Ci incontriamo nella nuova sede del Circolo del Cinema martedì 20 ottobre alle 10 del mattino. Roberto Bechis, presidente del Circolo, sembra di buon umore. Abbiamo alle spalle mesi difficili, una chiusura prolungata delle sale che ha certamente danneggiato il settore, ma le ragioni per essere ottimisti non mancano: Schermi d’Amore si è chiuso con risultati incoraggianti dopo lo stop di febbraio (ne abbiamo parlato anche con il direttore uscente Paolo Romano, qui), e il Circolo ha riaperto i battenti sia in streaming che in versione “fisica” al cinema Kappadue. Una settimana dopo, il mondo è improvvisamente cambiato di nuovo. Cinema chiusi, tutti a casa.

Abbiamo deciso di mantenere l’intervista originale intatta, integrandola con nuove dichiarazioni in seconda battuta, perché si tratta di una fotografia perfetta di una svolta improvvisa che nessuno si aspettava, e che potrebbe avere serie ripercussioni sul cinema così come lo conosciamo. Eppure, anche se cambia (per ora) il modo in cui fruiremo dei film, l’impegno del Circolo resta immutato, e di questo, e di molto altro, abbiamo parlato con Roberto Bechis nell’intervista che segue.

Partiamo da Schermi d’Amore. Ci può dare un bilancio di questa edizione così particolare?
«Schermi è andato bene. Un segnale positivo è che abbiamo avuto il doppio degli abbonati rispetto all’anno scorso. Le presenze, considerato che era contingentato, sono state buone anche nelle serate a pagamento, non solo in Gran Guardia. Le proiezioni di film restaurati e film storici hanno riscontrato successo e apprezzamento. Il Circolo ha aumentato la propria collaborazione col Comune e ci siamo occupati di organizzazione e ufficio stampa, e in più della movimentazione dei film. L’anno prossimo, se ci sarà Schermi d’Amore, quasi sicuramente ci occuperemo anche della direzione artistica. Stiamo ragionando su come e quando farlo, se mantenere lo stesso periodo o spostarlo.»

Si parlava anche di un ritorno alle date originali, tra fine aprile e i primi di maggio. Ma a questo punto è più probabile l’autunno, giusto?
«Il ragionamento è aperto. L’unica cosa sicura è che un festival non lo puoi fare da giugno a settembre. Bisognerà ragionare sull’evolversi o l’involversi, speriamo, del Covid, se ci sarà un vaccino. Al di là del Covid, però, se si parla di amore sarebbe comunque febbraio il periodo giusto. Se dovessimo ragionare su un altro spostamento magari sarebbe meglio l’autunno, tra la seconda metà di settembre e l’inizio di ottobre.»

Quindi, in sostanza, voi vi metterete al lavoro e poi si vedrà?
«Sì. Presenteremo un progetto al Comune e vedremo come si evolverà. Con l’assessora Francesca Briani si ragiona molto bene, abbiamo un buon rapporto e un buon intendimento e ci si potrà ragionare assieme.»

Com’è andata invece la ripresa delle attività del Circolo?
«Siamo soddisfatti, c’era molto timore quando si è deciso di partire, e invece il coraggio è stato premiato. Anche se come associazione non avevamo scelta: dal 1947 abbiamo sempre fatto attività, e sicuramente non ci saremmo fermati neanche quest’anno. Le iscrizioni sono andate bene, la risposta dei soci è stata molto gratificante. C’è chi si è iscritto perché aveva tanta voglia di tornare in sala, chi invece utilizzerà lo streaming perché ha timore. E non sono pochi quelli che si sono iscritti anche se vivono all’estero, o non sono in grado di utilizzare lo streaming, per sostenere l’associazione. Non sono i numeri dell’anno scorso, anche perché ci manca una fetta di soci anziani. Però sono arrivati molti soci giovani, grazie anche alle attività incrementate sui social, alla comunicazione più orientata verso il mondo giovanile, alla convezione con l’ESU e alla vicinanza con altre iniziative culturali come Bridge Film Festival e Festival della Lessinia. Non voglio parlare di ricambio generazionale, ma comunque c’è uno spostamento verso il basso dell’età media. Una conferma che quella del Circolo è una comunità affezionata. La programmazione prosegue, come sempre affittiamo il Kappadue. Chiaramente nella prima parte dell’anno non potremo dare spazio a incontri con autori, aspettiamo che la situazione si evolva in modo positivo. Ci sarà come evento particolare solo la proiezione, a novembre, del film che la giuria giovani del Circolo ha scelto alla Settimana della Critica di Venezia, Bad Roads, che verrà commentato da parte della giuria stessa.»

