A un mese esatto dal suo 71esimo compleanno Bruce Springsteen firma “Letter to you”,  il suo ventesimo album in studio. Dopo il sorprendente “Western Stars” dello scorso anno, un disco intenso con ballate e storytelling da fuoriclasse, malinconico e bellissimo con i suoi arrangiamenti orchestrali, era difficile immaginare che il livello potesse restare così alto anche nel lavoro successivo. Lo stupore è massimo, quindi, nel trovarsi nelle orecchie questi nuovi dodici brani (di cui tre perle dei primi anni ’70) e nel constatare che anche stavolta il Boss ha fatto centro.

Registrato in soli cinque giorni, praticamente in presa diretta negli studi casalinghi di Bruce in New Jersey, questo disco ha l’immediatezza tipica delle celeberrime maratone live con la E-Street Band. È una scelta stilistica pregevole del produttore Ron Aniello (con lo stesso Springsteen) che riporta sugli scudi tutti i membri del gruppo, dalla batteria finalmente di nuovo martellante di Max Weinberg, al piano splendidamente seventy di Roy Bittan, alle chitarre di Nils Lofgren e Little Steven, perfette per colorare le armonie.

Circolava da tempo la voce della presenza in tracklist di tre canzoni molto amate dalla fanbase del Boss, ma mai finora pubblicate: “If I Was the Priest” “Song for Orphans” e “Janey Needs a Shooter.” Delle tre è “Janey Needs a shooter” ad emergere prepotentemente come una delle più belle ballate rock dell’intero canzoniere di Springsteen e la pubblicazione di questa versione già da sola vale l’intero prezzo del disco.  Il timore che potesse essere una mera “operazione nostalgia” si rivela fortunatamente infondato, soprattutto perché anche il resto della scaletta è coerente con quel suono e quella dinamica. Le altre canzoni, tutte nuove, si inseriscono armonicamente in un discorso musicale che trova la sua radice a cavallo tra i ’70 e gli ‘80, dagli esordi nei piccoli club, ai trionfi di “Born to Run” e di nuovo “Dylan”, alle outtakes di “The River”. A parte il brano che apre il disco “One Minute You’re Here”, ideale proseguimento di “Western Stars” per le sue atmosfere malinconiche e il cantato soffuso di Bruce, gli altri pezzi sono grandi cavalcate nel più classico stilema da E-Street, dalla potente “The Power of Prayer”, alla martellante “Burnin’ Train”.

Tema ricorrente nelle liriche è lo scorrere inesorabile del tempo, dominato solo attraverso i ricordi,  la memoria di vecchie istantanee, momenti che Bruce rivive insieme a noi per allontanarsi momentaneamente dai lutti e dalle perdite (“The Last Man Standing”). Niente è meglio di una lettera per rievocare sentimenti e sensazioni che si sentono svanire lentamente, ed ecco il contenuto della title track, primo singolo estratto, decisamente a fuoco e convincente.

A metà della scaletta uno splendido intro di pianoforte ci accompagna verso una canzone destinata a diventare uno dei nuovi classici del repertorio di Bruce Springsteen “House of a Thousand Guitars”. Roy Bittan ci riporta dritti a “Jungleland” e Bruce con il suo magistrale cantato sottolinea che “We’ll go where the music never ends” e questa consapevolezza distrugge ogni attuale angoscia pandemica.  L’unico brano debole è anche quello più politico: “Rainmaker”, in cui fa capolino Donald Trump – Stregone millantatore che spaventa o minimizza a suo piacimento. L’ostilità di Bruce al Tycoon è nota, ma evidentemente “Letter to you” non ha questa urgenza interventista e la tematica si inserisce un pò a fatica in un discorso organico improntato sul valore dei ricordi, sulla grandezza dello spirito che sopravvive alla morte.

È invece perfetta la chiusura di “I’ll see you in my dreams”, brano di ispirazione country esaltato dalla compatta coralità della E-Street, per l’ultimo saluto a Clarence Clemons e a Danny Federici, amici della band scomparsi troppo presto. Per loro Springsteen canta: “For death is not the end, and I’ll see you in my dreams” disegnando un futuro romanticamente sereno, fatto di sogni condivisi.

Non sappiamo se questo ventesimo album in studio sarà il canto del cigno di Springsteen, l’artista che più di ogni altro ha saputo accompagnare per mano l’America e cantarne grandezze e debolezze restando sempre fedele alla sua idea di rock potente, evocativo ed empatico.

Sappiamo però che questa “Lettera” è una dichiarazione d’amore di Bruce alla sua band, al suo pubblico, a chiunque abbia abbracciato qualcuno sotto un palco e ricordi quella sensazione di infinito che solo un concerto rock sa incidere nell’anima.

The Boss is back, again.

Tracklist:

· One Minute You’re Here

. Letter To You

· Burnin’ Train

· Janey Needs A Shooter

· Last Man Standing

· The Power Of The Prayer

· House Of A Thousand Guitars

· Rainmaker

· If I Was The Priest

· Ghosts

· Song for Orphans

· I’ll See You In My Dreams