Una voce narrante cuce tante storie senza un’unità di tempo e di spazio, ma la singolarità di Da dove viene il vento, di Mariolina Venezia, appena ripubblicato da La Nave di Teseo, risiede anche nella caratteristica dello specchio.

Scrittrice e sceneggiatrice, Venezia è nata a Matera e vive e a Roma, ha vinto il Premio Campiello nel 2007 con il romanzo Mille anni che sto qui e raggiunto una grande popolarità con le vicende televisive di Imma Tataranni, sostituta procuratrice a Matera, personaggia ispirata ai suoi libri Come piante tra i sassi, Maltempo, Rione Serra Venerdì, Via del Riscatto, editi da Einaudi.

Da dove viene il vento è la riscrittura di un suo romanzo del 2011  ripubblicato da pochi giorni dalla casa editrice La Nave di Teseo. Ogni emozione, ogni personaggio, ogni sguardo del libro si rispecchiano in quello dell’altro, in un rimando infinito che va oltre il tempo passato, presente e futuro e riguarda anche il passaggio del vento e il fluire del mare.

Mariolina Venezia, foto dal profilo
Facebook dell’autrice

Questo è un romanzo composito che si può approcciare come la rete: si cercano e seguono i contenuti che più interessano. Il titolo del romanzo è preso da un’antica fiaba berbera, quella che la nonna di Idir gli raccontava da piccolo e che ora lui regala ad altri, per salvarli dalla disperazione. E la fiaba ritorna sovente nei sogni confusi, sfumati nella realtà terribile della sopravvivenza in terra straniera, scatenati da ferite non curate, solitudine e ricordi affastellati della tragedia che l’ha fatto fuggire dal suo Paese alla volta di un’Europa desiderata come la panacea della miseria e dell’ingiustizia.

Anche i sentimenti di Dora si rispecchiano in Salvatore, dopo vent’anni trascorsi in Francia e ritrovato proprio a Padova, la città in cui entrambi hanno compiuto i loro studi, dove lui si è costruito una vita apparentemente di successo. E Salvatore investe provvisoriamente attenzione in lei, senza però dare spiegazioni e senza progettualità da condividere. Per entrambi è determinante il peso dei ricordi, che influenzano le attese di Dora e si intrecciano con i fallimenti di Salvatore.

Le storie si incrociano e incastrano tra i personaggi, mentre la voce narrante rimanda al lockdown della scorsa primavera, una sorta di confinamento che per la narratrice somiglia, in qualche misura, all’esperienza dell’astronauta russo rimasto per trecentododici giorni nello spazio, tra terra e luna, mentre il suo Paese, l’Unione Sovietica, si dissolveva e mancavano i fondi per il suo rientro a casa.

I pensieri ricorrenti dell’uomo, nello stato sospeso in cui si trova, sono visitati dalla malinconia, mentre riflette sul tempo e si nutre di capsule e ricordi nella sua «scatoletta di latta». Così, a sua volta, stabilisce un paragone tra sé e Cristoforo Colombo, il navigatore che viveva ogni giorno come una sfida del destino, sperando di vedere infine una striscia di terra all’orizzonte, che lo salvasse dall’ammutinamento della ciurma e dall’angoscia del dubbio.

Ma dov’è il senso delle cose? Come si rintraccia il filo della vita? Come può farlo Idir, reso schiavo in un campo di raccolta dei pomodori e Dora, con i suoi interrogativi senza risposta, e Salvatore stretto tra le minacce degli usurai e una vita che gli scorre estranea davanti agli occhi? E cosa può pensare la piccola Amsah, che canta per farsi compagnia, sola tra i flutti del mare? «Il senso non esiste ma si crea, e la strada contiene in sé la direzione», suggerisce la voce narrante, e poi ancora: «Come una malata in un letto d’ospedale. Le storie mi guariscono o mi avvelenano».

Si può trovare la storia dei nostri ultimi decenni in questo romanzo, ci sono gli anni Settanta e la contestazione studentesca negli atenei, l’incerto periodo di riflusso che ne seguì, la caduta delle torri gemelle, la guerra in Iraq, il problema irrisolto dell’immigrazione con l’altissimo costo umano che comporta.

C’è tanto di noi, ieri e oggi, e Mariolina Venezia gioca sul filo sottile e arduo dei sentimenti, con effetti di lirismo puro, senza cadere in facili soluzioni e ricette riparatrici e consolatorie.

E ci sono il vento e il mare, un mare salato che affoga e un mare di lacrime che sorprendentemente consola. Un vento che spinge le nuvole configurandole in forma di Paesi rincorsi, oppure un vento che non spinge le vele perché non arriva mai.

Da dove viene il vento, Mariolina Venezia,
La nave di Teseo, 2020

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