Scuola: a che punto siamo?
Parliamo delle incognite sull'anno scolastico 2020-2021 con Beatrice Pellegrini, segretaria della CGIL FLC (Federazione Lavoratori della Conoscenza) di Verona.
Parliamo delle incognite sull'anno scolastico 2020-2021 con Beatrice Pellegrini, segretaria della CGIL FLC (Federazione Lavoratori della Conoscenza) di Verona.
Settembre si avvicina a grandi passi e molte famiglie temono la didattica a distanza, che limita il bisogno di relazione di bambini e ragazzi e ostacola il lavoro dei genitori. A che punto siamo, allora, per il fatidico rientro a scuola? Ne parliamo con Beatrice Pellegrini, docente di diritto ed economia ma, soprattutto, segretaria della CGIL FLC (Federazione Lavoratori della Conoscenza) di Verona e che, per questo ruolo, ben conosce lo stato attuale dell’istruzione pubblica e privata.
Pellegrini, la scuola riparte a settembre, in teoria appoggiandosi a strutture individuate dal Comune (per i più piccoli) e dalla Provincia (per le superiori). A che punto siamo, secondo i vostri dati?
«Siamo messi male, molto male. Ma questi problemi giungono da lontano, da Gelmini in poi si è sacrificata la scuola della Costituzione posizionandola agli ultimi posti nelle graduatorie della UE e anche dell’OCSE per investimenti in istruzione e ricerca. Una pessima tradizione di malgoverno che ha dedicato alla scuola risorse umane ed economiche inversamente proporzionali alla suprema importanza dell’istruzione. Il problema è a monte, poiché i proprietari degli edifici scolastici sono gli Enti Locali, ma questi stanno ritardando a trovare soluzioni di spazi e soluzioni per garantire un sereno inizio dell’anno scolastico. E se i Comuni si stanno un po’ dando da fare, le Province invece latitano totalmente, col risultato che tutto è stato scaricato sugli istituti e sui Dirigenti Scolastici, che sono ora impegnati a definire le condizioni di sicurezza, gli spazi necessari rispetto a quelli a disposizione, invariati. Ma non è nemmeno tutta colpa delle Province: da tempo sono state smantellate e private delle risorse necessarie. In realtà, è tutto un sistema che non funziona: le risposte sui trasporti latitano, molte cattedre sono e rimarranno scoperte, gli enti coinvolti non hanno risorse, le responsabilità sono incerte perché le direttive nazionali sono ambigue. Sento, con dispiacere, anche diffondersi una narrazione che indica le scuole e il suo personale come colpevoli dei disservizi del mondo della scuola: non è affatto vero, sono anzi le vittime di un sistema che non vuole assumersi le sue responsabilità.»
Sembra una crisi di sistema di vecchia data…
«Stiamo davvero lavorando con risorse molto ridotte e ogni anno in calo. Il risultato è che il sindacato CGIL FLC (così come gli altri), che avrebbe il compito di svolgere un ruolo di contrattazione, da anni è impegnato in un’attività di servizio quasi a sostituzione degli enti pubblici, aiutando a gestire pratiche burocratiche complesse e intricate che sono state totalmente riversate sul personale e sui Dirigenti. A Verona, per esempio, l’Ufficio Scolastico Provinciale di Verona è ridotto ai minimi termini, appena in grado di badare a se stesso e non è nemmeno composto da funzionari di professione ma da persone distaccate dalla scuola che si prendono carico di questioni delicate e complesse.»
Sui giornali si segnala il problema delle cattedre scoperte, questione aperta da molti anni ma oggi ancora più impellente. Ora si paventa pure la rinuncia di molti nuovi DS che preferiscono tornarsene a casa e al ruolo di docente, temendo di essere bloccati nel Nord in caso di seconda ondata. Il Ministro Lucia Azzolina, comunque, pare tranquillo. Possono esserlo anche le famiglie?
«Direi proprio di no. Il taglio dell’organico è il più drammatico di sempre e cade nel momento per giunta peggiore: in un anno abbiamo raddoppiato le cattedre di precari (da 100.000 a 200000) e in più accumulato una serie infinita di ritardi. Gravi ritardi nei concorsi, perché la Ministra ha voluto rimettere mano al decreto per il concorso straordinario. Ritardi anche per i supplenti chiamati al ruolo dal 20 settembre: una farsa in realtà, perché molte graduatorie sono esaurite da tempo (l’anno scorso, su 50000 posti, ne sono stati assegnati solo la metà) e questo, comunque, comporterà un’ulteriore dilazione delle chiamate in ruolo; a cascata, la chiamata dei supplenti sarà possibile dopo il 20 settembre con la rideterminazione dei posti vacanti. Certo, rinnoveranno finalmente le graduatorie di istituto, ma sono anche lì in ritardo perché manca il bando per le graduatorie provinciali. In breve: il massimo della confusione nel reclutamento avviene proprio in questo momento, con quattro mesi di didattica da recuperare.
