Il 23 ottobre scorso la Suprema Corte in Polonia ha dichiarato incostituzionale l’aborto di feti con difetti congeniti, nonostante la legge in vigore nel Paese fosse già tra le più restrittive in Europa. Già nel 2016 il governo polacco aveva tentato di mettere mano alla legge sull’aborto, senza riuscirci. Stavolta, invece, il suo intervento è andato a buon fine. Dopo questa sentenza, l’aborto è consentito solo quando la gravidanza minaccia la salute della donna o è il risultato di stupro o incesto. Ne parliamo con la sociologa di Poznan Malwina Pokrywka, una delle attiviste che hanno dato vita al movimento che il 30 ottobre scorso ha portato nelle strade di tutto il paese centinaia di migliaia di persone, per protestare contro le limitazioni all’aborto terapeutico.

Malwina Pokrywka

Pokrywka, prima del 23 ottobre il diritto all’aborto, almeno nei casi previsti dalla legge, era effettivamente garantito oppure era ostacolato dai medici?

«L’inferno per le donne in Polonia esiste dal 1993 (anno in cui il parlamento polacco votò la legge sull’aborto, nda) e oggi qualcuno getta altra benzina sul fuoco. Già prima di questa sentenza del Tribunale Costituzionale, le possibilità di aborto legale in Polonia erano molto limitate. Teoricamente le donne avevano il diritto all’aborto se sussisteva una delle condizioni che hai menzionato, ma in pratica non potevano farlo rispettare. Il governo polacco ha perso alcuni ricorsi davanti alla Corte europea dei diritti dell’uomo, dove è stato confermato che il nostro Stato non rende possibile l’aborto, anche quando una delle condizioni menzionate era soddisfatta. Ci sono molte ragioni che lo hanno reso quasi impossibile in Polonia: barriere burocratiche, paura delle accuse per i medici, ritardo intenzionale nel processo abortivo da parte degli ospedali. Molti medici usano la cosiddetta “clausola di coscienza”, rifiutando di praticare l’aborto. Abbiamo intere regioni della Polonia dove non ci sono medici e ospedali attrezzati per praticare l’aborto, anche se vi è una minaccia per la vita delle donne. Il numero di aborti legali ogni anno in Polonia mostra quanto sia complicato nella pratica: abbiamo solo poco più di 1.000 aborti legali all’anno, mentre il numero reale di aborti eseguiti è stimato dalle ONG come minimo in 100.000 casi. La verità è che è sempre meglio ricorrere ad un aborto all’estero o ad un aborto farmacologico a casa (possiamo ordinare pillole abortive da siti come “Women on Web” o “Women help Women”) piuttosto che lottare contro procedure di difficoltà insormontabile. Le vere vittime di questa legge ingiusta sono le donne in una situazione economica difficile. Non hanno la possibilità di sostenere i costi di un aborto all’estero o in clandestinità. L’Abortion Dream Team, una delle iniziative femministe a sostegno delle donne che hanno bisogno di un aborto, è in grado di coprire i costi per le donne più povere, ma c’è ancora il problema che le informazioni a riguardo non raggiungono le persone bisognose.»

Le imponenti proteste a Varsavia

La scorsa settimana è stato nominato il nuovo ministro dell’istruzione, Przemyslaw Czarnek, docente in un’università cattolica. E’ vero che ha dichiarato che «le persone Lgbt non sono normali», si è espresso a favore di punizioni corporali nei loro confronti e ha recentemente ribadito che secondo lui lo scopo primario delle donne nella vita è fare figli? Si tratta quindi non solo dei diritti delle donne, ma dei diritti umani in generale...

«Purtroppo tutto questo è vero. Non è una vergognosa eccezione. Questa è la narrazione standard per il nostro governo. Il presidente della Polonia, Andrzej Duda, ha detto a proposito delle persone LGBT + che non sono persone, sono l’ideologia contro cui la società dovrebbe combattere. Mettono regolarmente la società contro alcuni gruppi minoritari. Costruiscono il loro potere politico sull’odio, dipingendosi come i difensori che proteggono le persone da minacce immaginarie. Durante le ultime elezioni parlamentari hanno organizzato la caccia alle streghe contro i rifugiati e in generale gli immigrati, ora contro la società LGBT +. Hanno un forte sostegno nella Chiesa cattolica polacca. I sacerdoti fanno la loro parte “incitando” la gente alla violenza contro le minoranze. La Chiesa cattolica è molto influente in Polonia, i sacerdoti sono percepiti come autorità nelle piccole città e nei villaggi. In qualche modo hanno le mani sporche di sangue, perché dopo le loro dichiarazioni gli atti di violenza fisica per le strade toccano i rappresentanti delle minoranze.»

La protesta del movimento delle donne in Polonia è imponente, un fatto epocale per un Paese profondamente cattolico e tradizionalista. Come vi siete organizzate, cosa volete ottenere e quando pensate sarà il momento di interrompere le proteste?

