Il Giro d’Italia è arrivato al Duomo di Milano. Finalmente, perché portare a termine la corsa stava diventando complicato. Un’altra settimana sarebbe stata fatale, tra nuovi DPCM, l’avvicinarsi dell’inverno e le intemperanze delle squadre del World Tour, alcune presenti in Italia solo per obbligo contrattuale e senza alcuna velleità sportiva.
Alla fine ha vinto Tao Georghegan Hart, londinese venticinquenne, partito come eccellente gregario di Geraint Thomas e ritrovatosi capitano senza la lunga gavetta che il Team Ineos è solita riservare ai propri talenti. Sulle qualità del britannico c’erano pochi dubbi, specie dopo l’eccellente Tour The Alps 2019, ma nessuno si sarebbe aspettato una così rapida ascesa nelle gerarchie di una squadra che vanta tra le proprie fila corridori del calibro di Egan Bernal, Richard Carapaz e Chris Froome, oltre al già citato Thomas, tutti già vincitori di grandi Giri. Tao, invece, ha sovvertito ogni pronostico e saputo saltare sul classico “treno” che nella vita di un professionista quasi mai passa due volte. GeorgheGan Hart è riuscito nell’impresa correndo con impagabile acume tattico, suo e della squadra, contro i due atleti Sunweb, Wilco Kelderman e l’australiano Jay Indley. Proprio quest’ultimo è stato battuto sul filo di lana nell’ultima tappa a cronometro con arrivo a Milano, ma i due atleti alla partenza da Cernusco sul Naviglio risultavano appaiati in classifica con solo qualche centesimo di secondo a fare la differenza tra loro, fatto mai accaduto nella storia del Giro.


Se però andiamo a guardare a ritroso nelle tappe di montagna decisive per le sorti della corsa, occorre rilevare l’impagabile supporto che il vincitore ha ricevuto dai suoi compagni di squadra. Filippo Ganna, primo anche nell’ultima tappa, e in particolare Rohan Dennis, hanno saputo assistere Georghegan Hart sia sullo Stelvio che verso il Sestriere, dimostrando di essere la squadra più forte anche in assenza del capitano designato alla vigilia. La Sunweb, dal canto suo, qualche errore lo ha commesso. Si è senz’altro fidata dell’esperienza e della regolarità di Kelderman più di quanto non si sia fidata della freschezza di Indley, emersa solo dalla fine della seconda settimana, e non ha saputo – o voluto – scegliere un unico capitano. Mal gliene incolse.

Tre sono stati i momenti chiave della corsa che possiamo analizzare. Nel primo, verso Madonna di Campiglio, poteva essere comprensibile non attaccare, visto che non era terreno per fare grandi differenze e i valori in campo non erano del tutto definiti. Nel secondo momento decisivo, scalando lo Stelvio, poteva essere altrettanto accettabile consentire a Indley di seguire Georghegan Hart senza poi fargli tirare un metro così come avvenuto. La vittoria nella tappa regina è stato un dividendo buono, ma in ogni caso la tappa ha tolto morale a Kelderman, lasciato indietro a imprecare contro l’ammiraglia. Lascia più perplessi, invece, la strategia avuta nella tappa di Sestrière. Col senno di poi, è risultato azzardato permettere a Indley di forzare la mano provando a staccare GeorgheGan Hart. Forse, avrebbe dovuto stare a ruota innervosendo l’avversario così come sullo Stelvio. Il britannico, in ogni caso, avrebbe dovuto continuare a spingere per non fare rientrare Kelderman, invece è stato vanamente attaccato da Indley con l’unica conseguenza di impedire il rientro al compagno rimasto indietro. La Sunweb, come tutti gli addetti ai lavori, sapeva che il corridore ancora in corsa per vincere il Giro e più capace di prestazioni a cronometro era Kelderman. Il suo valore nell’ultima tappa a cronometro doveva essere rappresentato meglio tatticamente.


