«È difficile lasciare un posto dove si è vissuto cosi tanto e profondamente».

Non c’è cosa più lacerante che dover abbandonare la propria casa all’improvviso a causa di un devastante accadimento, dover lasciare le proprie cose, o meglio, scegliere ciò che è giusto salvare o meno.

Ilaria Rossetti nel suo ultimo romanzo Le cose da salvare prende spunto dal crollo del ponte di Genova per portarci dentro la vita di Gabriele Maestrale, superstite e abitante in un appartamento sito proprio sotto il ponte e quindi a rischio di un pericolo incombente.

Nonostante questo rischio quotidiano Gabriele decide di rimanere nel suo appartamento perché sono troppe le cose a cui è legato in quella casa.
Dopo un anno, una giornalista, Petra, andrà a cercarlo per intervistarlo.
Non sarà solo un incontro di lavoro ma un incrocio di emozioni e di vite.

Ilaria Rossetti è una giovane scrittrice nata nel 1987 e residente a Lodi. Ha vinto il Premio Campiello Giovani 2007 con il racconto La leggerezza del rumore (Marsilio Editore). Con Giulio Perrone Editore ha pubblicato Tu che te ne andrai ovunque (2009) e Happy Italy (2011). Con Le cose da salvare ha vinto la quarta edizione del Premio Nazionale di Letteratura Neri Pozza 2019.

Le cose da salvare, ispirato a quel tragico 14 agosto 2018, giorno in cui il Ponte Morandi di Genova crollava davanti gli occhi di tutta Italia, è un testo non strutturato sulla cronaca di un evento drammatico ma, in realtà, mirato a dare rilievo all’aspetto puramente emotivo, intimo, profondo di ciò che sta dietro a tutto questo: l’individuale fragilità umana.

Rossetti ci racconta la storia di Gabriele Maestrale, un uomo di 60 anni, professore in pensione e residente in un edificio situato proprio sotto il ponte crollato che non ha voluto piegarsi al dover abbandonare il suo appartamento.

Ilaria Rossetti in una foto dal suo profilo Facebook

A dispetto di un obbligo, per il pericolo di cedimento dell’immobile, ha deciso infatti di rimanere: troppe le cose personali da abbandonare e non solo per il valore materiale delle stesse, ma un valore intrinseco di momenti, ricordi, sentimenti.
La figura di Gabriele emerge più nitida con la comparsa nella narrazione della cooprotagonista Petra, la giornalista che lo scova e lo intervista.

Due personaggi particolari, Gabriele e Petra, delineati dalla scrittrice in modo compiuto, mirabile tanto da far arrivare al lettore il senso più profondo di questa storia: «È assurdo quanta vita c’è nelle nostre stanze».

Due fragilità che si incontrano: Gabriele per raccontare la solidità di una scelta ossia rimanere nonostante tutto, e Petra presa da diverse vicissitudini difficili e complesse, come la morte della madre.

L’itinerario del libro della Rossetti viaggia tra queste due esistenze: l’autrice narra la storia di Petra e dei problemi col padre dopo il lutto e la storia di Gabriele rinchiuso in una sorta di gabbia di cristallo, un mondo a parte dal quale non riesce a distaccarsi. Le due vite saranno accomunate da questo incontro, dalla sofferenza che vivono entrambi ma anche dall’amore e infine, e soprattutto, dalle cose da salvare.

La scrittura suggestiva e ricercata incanta il lettore riuscendo a far percepire il tormento interiore dei protagonisti senza raccontarlo, senza inutili orpelli ma solo narrando le loro gesta, la loro vita, il loro relazionarsi con il mondo.
Al lettore arrivano le emozioni: paure, coraggio, sensazioni, rassegnazione, comprensione dei protagonisti senza mai peccare di troppa prepotente dolcezza e di pietismo.

Prevale l’animo umano in questo libro, il debole attaccamento alle cose, ai momenti, al vissuto che poi la vita in qualche modo porta via, e cosa possiamo salvare?
Ilaria Rossetti, con la voce di Gabriele, ce lo dice: «Le cose sbagliate. Le cose di passaggio. Le cose che si ameranno per sempre. Le cose in cui crediamo».


Un libro di perdite, di dolore, di conclusioni, di fine ma l’ossimoro è che nel contempo è un racconto dei per sempre, di amore infinito e di meravigliosa speranza.