Mancano ormai pochi giorni alla ripartenza ufficiale dell’attività agonistica del volley. Con un’incisiva operazione mediatica – ma soprattutto con un rilevante sforzo organizzativo – la Lega Pallavolo Serie A Femminile ha annunciato la disputa delle Final Four di Supercoppa in Piazza dei Signori a Vicenza il 5 e 6 Settembre, mentre la Lega Pallavolo Serie A Maschile ha comunicato che la finale della Del Monte Supercoppa si terrà nella spettacolare cornice dell’Arena di Verona il 25 Settembre. Dopo mesi di forzato stop di ogni attività professionistica, dilettantistica e amatoriale, causa Covid-19, il movimento pallavolistico torna dunque a sorridere, nell’attesa di rivedere in campo le migliori squadre del panorama nazionale. Inutile nasconderselo: per gli appassionati un qualunque segnale di ripartenza sarebbe stato accolto positivamente, ma la disputa dei due tornei di Supercoppa in tali cornici cittadine, è molto di più di quanto ognuno si sarebbe potuto aspettare. Non è mistero, inoltre, che il Comitato Provinciale di Verona da anni si stesse prodigando per proporre l’Arena come impareggiabile sede di eventi di pallavolo. Ha del miracoloso esserci arrivati in un periodo come questo, dominato più da rigidi protocolli anti contagio che da pallavolo giocata.
Onore dunque a tutti coloro che hanno pensato e concretizzato l’organizzazione di questi due eventi che solo poche settimane fa potevano sembrare del tutto irrealizzabili.

Un’immagine di Piazza dei Signori a Vicenza


A fronte, però, di un mondo professionistico che è già al lavoro da tempo per preparare la nuova stagione, tra budget imprevedibili, protocolli in perenne aggiornamento e nuovi accorgimenti contrattuali – su tutti, la discutibile clausola per la quale le società sportive potranno omettere di pagare compensi sportivi in caso di nuovo stop forzato dell’attività – c’è un mondo dilettantistico e amatoriale che si muove senza alcuna certezza.
I motivi sono presto detti. La prima questione riguarda la responsabilità che grava sui presidenti, sui Covid Manager e sugli allenatori. Cosa potrebbe accadere se qualcuno decidesse di fare causa alla società sportiva entro la quale malauguratamente dovesse insorgere un focolaio di Covid e, a causa di esso, qualcuno dovesse riportare gravi danni alla salute? Premesso che il rispetto dei protocolli potrà garantire una certa serenità in termini di deresponsabilizzazione ai fini legali, preoccupa il possibile avviamento di procedimenti che potrebbero avere anche risvolti penali. Difficile? Certo, ma non da escludere del tutto. In ogni caso parliamo di responsabilità e rischi a carico di persone che nella maggior parte dei casi vivono la pallavolo come hobby e attività volontaria o a parziale integrazione del proprio reddito, da considerarsi, quindi, più un rimborso spese che un vero e proprio compenso, date le cifre in gioco. Si tratta di una situazione che sconsiglierebbe di assumersi rischi sproporzionati, in ogni caso non facilmente quantificabili. Posizioni ben diverse, quindi, da chi opera in regime d’impresa che, pur assoggettato a medesime valutazioni, quantomeno ha l’aspettativa di un tornaconto tale da giustificare eventuali rischi. Così non è viceversa per la stragrande maggioranza del mondo pallavolistico e più in generale sportivo.

Il secondo punto in ordine di importanza riguarda la difficoltà di programmare l’attività sportiva nel rispetto pieno dei protocolli. In particolare, un mondo già fiaccato da una cronica mancanza di spazi palestra, vede ulteriormente ristretto per tutti dello spazio in cui svolgere le attività. Il limite dei 14 giocatori per squadra in allenamento, il massimo di 2 allenatori per gruppo – numeri che diventano ancora più ingestibili quando si parla di bambini – l’impossibilità di utilizzo intensivo delle palestre, sono solo alcuni degli scogli da affrontare nella gestione delle attività sociali. Inoltre, l’estrema difficoltà di preventivare se la stagione in avvio sarà regolare o meno, sta provocando grande diffidenza tra tutti gli attori. Tra gli sponsor, in primis già fiaccati dalla congiuntura economica, ma anche tra gli atleti – con l’occasione del Covid-19 molti hanno smesso di giocare o si sono disimpegnati – così come tra gli allenatori e le società. Si fa presto a dire #andràtuttobene, ma poi occorre pensare alle piccole realtà locali per le quali anche l’acquisto di prodotti igienizzanti può essere una spesa extra budget. Oppure, occorre immedesimarsi negli allenatori, chiamati a svolgere funzioni più tipiche delle imprese di pulizie che di un coach, con operazioni da ripetere ad ogni cambio gruppo di allenamento, ma anche obbligati ad adempimenti burocratici per poter dimostrare di aver agito secondo prescrizioni normative. Occorre, infine, entrare nella testa di quei dirigenti appassionati che si trovano demotivati nel vedere famiglie che non tornano in palestra con i propri figli, nel comprendere che, forse, non ci sarà possibilità di tornare nelle scuole a promuovere la pallavolo, oppure che stanno già facendo i conti con budget inferiori all’anno precedente. Uno scenario complessivo che, se da un lato vede l’entusiasmo degli addetti ai lavori da troppo tempo lontani dalla pallavolo giocata, dall’altro si spinge a tentoni tra un bollettino di contagi e l’altro, nell’incertezza più totale.

In questo contesto sono comunque molte le società che in qualche modo si stanno organizzando con perizia e metodo per la ripartenza. Pochi hanno già ripreso gli allenamenti, nel tentativo di offrire quell’impareggiabile servizio sociale che è quello di permettere la pratica sportiva, avvalendosi di tutta le proprie capacità finanziarie, organizzative e dell’inesauribile motore della passione individuale. I più cominceranno dopo l’avvio delle scuole, se ci sarà, attendendo di vedere quel che accadrà. Tutti nella trepidante attesa di un nuovo protocollo che giocoforza dovrà arrivare in coda al 7 settembre, data ultima di validità di quello in uso oggi.
A guardare un po’ dall’esterno la situazione, viene da porsi una domanda. Le Istituzioni ancora una volta stanno chiedendo uno sforzo immane ai singoli cittadini, ai presidenti, agli allenatori, a tutti gli addetti ai lavori, per garantire la prosecuzione di un servizio che dovrebbe essere di interesse pubblico e di tutti: la pratica sportiva. A loro si chiede di assumersi responsabilità significative senza ottenere in cambio né certezze, né riconoscimenti tangibili o tornaconti. Difficile ritenere che tutto ciò sia giusto e, soprattutto, che questo sia un contesto sostenibile nel lungo periodo. Il Covid-19 ha chiesto ad ognuno maggiore disponibilità e duttilità, nonchè capacità di far fronte alle difficoltà. Ben venga. D’altro canto, però, ha ulteriormente messo in crisi un sistema sportivo italiano che, completamente distaccato dalle scuole e dalle istituzioni, mostra tutte le sue incongruenze e inefficienze. Impensabile ritenere che lo sport di base possa sopravvivere a lungo in un contesto come quello attuale. Troppe responsabilità, troppe incertezze, alle quali si aggiunge una precaria sostenibilità finanziaria.
Godiamoci dunque lo spettacolo pallavolistico che Piazza Dei Signori e Arena sapranno senz’altro offrire e per un attimo chiudiamo gli occhi sul resto, perché ad aprirli ci sarebbe davvero di che preoccuparsi.

Foto: federvolley.it – ivolley magazine