Un disastro: le scuole rimarranno bloccate ben dopo l’inizio dell’anno scolastico. La CGIL FLC si batterà per avere ciò che serve per il buon funzionamento del sistema, a partire dalla didattica in presenza.»
La categoria dei docenti, vista l’età media (49 anni) è tra le più fragili. Si è esorditi prospettando tamponi obbligatori per tutti, oggi si parla di test sierologici su base volontaria. Di fatto, le linee guida di qualche mese fa, tanto attese, si sono rivelate così vaghe e pilatesche da lasciare molto perplessi. Come giudica la gestione dell’emergenza da parte del Ministero?
«La Ministra Lucia Azzolina, bisogna ammetterlo, è risultata totalmente inadeguata e incompetente, tanto che forse ora è stata posta sotto la “tutela” di Domenico Arcuri, commissario per la ripartenza delle scuole in sicurezza. Non ascolta chi è dentro la scuola e rappresenta quel mondo. Tutto il contrario del precedente Ministro Lorenzo Fioramonti che, purtroppo, si è dimesso in quanto evidentemente meno manovrabile dell’attuale. Anche il suo silenzio sui Recovery Fund è grave: mancano 17 miliardi per l’istruzione, ma la Ministra si impegna per cifre molto minori, insufficienti. Il miliardo messo finora a disposizione potrà garantire al massimo un docente aggiuntivo per scuola: davvero poco, com’è a tutti evidente.»
Qual è l’umore della categoria docenti?
«Sono sviliti, mortificati, amareggiati. Lo dimostra lo sciopero indetto l’8 giugno, che aveva come obiettivo proprio la valorizzazione dell’organico per garantire il diritto allo studio, non ha acceso una vera reazione da parte dei docenti. Chiedevamo un organico aggiuntivo e la velocizzazione delle procedure di reclutamento, più risorse per una ripresa a settembre effettiva in presenza»
La verità, forse, è che i docenti non sono una classe ma piuttosto un insieme di lavoratori che fanno la stessa cosa, condizionati da una professione che abitua alla solitudine nelle classi, con gli studenti. A proposito di studenti: archiviata la gestione Serpelloni, possiamo considerare la politica dei Drug test e dei Cic come primo momento di individuazione superata?
«Nelle scuole in cui il protocollo è stato approvato credo sia comunque superato dai fatti e, quindi, rimarrà lettera morta. Rimane, invece, l’auspicio che si mantenga alta l’attenzione rispetto all’informazione e alla formazione per il contrasto di sostanze alcoliche e stupefacenti.»
La valorizzazione delle autonomie può essere una soluzione?
«La regionalizzazione porta più guai dei vantaggi, anche oltre l’evidente differenziazione della qualità dei servizi a livello nazionale. Prendiamo la formazione professionale: finanziata dai contributi regionali, negli ultimi 5 anni si è vista dimezzare le risorse con l’effetto di tagli sul personale e sui laboratori. Si è risolto esternalizzando e aumentando l’orario dei dipendenti e, durante la pandemia, introducendo la Fad (Formazione a Distanza), che deve certificare il percorso. Ma stiamo parlando di studenti del professionale, che spesso sono i più disagiati perché non hanno mezzi, abitudine a un certo tipo di studio e talvolta nemmeno un cellulare, con conseguenze che le lascio immaginare. Altro esempio: il Veneto ha presentato il proprio modello operativo prima di quello nazionale, mostrando certo iniziativa: ma, di fatto, ciò comporta ancora più caos, stante che ci sono indicazioni anche in contrasto con quanto stabilito dal CTS Nazionale, come ad esempio nella distanza tra gli alunni. L’autonomia, fatta così, genera discriminazione e confusione.»
Quindi non è dall’autonomia di scuole e Regioni che possiamo sperare di reperire le risorse necessarie…
«Ci vuole chiarezza dall’alto e coordinamento su più livelli, le amministrazioni non dialogano e non c’è una regia a livello provicnciale per permette il rientro il 1° settembre in sicurezza. Non dimenticando però – e qui ritorna il ruolo originario del sindacato – che anche se in pandemia è ancora in vigore il CCNL e non si devono creare corto-circuisti sui diritti ed obblighi dei lavoratori e il sindacato pretenderà la garanzia della sicurezza per studenti e dipendenti. Il decreto Rilancio prevede la possibilità di attivare fino a 50 mila posti aggiuntivi di docenti e ATA con supplenze temporanee: lavoratori che, però, saranno licenziati senza alcun indennizzo in caso di nuovo lockdown. Non si possono risolvere i problemi strutturali della scuola trattando i lavoratori come prodotti usa e getta e pretendere, magari, che trasmettano entusiasmo e fiducia ai ragazzi.»