il fatto che, come per la maggior parte dei prodotti, non è nemmeno il produttore a decidere il prezzo finale in Gdo che, attraverso volantini e promozioni varie, utilizza spesso i lievitati da ricorrenza come prodotti civetta per attirare l’acquirente tra le sue corsie. Se a questo poi aggiungiamo la scelta da parte dell’artigiano di differenziarsi con ingredienti ricercati di primissima qualità e la shelf life più breve del suo lievitato (un mese o due contro i 9 dell’industriale) dovuta al fatto di non usare alcun conservante (i famosi mono e digliceridi, peraltro assolutamente innocui e consentiti per legge) ecco che i costi “lievitano” ulteriormente.
In sostanza anche il nostro prodotto industriale ha degli standard qualitativi di tutto rispetto, a differenza di quanto non si possa pensare guardando solo il prezzo, senza contare che quella italiana è una delle poche industrie dolciarie a competere nella maestria della lievitazione naturale con pasta madre, per una gamma di produzione così ampia.
–> Leggi l’approfondimento sul comparto artigianale A Natale i lievitati artigianali sono in fermento
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