Il dopo tappa, così come ogni conversazione a commento della corsa, si presta sempre a interpretazioni diverse, ma chi vuole pensare male in questo caso è autorizzato a farlo: Kelderman, infatti, ha già firmato per la Bora Hansgrohe. Che sia stato sacrificato per interessi aziendali? Difficile pensarlo, più probabile che i vertici del team tedesco abbiano peccato di presunzione ritenendo possibile aggiudicarsi i primi due posti sul podio o, in maniera del tutto etica, ma poco pratica, abbiano lasciato piena libertà ai due corridori.
Tra gli altri premi, infine, occorre ricordare le altre maglie assegnate dal Giro. Il vincitore Georghegan Hart si aggiudica anche la maglia bianca di miglior giovane, mentre Ruben Guerreiro si aggiudica la maglia blu di miglior scalatore, classifica in cui è stato a lungo in corsa anche il nostro Giovanni Visconti, poi ritiratosi per fastidi al ginocchio. La maglia ciclamino, che viene assegnata al vincitore della classifica a punti, è andata ad Arnaud Demare, velocista principe di questa edizione del Giro e primo in quattro tappe, così come Filippo Ganna.

10 – Rcs Sport (Mauro Vegni): organizzare una grande corsa a tappe in piena pandemia e con molte squadre del World Tour piuttosto disinteressate alla corsa Rosa ha del miracoloso. Voto massimo a tutti i nuovi giovani che si affacciano con vigore al grande ciclismo, con la speranza che le loro prestazioni siano più pulite rispetto a quelle che realizzarono molti dei loro attuali direttori sportivi.
9 – Team Ineos: dopo essere usciti con le ossa rotte dal Tour e aver perso Geraint Thomas dopo poche tappe del Giro, poteva lasciarsi andare. La squadra, invece, si è unita attorno ai successi di Ganna e alla classe di Dennis, uno che il motore lo ha sempre avuto, e ha corso ogni giorno per dimostrare al mondo la propria forza.
8 – Joao Almeida, quarto a Milano, a 22 anni è andato oltre ogni rosea previsione. Potrà vincere una grande corsa in futuro, ma già oggi è una bella realtà. Demare è il velocista dell’anno e anche al Giro d’Italia lo ha dimostrato.
7 – Pello Bilbao ha confermato di amare le strade italiane e in particolare le tappe di alta montagna. Tra gli ottimi corridori non campioni si è dimostrato uno dei più affidabili. Giovanni Visconti ha onorato la corsa Rosa fino al ritiro. L’età non è dalla sua parte, ma speriamo di rivederlo ancora ai massimi livelli. Fausto Masnada ha sacrificato forse qualche posizione in più, nono finale, in favore di un gregariato per Almeida. Pecca a crono, ma rimane la migliore carta tricolore per il dopo Nibali. Ben O’Connor ha fatto divertire i tifosi nell’ultima settimana andando in fuga praticamente ad ogni tappa. Lo rivedremo.
6 – Domenico Pozzovivo ci ha fatto sognare per un paio di settimane, come già tante altre volte in passato. Quest’anno, però, non rappresenta una delusione perché essere ancora davanti a combattere vale più di mille vittorie. Per Peter Sagan una grande vittoria a Tortoreto e poi una generale sensazione di tramonto.
5 – Thomas de Gendt non è riuscito a portare a termine alcuna fuga vincente, ma la sensazione è che si sia speso troppo senza acume tattico. La sua dimensione rimane quella del cacciatore di tappe. Se si butta via così, però non è un bel vedere. Bocciare Vincenzo Nibali è sempre doloroso, anche perché ha corso non molto lontano dai suoi limiti. Se gli altri vanno di più, però, non può essere piena colpa di un 36enne che ha già vinto quasi tutto.
4 – Rafael Majka era accreditato all’inizio, ma la sua dimensione non è quella del podio in un GT. Farà da gregario a Tadej Pogacar, aprendo una nuova fase della propria carriera.
3 – Wilco Kelderman, per quanto visto in corsa, meriterebbe una promozione piena, ma in molti vedono lui come principale promotore dello sciopero della tappa numero 19. Un segnale di debolezza che hanno saputo cogliere non solo i suoi avversari ma, forse, anche il suo più fedele gregario.
2 – Jakob Fuglsang e la sua Astana hanno oggettivamente deluso. Non un guizzo, nessun raggiungimento degli obiettivi minimi. L’atleta danese ha mostrato tutta la sua classe a primavera tra Ardenne e Cote, meglio che lo capisca subito.
1 – Team Sunweb. Nel ciclismo la tenzone due contro uno quasi sempre si risolve a favore della maggioranza. L’eccezione che conferma la regola impone una sana autocritica.
0 – Il tempismo dei corridori nell’improvvisa protesta ha posto sotto scacco il Giro d’Italia. Se le motivazioni potevano anche essere forse accettabili, la modalità utilizzata nel proporle cancella ogni ragione. Bocciati.

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