Bad Roads di Natalya Vorozhbit.

Si parla tanto, ultimamente, della contrapposizione tra l’idea della sala come evento comunitario e l’emergenza dello streaming, che è stata accelerata dall’attuale situazione. Cosa succederà secondo lei?
«L’incremento dello streaming stava già avvenendo. Ci saremmo arrivati comunque, magari tra una decina d’anni. Ma una cosa non esclude l’altra. Se c’è una situazione di difficoltà dei cinema è rispetto ai blockbuster, i film molto commerciali. Lì non ci scommetterei più di tanto sul fatto che non avvenga un cambiamento in peggio per le grandi sale. È vero che gli effetti speciali rendono soprattutto in sala, ma è anche vero che ormai questi film sono disponibili molto rapidamente in rete, sulle TV satellitari e così via. Ci potrebbe essere una tendenza al calo di presenze per i film molto commerciali.»

C’è invece chi dice che, proprio per il fatto che i blockbuster sono molto spettacolari e vanno visti sul grande schermo, magari saranno le produzioni indipendenti, medio-piccole, a finire fagocitate dallo streaming (e Netflix già si sta muovendo molto in questo senso)…
«Io su questo non sono d’accordo. Perché la grande sala ha grandi costi in termini di manutenzione, di pulizia, e fare grandi numeri potrà essere più difficile. Cosa diversa la programmazione che facciamo noi, il film vissuto come emozione, da amanti del cinema che si ritrovano tra amanti del cinema. Su questo ci scommetterei un po’ di più. Una cosa non esclude l’altra: si possono guardare i film in streaming e poi andare con gli amici al cinema, anche con lo scopo sociale di vedersi prima e commentare dopo. Dall’altra parte ci saranno sicuramente le famiglie che potranno ancora andare a vedere i film con gli effetti speciali, magari nei centri commerciali. Però non ci scommetterei sui grandi numeri.»

Anche perché non c’è solo il discorso dello streaming, ma anche quello dell’avanzamento tecnologico. In casa si possono avere televisori sempre più grandi e impianti audio sempre più potenti. Ormai ci si può quasi fare un cinema privato…
«Per quello insisto sulla differenza tra esperienza sociale e fruizione di un servizio. Quando hai solo un servizio, la pellicola a grandi effetti, lo puoi riprodurre in casa e magari vedertelo in intimità. Chi ama il cinema d’autore sente il bisogno di condividere la visione e commentarla. In questo senso dovrà cambiare anche da parte dei cineclub l’approccio. Non tornando alla discussione forzata come si faceva una volta, ma arricchendo la proiezione con eventi, aumentando tutto il servizio a fronte dell’hardware che è il film in sé. I nostri soci apprezzano la nostra capacità di selezione dei film. È tutto servizio, software: la capacità di selezionare film, di proporre una linea editoriale, i servizi che dai ai soci, tutto questo varrà sempre di più.»

Voi avete subito abbracciato la possibilità extra data dallo streaming. Come mai avete una programmazione parallela sul sito?
«Non possono essere gli stessi film che diamo in sala, la distribuzione non ce lo permette. Potrà capitare un caso particolare in cui la distribuzione ce lo permetterà, però sarà il 10% dei casi, non di più. È uno sforzo in più per il Circolo, perché quei film li paghiamo. Però è un servizio che diamo, soprattutto in questo momento, per i soci che non se la sentono di venire in sala. Se il prossimo anno col vaccino e una situazione cosiddetta normale manterremo la programmazione in streaming non ve lo so dire, oggettivamente. Sicuramente saremo in sala. Poi, se dovessero aumentare nettamente gli iscritti fuori sede, allora valuteremo.»