«Abbiamo avuto proteste femministe simili nel 2016-2018, quando i fanatici di destra hanno presentato nella Camera bassa del parlamento polacco un progetto di legge sul divieto totale di aborto e hanno cercato di convincere il parlamento a votare a favore. Decine di migliaia di donne hanno occupato le strade di ogni grande città della Polonia, paventando la possibilità di sciopero generale. Le abbiamo chiamate “le proteste nere“. E abbiamo vinto: il parlamento ha deciso di non cedere ai fanatici. Ora possiamo usare quelle esperienze. La cosa più importante per noi è l’idea della protesta collettiva che parte dal basso. Cerchiamo di non creare leadership, crediamo che la voce di tutti sia importante allo stesso modo. Le proteste attuali sono molto democratiche e spontanee. Le persone si organizzano in gruppi locali, più piccoli o più grandi, creano nuove forme di protesta ad hoc. Ci sono molte giovani donne in questo movimento, per la maggior parte di loro questa è la prima volta che prendono parte a una manifestazione politica. Portano la loro energia, la loro espressione fresca e un atteggiamento intransigente. Queste proteste sono molto più grandi di quelle di due anni fa. Oggi (venerdì 30 ottobre, nda) a Varsavia c’erano 100.000 persone a manifestare per strada. E, cosa importantissima, anche le piccole città vi prendono parte, le donne rappresentano comunità, prospettive, gruppi di età, esperienze di vita e classi sociali diverse tra loro. Lo slogan più popolare per le strade è ora “Get the fuck out!” (Fuori dalle palle!, nda) ed è rivolto al governo, ai politici di destra, al clero, e più in generale agli uomini che decidono per noi dei nostri corpi. Il movimento ha il sostegno di molti gruppi sociali che vogliono che questo governo se ne vada, ma per noi questo è solo il primo passo verso i nostri obiettivi. Ricordiamo che i governi precedenti ci trattavano allo stesso modo, e un semplice cambio di governo non influirà sulla nostra situazione. Non ci fidiamo dei partiti politici di destra all’opposizione, che improvvisamente cercano di fingere di essere molto progressisti, ma non hanno fatto nulla in passato per cambiare la nostra situazione. Non accetteremo più alcun compromesso. Ci sono molti uomini politici dell’opposizione parlamentare che hanno cercato di convincerci che ora la cosa più importante è distruggere la dittatura dell’attuale governo e che i nostri diritti possono aspettare, che forse ne discuteremo quando il governo finalmente cadrà. Ma noi non vogliamo aspettare e sperare nella loro misericordia quando prenderanno il potere. Il nostro obiettivo è un aborto legale, gratuito e sicuro per tutte, non solo per le donne più ricche. Vogliamo servizi sanitari e assistenziali migliori, accesso alla contraccezione, educazione sessuale, in una parola diritti riproduttivi completi. Senza questo, non arretreremo. Non vogliamo più essere un triste puntino nero sulla mappa dei diritti in Europa. Costa migliaia di vite e la salute delle donne ogni anno, soprattutto di quelle in una situazione economica più difficile.»

Proteste anche a Poznan (foto di Malwina Pokrywka)

Le proteste di tutta la popolazione sono un colpo non indifferente anche ai vescovi polacchi, che all’indomani del pronunciamento della Corte Suprema, controllata dal governo, avevano accolto con “grande soddisfazione” la decisione di rendere illegale l’interruzione di gravidanza anche in caso di gravi malformazioni del feto, vietando di fatto tutti gli aborti. Qual è il peso della Chiesa cattolica in Polonia?

«La Chiesa cattolica in Polonia ha un potere politico significativo. Il governo la ascolta e assume decisioni cruciali previo parere positivo dei vescovi. Condividono una retorica aggressiva che spinge le persone alla violenza contro le minoranze e contro le donne, incitandole all’odio. Sfortunatamente hanno ancora influenza sulle persone nelle piccole città e nei villaggi, ma la realtà sta cambiando in modo dinamico, soprattutto tra i giovani. La loro posizione e reputazione è stata danneggiata dagli scandali della pedofilia, quando la gente ha scoperto che i vescovi nascondevano abusi sessuali, ignorando le vittime. Durante questa protesta le donne hanno infranto un tabù. I preti di solito esasperavano i conflitti e poi si nascondevano dietro i muri delle loro chiese. Questa volta le donne sono andate a cercarli, interrompendo le sante messe, portando opuscoli sull’aborto sicuro nelle chiese, lasciando i loro messaggi sui muri delle chiese. Questo è abbastanza nuovo, e prefigura un cambiamento radicale.»

Scritte sui muri contro la sentenza della corte polacca
(Foto di Malwina Pokrywka)

Cosa significa essere una donna nel suo Paese?

«La Polonia non è un bel posto in cui vivere se sei una donna. Lavoriamo più degli uomini, nei luoghi di lavoro e a casa, e guadagniamo meno. Il nostro stato non ci fornisce servizi sociali fondamentali, come asili nido per i bambini o servizi di assistenza per i membri anziani delle famiglie. Portiamo noi tutto il peso della cura dei familiari. I nostri stipendi sono bassi e il costo degli affitti degli appartamenti sono terribilmente alti, perché lo Stato non ha idea della politica abitativa. Di conseguenza siamo spesso vittime di violenza economica, abusata dagli uomini. Le ONG polacche stimano che ogni anno circa 400 donne muoiono in Polonia a causa della violenza domestica. È abbastanza difficile trovare in Polonia una donna che non possa dire “Me too” (“Anche io”, nda) e quasi tutte hanno esperienza di abusi, in qualche modo. La maggior parte dei casi di abuso e stupro sessuale viene archiviata in tribunale. Questo è il motivo per cui ora siamo per le strade, cantando “That’s enough, get the fuck out”: siamo al limite, non abbiamo niente da perdere, e siamo davvero molto incazzate.»

Simboli della protesta sui grattacieli di Varsavia