La versione di Giorgetti
Due chiacchiere con il recordman delle elezioni in Consiglio regionale che ci ha dato la sua versione riguardo a cosa succederà in Laguna prossimamente
Due chiacchiere con il recordman delle elezioni in Consiglio regionale che ci ha dato la sua versione riguardo a cosa succederà in Laguna prossimamente
A pochi giorni dall’apertura dei seggi abbiamo raggiunto per alcune domande un indaffaratissimo Massimo Giorgetti, recordman nazionale delle elezioni in Consiglio regionale (cinque, di cui quattro per ricoprire la carica di assessore e una, l’ultima, come vicepresidente del Consiglio regionale), che si contende la sesta riconferma nell’affollata corsia di Fratelli d’Italia, dove i big sono molti.
«Se io fossi fra i chiamati al referendum in Lombardia e Veneto non ci andrei. È un referendum solo propagandistico.» Sa chi l’ha detto?
«Giorgia Meloni.»
Mille giorni dopo il referendum che doveva portare al «Natale più bello per i veneti», dell’autonomia non c’è ancora traccia. Fratelli d’Italia ha firmato un patto politico in cui il Centrodestra si impegna a sostenere il progetto. Firmarlo è stata la conditio sine qua non posta dal governatore Zaia per l’alleanza. Tuttavia la Lega ha già dichiarato che vi aspetta al varco e la vostra leader Giorgia Meloni ha detto molto chiaramente che non accetterà soluzioni a scatola chiusa. Il Veneto può dormire sonni tranquilli sulla lealtà di FdI al percorso autonomista?
«Sì. Anche perché se il Veneto non ha ancora raggiunto l’autonomia non è certo colpa di Fratelli d’Italia. La Lega aveva proposto un referendum sull’indipendenza che era stato bocciato dalla Corte Costituzionale, dopodiché era stato l’allora Popolo delle Libertà a lanciare il referendum sull’autonomia, quello che i veneti hanno votato. Nel 2018 FdI ha firmato un programma che prevedeva il sostegno all’autonomia regionale e anche in passato la destra ha sempre sostenuto la devolution di Calderoli, che contemplava le stesse cose previste nell’accordo fatto da Giorgia Meloni, fra cui il presidenzialismo e il federalismo. Il mio partito ha sempre detto che l’unità nazionale è imprescindibile e per questo è stato chiesto alla Lega di impegnarsi formalmente sul sostegno al presidenzialismo e sul patto antiinciucio, per vincolare tutti i partiti della coalizione al rispetto degli impegni presi con i cittadini.»
Perché il federalismo non sia una scatola vuota da più parti si sostiene che non dovrebbe essere a costo zero per lo Stato, ma che dovrebbe anche riguardare il residuo fiscale che in parte almeno dovrebbe essere trattenuto sul territorio, e altre cose tipo le graduatorie degli insegnanti che dovrebbero essere su base regionale. Questo è conciliabile con la vocazione nazionalista di FdI, che tra le altre cose ha sempre dichiarato di preferire che il tema dell’autonomia sia legato a un riassetto costituzionale complessivo che preveda anche l’introduzione del presidenzialismo?
«Tutto quello di cui stiamo parlando è possibile realizzarlo solo dopo aver rafforzato lo Stato centrale con un governo forte in un sistema presidenziale, che non è fattibile senza un riassetto costituzionale. Come prevede l’impegno sottoscritto dalle parti.»
L’ambiente sarà una delle sfide della prossima amministrazione veneta. Verona in queste settimane è reduce da una tempesta che l’ha prostrata e che è probabile frutto dei cambiamenti climatici. Nella prima giunta Galan, 1995, lei è stato assessore alle Politiche per l’ambiente e della Protezione civile. Quali sono le priorità che la Regione deve realizzare? Serve più prevenzione o potenziare la gestione dell’emergenza?
«Le leggi ci sono, compete ai Comuni applicarle. Per esempio è previsto da almeno quindici anni che per tutti gli strumenti urbanistici generali e le varianti che possono modificare il regime idraulico esistente sia presentata una valutazione di compatibilità idraulica, con relative modifiche alla rete, se serve. Questo per prevenire le situazioni di crisi e gestire più razionalmente i rischi da alluvione. Dopodiché il rischio zero non esiste ed è impensabile considerare normale quello che è successo a Verona nei mesi scorsi.»
Il partito a cui fa riferimento spesso ha avuto modo di polemizzare duramente con la UE e con la Germania. Ma il tessuto produttivo delle “micromultinazionali venete” ha connessioni profonde con la Germania e l’Europa. Dove collochiamo strategicamente il Veneto, dentro o fuori l’UE?
«Il Veneto e l’Italia sono il cuore del Mediterraneo, che deve difendere i propri interessi nazionali, dunque la propria sovranità, pur confrontandosi con gli altri Paesi europei. Esattamente quello che fanno Francia e Germania nei nostri confronti. L’Ue c’è, ma non significa che qualcuno comandi e gli altri subiscano. Bisogna avere il coraggio di trovare l’intesa sui legittimi interessi nazionali, che l’Italia invece è pronta a sacrificare nel nome dell’Europa. L’Olanda cominci a rinunciare a essere un paradiso fiscale, la Francia a interferire sulle politiche africane a pochi chilometri dalle nostre coste e la Germania a soffocare le nostre imprese col sistema dello spread.»
Fratelli d’Italia è in crescita e ha accolto tra le sue fila importanti personaggi della politica veronese. Molti di loro si sono candidati alle regionali e la battaglia interna pare piuttosto dura. Paradossalmente il successo che sta riscuotendo il movimento di Giorgia Meloni rischia di trasformarsi in un problema? Rischiate di trovarvi nella spiacevole situazione di avere troppi pretendenti alla medesima fidanzata?
«Il problema non è che ci siano troppi pretendenti alla medesima fidanzata, ma che qualcuno di loro possa esserle infedele.»