L’altro giorno è uscito un nuovo decreto, e per un attimo c’è stata la paura che chiudessero di nuovo i cinema. In America alcuni governatori si rifiutano tutt’ora di aprire perché giudicano i cinema un’attività non necessaria. Dal lockdown in avanti si è creata una certa paura di andare in sala. Lei cosa ne pensa?
«È un tema importante e prioritario nella comunicazione sul cinema. Il ministro Franceschini si è dichiarato assolutamente contrario a chiudere le sale, anche perché tutte le ricerche fatte in Italia hanno dimostrato che è minima la percentuale di contagi all’interno delle sale. È molto più pericolosa la piazza, andare a fare la spesa, le situazioni famigliari. Oltre a questo, noi abbiamo aggiunto regole nostre: non era obbligatorio tenere la mascherina durante le proiezioni, ma noi abbiamo chiesto ai soci di tenerla. Sanifichiamo la sala dopo ogni spettacolo. Con queste precauzioni il rischio è azzerato. I soci rispondono molto bene, si attengono al fatto di tenere la mascherina. Al festival di Venezia, dove era obbligatoria la mascherina durante le proiezioni, non è successo nulla. Poi ci sarebbe il dibattito sul fatto che sia un’attività inutile o meno: evidentemente è molto utile dal punto di vista della socialità.»

Se c’è stato un effetto positivo dello streaming, è certamente quello di aver dato a tutti la possibilità di vedere film e serie TV in lingua originale, e finalmente anche certi cinema, come Fiume e Kappadue, hanno iniziato a proporre film in lingua…
«Noi siamo orgogliosi di essere stati i primi a partire con i film in lingua originale a Verona. La nostra volontà è quella di far sentire le voci degli attori, i veri suoni della lingua originale. Questo sta piacendo molto alle giovani generazioni.»

Secondo lei ci sarà uno spostamento generale in questa direzione?
«È un cambiamento culturale. Anche tra i cinefili, vent’anni fa, non c’era questo apprezzamento della lingua originale. È un effetto positivo della globalizzazione: si vedono gli altri Paesi non più come una cosa lontana da tradurre, ma come una realtà importante da valorizzare. Un cambiamento culturale positivo e importante. Fermo restando che i nostri soci a volte si lamentano dei film non doppiati quando i dialoghi sono molto fitti. In effetti non è facile seguire lo scritto e l’immagine. Però, sicuramente, anche la scuola di doppiaggio italiana non è più quella di una volta, l’attenzione rispetto al doppiaggio è calata, e così la qualità.»

La nuova sede del Circolo del Cinema, in Piazza Santo Spirito 13b.

Non abbiamo parlato della nuova sede, che è davvero molto bella. E ora avete anche una saletta per le proiezioni…
«Quando avremo i soldi, se qualcuno vorrà farci donazioni anche con il cinque per mille, potremo comprare sedie, proiettore e schermo. La nostra intenzione non è fare attività al pubblico: non diventerà un cinema, sarà piuttosto un centro al servizio dei soci per convegni, approfondimenti, incontri con gli autori e magari anche delle proiezioni di film restaurati.»


Pochi giorni dopo l’intervista, entra in vigore il Dpcm del 24 ottobre. Con Roberto Bechis ci risentiamo, allora, per integrare quanto detto. Il presidente del Circolo del Cinema si dice sorpreso e deluso dalla nuova chiusura dei cinema. Ma conferma che, in caso di riapertura come da programma dopo il 24 novembre, le attività in presenza del Circolo riprenderanno, in quanto, anche in assenza di nuove uscite e dunque nella difficoltà a riaprire la propria attività commerciale, allo scadere del decreto il cinema Kappadue potrà comunque tornare ad affittare la sala. Salvo imprevisti, ovviamente.

Ci salutiamo con questo aneddoto: «Nei giorni scorsi, il Circolo ha ricevuto due tipi di telefonate. Da un lato un socio che chiedeva se erano previsti rimborsi, dall’altro uno che ci ha offerto la propria solidarietà». Ognuno ha preso la notizia delle nuove chiusure a suo modo, ma c’è un dato incontestabile a unire tutti: le attività del Circolo proseguiranno. Non solo la sede resterà, ovviamente, aperta, ma sarà possibile continuare a visionare i film proposti in streaming sul sito ufficiale. Ad maiora.