Chievo, se le partite durassero 90 minuti…
La compagine di Aglietti ha buttato al vento, negli ultimi due turni, nel tempo di recupero punti preziosi. Poco male, a patto di far tesoro degli errori commessi.
La compagine di Aglietti ha buttato al vento, negli ultimi due turni, nel tempo di recupero punti preziosi. Poco male, a patto di far tesoro degli errori commessi.
Che peccato. Il gol di Filippo Falco, l’attaccante del Lecce di Eugenio Corini, arrivato venerdì sera nel catino del Bentegodi nei minuti di recupero ha tolto in extremis un punto prezioso, oltre che meritatissimo, a un volitivo Chievo, capace di tenere testa per almeno 80 minuti ad una delle compagini meglio attrezzate del campionato. Una di quelle, per intenderci, che mira alla pronta risalita in A dopo essere retrocessa in “cadetteria” all’ultima giornata della scorsa stagione. D’altronde, basta scorrere l’elenco dei “panchinari” per capire che rispetto al pur ottimo Chievo la squadra salentina appartiene al momento a una categoria superiore. Mancuso, Coda e l’ex Stepinski hanno infatti tolto la maglia da titolare a gente che giocherebbe titolare in tutte le squadre di B e addirittura in alcune di A come Pettinari e lo stesso Falco, risultato poi decisivo – una volta entrato – per l’esito della sfida, come d’altronde era purtroppo lecito attendersi.
La sconfitta contro i giallorossi pugliesi, peraltro, fa il paio con il pareggio maturato sempre nei minuti di recupero con il Pordenone a inizio mese, quando la squadra di Aglietti andata in vantaggio con un gol di Fabbro era stata raggiunta all’ultimo respiro dai neroverdi allenati da Tesser. Tre punti nel complesso (la vittoria sfumata a Lignano contro i friulani, il pareggio sfumato in casa contro i pugliesi) che non rappresentano un tesoro immenso e che in fondo – con il campionato ancora alle battute iniziali – possono essere ampiamente recuperati. Di certo possono rappresentare, però, un piccolo campanello di allarme. Garritano e soci (a proposito, venerdì sera abbiamo assistito all’ennesima “perla” del centrocampista cosentino che è arrivato al quarto gol in otto giornate: un inizio di torneo a dir poco folgorante il suo) finché sono atleticamente in partita possono tenere testa a chiunque. La sfida con il Lecce, soprattutto nel primo tempo, è stata giocata su ritmi altissimi e i gialloblù di sicuro hanno saputo in molti frangenti interpretare meglio la partita, andando più vicini al vantaggio dei loro avversari. Che però hanno saputo, dal canto loro, sfruttare al massimo le poche occasioni che hanno creato nel corso del match, a cominciare dal classico gol dell’ex di Mariusz Stepinski, la cui esultanza (mano portata all’orecchio come a dire: “cos’avete da dire ora?”) è apparsa onestamente fuori luogo. Se non fosse stato per il Chievo l’attaccante polacco non avrebbe mai conosciuto la Serie A e in generale il campionato italiano.
Il carattere del Chievo, però, si è visto subito. La magia di Palmiero, che con un lob al contagiri ha saputo trovare in posizione regolare nel cuore dell’area Garritano che a sua volta, in mezzarovesciata, ha depositato il pallone alle spalle del portiere salentino Gabriel, è arrivato appena un minuto dopo. Come a dire: quando il Chievo accelera sa davvero pungere. Ecco, al di là poi della sconfitta maturata nel finale, quando il Chievo ormai non ne aveva più e non c’era nemmeno più il tempo per provare a tentare un recupero del punteggio, sarebbe da capire cosa accade nella testa dei giocatori che creano anche diverse occasioni da gol nel corso dell’intera partita – con tutta la squadra che partecipa all’azione d’attacco, a cominciare dai due terzini che spessissimo riescono a scendere sulle fasce e arrivare a crossare dal fondo – per poi non riuscire a concludere in maniera efficace.
All’appello, di una gara giocata da dieci undicesimi su livelli altissimi a cominciare proprio dai già citati Palmiero e Garritano per poi arrivare anche agli instancabili Obi e Fabbro, manca sempre lui, il giocatore che forse dovrebbe più di tutti gli altri caricarsi la squadra sulle spalle e che invece il più delle volte non risponde nemmeno presente. Stiamo ovviamente parlando di Filip Djordjevic, che ancora una volta è sembrato il fantasma di quel giocatore che in più occasioni abbiamo ammirato in passato, soprattutto quando vestiva la maglia della Lazio e che solo a tratti nella sua esperienza veronese (basti pensare alla splendida doppietta di Monza) si è espresso sui livelli attesi. Anche l’altra sera Djordjevic, a cui va riconosciuto che è richiesto un lavoro sporco fatto di sportellate con i difensori, “spizzate” e dialogo con i compagni spesso con le spalle alla porta, non ha saputo incidere, non solo in zona gol (si ricorda solo un suo “tiretto” nel primo tempo strozzato con il mancino e fuori misura, su assist arrivato dalla sinistra di Cotali), ma anche e soprattutto in quella zona del campo dove era almeno richiesta una sua continua capacità di tenere alta la palla per far salire con sé la squadra. In questo senso molto più dinamico e attivo è risultato il sempre ottimo Fabbro, che si muove, si sbatte, lotta, ci prova, si prende falli e in generale sa essere costantemente utile alla causa gialloblù.
Certo, la squadra era anche un po’ “azzoppata” dai vari infortuni degli ultimi giorni e le frecce che Aglietti aveva a disposizione erano notevolmente limitate. Però rimane la sensazione che sarebbe bastato proprio quel pizzico di aiuto in più da parte proprio di un Djordjevic – che avrebbe rappresentato anche la ciliegina sulla torta di una prestazione, ribadiamo, per il resto davvero encomiabile da parte della formazione pandorata – per riuscire magari a portarla a casa. Le scelte di Aglietti, che vedendo la squadra in difficoltà nel finale ha imbottito i suoi di difensori, hanno abbassato forse un po’ troppo il baricentro, favorendo inevitabilmente l’avanzare nel finale del Lecce, che a sua volta ha avuto il merito, come una belva che fiuta la paura della preda, di saper cogliere l’attimo e portarsi a casa l’intera posta in palio.
Come abbiamo detto all’inizio poco male. Nel calcio e soprattutto in questa serie B molto agguerrita, può capitare di perdere punti preziosi nei finali di gara, soprattutto al cospetto di compagini che hanno in panchina elementi in grado di saper cambiare l’esito dei match. L’importante è saper cogliere l’insegnamento e far tesoro degli errori. Per non ripeterli alla prossima occasione. Il Chievo scenderà in campo sabato prossimo a Frosinone contro un’altra di quelle formazioni che ambiscono al ritorno, dopo aver perso la finale play off con lo Spezia ad agosto, in Serie A. Sarà una bella sfida in cui forse il “peso” sarà più dalla parte degli avversari che giocando in casa (ammesso che con gli stadi vuoti il fattore campo valga ancora qualcosa) avranno più ragioni di cercare a tutti i costi la vittoria. Il Chievo potrà giocare di rimessa e provare a colpire ancora una volta in trasferta, come quest’anno ha già fatto on la Reggiana o il Monza. Insomma, si prospetta un’altra di quelle sfide al cardiopalma. Il Chievo, recuperati nel frattempo alcuni elementi dall’infermeria, potrà senz’altro provare a riprendersi i punti persi.
Foto di copertina di Maurilio Boldrini
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