Alla destra di Zaia
Problemi nel Consiglio regionale? Non certo del governatore Luca Zaia. Piuttosto di FdI che deve gestire il "caso Polato". E non solo.
Problemi nel Consiglio regionale? Non certo del governatore Luca Zaia. Piuttosto di FdI che deve gestire il "caso Polato". E non solo.
Daniele Polato, assessore alla Sicurezza nella Giunta Sboarina e recordman delle preferenze tra le fila di Fratelli d’Italia nella scorsa tornata elettorale per il rinnovo del Consiglio regionale veneto, non smette di far parlar di sé. Solo poche settimane dopo il successo personale ottenuto con più di 10.000 voti raccolti che lo hanno mandato a palazzo Ferro Fini, sbaragliando l’agguerrita concorrenza – all’interno del suo partito – di pezzi da 90 come i consiglieri regionali uscenti Stefano Casali e Massimo Giorgetti, è tornato al centro dell’interesse mediatico a causa della solenne bocciatura avuta dal presidente Luca Zaia in persona nella corsa per il ruolo di vicepresidente del Consiglio regionale veneto. I fatti li conosciamo come sono stati riportati dai media.
Le probabilità che Polato venisse nominato assessore, nonostante la messe di preferenze raccolte, erano assai remote fin dall’apertura dei giochi, soprattutto in ragione del fatto che la lista del Presidente e quella della Lega da sole dispongono di una maggioranza blindata di 33 consiglieri su 51 (19 della Lista Zaia e 14 della Lega), autosufficiente anche senza gli apporti dei 5 consiglieri di Fratelli d’Italia e dei due di Forza Italia. Senza essere determinanti, era palese come queste forze politiche non avrebbero potuto condizionare l’assegnazione delle deleghe in giunta e degli incarichi, come infatti è successo. Zaia ha fatto una scelta di continuità, confermando la medesima squadra del quinquennio precedente, inclusa, per FdI, Elena Donazzan, esponente del partito della Meloni ma donna di fiducia del governatore veneto.
La candidatura di Polato tuttavia è stata affondata anche per il ruolo di vicepresidente del Consiglio regionale, incarico che nella precedente legislatura fu ricoperto dal suo collega di partito Massimo Giorgetti. Si sono fatte diverse ipotesi riguardo alle ragioni di questo smacco, tra le quali quella che il governatore non gradisse che un incarico così prestigioso venisse ricoperto da qualcuno con precedenti penali. Ricordiamo, infatti, che Polato è stato condannato a un anno di reclusione con la sospensione della pena per una vicenda di firme false presentate a sostegno della lista di Forza Nuova alle elezioni regionali venete del 2015.
A bocciatura incassata, anziché prendere atto dei rapporti di forza e ritirarsi in buon ordine in un opportuno silenzio, il neoconsigliere regionale ha dichiarato di essere stato vittima di una faida interna tra Lista Zaia e Lega, facendo scoppiare un caso politico tra FdI e i partner di maggioranza (assoluta) di governo e rischiando così di vedere evaporare repentinamente la dote politica rappresentata dal pacchetto di preferenze raccolte. Quale sia stata la motivazione del “ban” che è calato sul nome di Polato, occorre considerare che a causa della richiesta (accettata) del bonus di 600 euro per le Partite Iva durante l’emergenza Coronavirus, Zaia ha dovuto rinunciare alla candidatura del suo fedelissimo vicepresidente e braccio destro Gianluca Forcolin e di un recordman delle preferenze nelle basse veronesi come Alessandro Montagnoli. Assegnare un incarico di prestigio e visibilità a un consigliere con una condanna penale nel momento in cui aveva dovuto rinunciare a candidare fedelissimi unicamente per motivi di opportunità (ricordiamo infatti che nessuno di coloro i quali sono stati coinvolti nel pasticcio delle domande del bonus P.I. è stato a oggi inquisito) avrebbe causato diversi problemi al governatore Zaia, molto attento a questo genere di problematiche, essendo ben consapevole delle ricadute negative per l’immagine che ne possono derivare.
