Schermi d’Amore prosegue alla Gran Guardia con una serie di interessanti retrospettive, tra cui quella doppia dedicata a Douglas Sirk e Rainer Werner Fassbinder. Un percorso per esaminare come i due autori, da un lato il padre del melodramma hollywoodiano, dall’altro uno dei più importanti esponenti del nuovo cinema tedesco degli anni ’70 e ’80, siano indissolubilmente legati. In particolare come “Secondo amore abbia ispirato La paura mangia l’anima” e Lo specchio della vita Veronika Voss.

Va detto che, per quanto la Sala Convegni della Gran Guardia non sia il Teatro Ristori, sono stati evidentemente fatti dei lavori negli anni per migliorarne la qualità “cinematografica”. A luci spente non sembra più di stare in una sala riunioni convertita a cinema improvvisato, ma quasi in un cinema vero. Ovviamente qui le proiezioni avvengono su supporto digitale standard, Blu-Ray o DVD, ma non ci formalizziamo.

Veronika Voss, visto anche così, non perde il suo fascino. È incredibile ancora adesso la perfezione della ricostruzione di Fassbinder, non solamente nel senso di ricostruzione d’epoca diegetica, ma proprio stilistica. Il bianco e nero del film (di Xaver Schwarzenberger) naturalmente aiuta l’illusione di trovarsi di fronte non a un film del 1982, ma del 1962 (almeno), ma non basta. Anche le musiche di Peer Raben e il montaggio di Juliane Lorenz contribuiscono in maniera sostanziale. Il cinema come viaggio nel tempo, fotografia di un’epoca perduta. Fotografia in tutti i sensi: non un brano edulcorato di una finta storia ripulita dai suoi spigoli, ma lo spietato ritratto di un’epoca, con i suoi pregi e difetti, e dell’invecchiamento.

Perché al centro c’è la storia di una ex diva (Rosel Zech) alle prese con il passare del tempo e la fine della carriera. Sullo sfondo della Germania post-bellica, in cui la spinta al rinnovamento va di pari passo con i discorsi nostalgici nei confronti del regime nazista. Un racconto molto hollywoodiano, sia nella messa in scena che nella tematica, sullo sfondo però di un mondo totalmente diverso. Il cinema americano del dopoguerra è prodotto da una nazione vincitrice e vincente, un mondo in crescita edificato sul mito del trionfo contro il male. La Germania è invece un paese lacerato, sconfitto. Eppure in cambiamento: la spinta del consumismo occidentale soffoca e uccide i vecchi miti, viziandoli fino alla morte per poi assimilarli e prenderne il posto.

Il rapporto conflittuale con un passato agghiacciante è anche alla base de La paura mangia l’anima, dove una donna anziana si innamora di un immigrato marocchino di vent’anni più giovane. Quando i figli e le colleghe di lei lo vengono a sapere, la allontanano disgustati. Rispetto a Secondo amore, qui in più c’è il tema del razzismo di una società che sembra non aver imparato nulla dagli errori passati. Per questo, a rivederlo 46 anni dopo, La paura mangia l’anima sembra quasi profetico. Anche se più semplicemente è la storia a essere ciclica. Anche qui Fassbinder sembra puntare il suo sguardo inquisitore sul consumismo e sull’utilitarismo: tutti abbandonano Emmi (Brigitte Mira), salvo tornare da lei quando ne hanno bisogno per il proprio tornaconto.

Due film che, come si diceva, fotografano due epoche di una Germania e di un’Europa che ormai non esistono più. O almeno è quello che crediamo. Due opere che servono a ricordarci quanto la realtà sia ben più complessa dei semplici slogan.

Schermi d’Amore prosegue oggi con l’ultima giornata: alle 15 Secondo amore di Douglas Sirk. Alle 17.30 William Wilson di Louis Malle e a seguire Una romantica donna inglese di Joseph Losey. Alle 21.15 si chiude con Messaggero d’amore, sempre di Losey.