La carovana del Giro d’Italia è ormai pronta per la partenza dell’edizione numero 103. Tra tamponi, isolamenti e ingenti misure di sicurezza a tutela della salute di tutti i partecipanti, i corridori sono pronti per la tappa di apertura, una velocissima prova a cronometro di 15 km. A 12 anni di distanza dalla crono a squadre di Palermo del 2008, con la quale anche in quell’occasione prese il via la corsa, si parte ancora dalla Sicilia, terra che in troppi casi è stata dimenticata dagli organizzatori, vuoi per difficoltà logistiche nello spostamento della carovana, vuoi anche per una scarsa attrattiva che la manifestazione provoca in certe amministrazioni locali, poco inclini a sfruttare il passaggio ciclistico come spot a favore del turismo. In realtà, la scelta è figlia dell’emergenza pandemica che ha reso impossibile l’avvio in Ungheria, come inizialmente previsto. Meglio così: le tappe ungheresi non avrebbero arricchito la planimetria della corsa da un punto di vista tecnico mentre il percorso delle prime tappe siciliane appare quantomai interessante e imprevedibile nello sviluppo di una gara che entrerà nel vivo fin da principio.


La 103esima edizione della Corsa Rosa prevede 21 tappe, inframezzate da solo due giorni di riposo. Il neo Campione del Mondo Filippo Ganna ha già messo nel mirino la prima maglia Rosa, obiettivo raggiungibile se saprà confermare la condizione mostrata in occasione della rassegna iridata di Imola. Dopo la tappa inaugurale, saranno altre due le cronometro. Una in Veneto a Valdobbiadene e la terza a Cernusco sul Naviglio per il gran finale di Milano. Prima dell’ultimo atto potrebbe essere già tutto deciso. I sette arrivi in salita e ben cinque tappe di grande difficoltà altimetrica, infatti, dovrebbero bastare per fare una selezione tra i pretendenti al trono. Il 22 ottobre, poi, torna finalmente di scena lo Stelvio, in un periodo peraltro dove neve e freddo potrebbero sconsigliare il passaggio degli atleti. Oltre alla vetta tanto cara a molti ciclisti potremo gustare anche l’Izoard, unico sconfinamento di questa edizione “fuori stagione”. Probabilmente i corridori più intraprendenti organizzeranno le prime “imboscate” sin dalle prime tappe in terra siciliana e, a seguire, in quelle appenniniche, prima dell’arrivo delle grandi salite alpine. I velocisti, tra i quali spicca il veronese Elia Viviani, non avranno molte occasioni per mettersi in mostra, a conferma che le ruote veloci riscuotono sempre poca attenzione da chi è chiamato a disegnare il percorso.


Le squadre iscritte sono ventidue, ciascuna composta da otto corridori. La lista dei favoriti per la vittoria finale è composta da un quartetto. L’idolo di casa Vincenzo Nibali che, se supportato dalla gamba, troverà sicuramente terreno ideale per le sue tattiche arrembanti e fantasiose ben prima dell’arrivo sulle Alpi. Gli addetti ai lavori, oltre al campione italiano, però, puntano le loro carte anche su atleti di altri paesi. I nomi sono quelli di Geraint Thomas, alfiere della Ineos, oggi uno degli uomini più in condizione, ma da da scoprire in una corsa molto più difficile da amministrare rispetto al Tour de France, Simon Yates, brillante nelle gare di avvicinamento, ma con un punto interrogativo legato alla durata della corsa, e Steven Kruijswijk, la cui condizione attualmente è avvolta nel mistero, non avendo corso affatto negli ultimi mesi. Un discorso a parte meritano Jacob Fuglsang e Miguel Angel Lopez entrambi in gara per i colori dell’Astana che sembrano avere le carte in regola per puntare almeno al podio. Infine Peter Sagan, deluso da un Tour per lui in sordina, che cercherà di dare battaglia sia sui traguardi di tappa che per la maglia ciclamino. Tra le possibili sorprese troviamo Matteo Fabbro, uno dei volti nuovi del ciclismo italiano, fresco di convocazione in maglia azzurra.

Alle loro spalle ci sono tutti coloro che pur non coltivando ambizioni di vittoria finale troveranno sicuramente occasione di mettere in mostra le loro doti, ciascuno nelle tappe meglio adatte alle loro caratteristiche. Ecco, quindi, Ilnur Zakanir, abile in salita ma non altrettanto in discesa, l’altro scalatore Thomas De Gendt, che cercherà sicuramente di dare il meglio si sè sullo Stelvio e l’italiano Giulio Ciccone, il quale potrà probabilmente dedicarsi solo a imprese solitarie, finchè sarà chiamato al ruolo di gregario al seguito di Vincenzo Nibali. Sempre tra gli italiani, il Giro potrebbe diventare l’occasione giusta per Giovanni Visconti e Mirco Frapporti, compagni di squadra, e per Fausto Masnada mentre una menzione finale la merita Domenico Pozzovivo, rientrato nel grande ciclismo al recente Tour dopo lunghi mesi di recupero da un incidente che avrebbe potuto avere conseguenze tragiche. Da lui sarebbe ingeneroso pretendere performance d’eccellenza, ma chissà mai che possa, anche solo per una tappa, tornare lo scalatore di un tempo, capace di essere regolarmente tra i migliori in classifica generale.


Il Giro, dunque, riparte, nonostante questa fastidiosa pandemia. Tra fughe, braccia alzate, cadute, probabili giornate di tregenda, infiniti chilometri di asfalto – alla fine verranno percorsi quasi 3500 chilometri –, si rinnoverà ancora una volta il mito del ciclismo, unico sport davvero capace di raccontare la storia di un paese e di un territorio, con la sua cultura e i suoi cambiamenti. Come ogni anno le immagini della carovana permetteranno a tutti di conoscere i mille campanili, le piazze, gli angoli nascosti d’Italia o anche solo le usanze e gli abiti dei tifosi accorsi in strada. Con il passaggio dei girini, si scriveranno, dunque, nuove pagine di storia dello Stivale, un rituale ineguagliabile che, in fondo, finisce sempre per mettere in secondo piano i risultati della competizione sportiva. Fatica, tecnologia, polemiche, ineliminabili sospetti sulle prestazioni dei singoli, vittorie che valgono da sole una carriera o inconsolabili insuccessi, campioni dell’oggi che si alterneranno con quelli del domani: tutto si dissolverà in fretta, una volta terminata la competizione. Ciò che rimarrà sarà “solo” il Giro d’Italia, una manifestazione che trascende l’aspetto sportivo e per la quale molti italiani, tifosi o non tifosi del pedale, provano un atavico senso di amorevolezza.

Foto zimbio.com