Inutile dire che i contraccolpi dell’affaire Polato sono giunti fino a Verona. I rumors cittadini davano già il neoconsigliere regionale, forte del consenso raccolto, come papabile candidato sindaco per le elezioni amministrative del 2022, qualora la figura di Federico Sboarina fosse considerata “infungibile” dalla coalizione che oggi lo sostiene. In questo momento è troppo presto per fare previsioni su cosa succederà da oggi alle prossime elezioni amministrative nella città di Romeo e Giulietta, ma è certo che un candidato sindaco che dovesse non essere gradito al governatore veneto non sarà facilmente spendibile per la coalizione del centrodestra veronese. Colpisce in questa fase l’assordante silenzio di Ciro Maschio, onorevole e coordinatore provinciale di FdI. Fino a ora da parte sua non si è sentita nemmeno una parola di circostanza riguardo una vicenda che ha visto coinvolto uno degli elementi più di spicco della “scuderia” che coordina. E i silenzi in politica fanno rumore quanto i tuoni. Quel che è certo è che le tensioni causate da questo inizio scoppiettante di legislatura veneta da qualche parte sono destinate a scaricarsi. E per una legge della fisica (ma che può essere proiettata anche sulla politica), le tensioni si scaricano sempre sugli anelli più deboli della catena.
FdI a Verona vive una condizione piuttosto particolare: quella delle affiliazioni multiple. Polato è consigliere regionale di FdI a Venezia e leader della lista civica Battiti a Verona, nel cui consiglio comunale è stato eletto nelle fila di FI. Così come Stefano Casali che a Venezia è il primo dei non eletti nella lista FdI dietro a Polato, mentre a Verona è leader della lista civica Verona Domani. Ai tanto vituperati tempi della “Prima Repubblica” o si era pere o si era banane. Le “bananere” non erano contemplate dalle segreterie dei partiti. La mancata nomina di Polato ad assessore regionale chiude la strada per il ritorno in quel di palazzo Ferro Fini proprio a Stefano Casali che altrimenti sarebbe salito in Consiglio come primo dei non eletti. Così ora dovrà premere su Sboarina per avere una posizione in giunta, dove Verona Domani ad oggi non è rappresentata. E la domanda è: la chiederà come esponente di FdI o di Verona Domani? Il dubbio è più che legittimo, vista la doppia appartenenza.
Il partito di Giorgia Meloni è in forte ascesa e le crescite repentine portano con sé tensioni. La dirigenza locale tenuta dal parlamentare/consigliere Maschio approdato nel 2017 a Palazzo Barbieri con una dote di 375 preferenze solo dopo il ritiro per ineleggibilità di Massimo Mariotti dovrà dimostrarsi capace di gestirle. Così come dovrà dar prova di abilità politica a gestire la nuova configurazione della Giunta il sindaco Sboarina, appena gratificato da un sondaggio che sulla base di 800 telefonate lo incorona primo tra i candidati sindaci per il 2022. La nomina ad assessore in regione di Daniele Polato gli avrebbe tolto più di una castagna dal fuoco, in primo luogo consentendo – come spiegato – la collocazione a Palazzo Ferro Fini di Stefano Casali, che ora invece si metterà nella già corposa lista degli aspiranti a un posto in Giunta.
Ricordiamo che in occasione della prematura scomparsa dell’assessore Stefano Bertacco il sindaco scelse di non scegliere, nominando al suo posto la figura “tecnica” di una dirigente del Comune. La medesima cosa successe, notare bene, anche dopo la defenestrazione di Michele Croce da AGSM, dove l’opzione della nomina “tecnica” fu preferita a quella politica. Opzione che ora è difficilmente praticabile, visti i molti “perdenti posto” che reclameranno visibilità e incarichi. Questo fine anno in un modo o nell’altro ci dirà quali sono gli anelli deboli della politica cittadina e se resisteranno allo “stress test” che li aspetta.