Nel cuore di una crisi senza precedenti, il ddl Zan riesce a procedere lungo un complesso iter per poter diventare legge.

Il testo base è stato votato dalla maggioranza, Forza Italia ha scelto l’astensione come segno di apertura, mentre Lega e Fratelli d’Italia si sono espressi contro. L’impianto giuridico su cui il ddl vuole innestarsi è la legge 654 del 1975 (detta Legge Reale), modificata poi con il decreto legge 122 del 1993, più noto come Legge Mancino, che punisce i reati e i discorsi d’odio legati alla nazionalità, all’origine etnica e alla confessione religiosa. Il principio cardine del ddl Zan è di introdurre la discriminazione per orientamento sessuale, aggiungendo azioni e gesti violenti di stampo omotransfobico e misogino, e quindi inserire le definizioni di orientamento sessuale e di identità di genere

L’assenza in Italia di una legislazione specifica contro i reati motivati da discriminazione legata all’orientamento sessuale ormai ha quasi 25 anni, a partire da quando nel 1996 Nichi Vendola, allora parlamentare di Rifondazione Comunista, propose una legge che anch’essa ampliava il testo della legge Mancino inserendo la dicitura dell’orientamento sessuale.

Il 14 luglio la Commissione Giustizia della Camera ha finalmente adottato il testo base unificato ( la proposta condensa cinque proposte presentate oltre a Zan da Laura Boldrini, Ivan Scalfarotto, Mario Perantoni, Giusi Bartolozzi) al quale entro il 16 luglio i gruppi hanno presentato i loro emendamenti. Ora si passerà al voto in merito alle osservazioni presentate e spetterà alla Commissione decidere se le note prodotte saranno accolte e solo dopo questo voto il ddl passerà in discussione alla Camera.

«Sono state presentate 1017 proposte emendative, in massima parte da Lega e FdI, accanto ad alcune proposte di riformulazione di altri gruppi politici. Si preannuncia sedute di fuoco, vogliono l’ostruzionismo.» Francesca Businarolo, deputata del M5S eletta nella circoscrizione VII Veneto 1 e presidente della Commissione Giustizia della Camera, fa un quadro cauto sulle prossime settimane. «Su ogni emendamento possono intervenire tutti i componenti di partito nell’intento di impedire al ddl di arrivare in aula. A breve faremo un ufficio di presidenza per decidere come procedere: l’aula attende il testo per lunedì 27 luglio, ma questa mole di emendamenti mette in difficoltà il lavoro della Commissione. Anche ne restassero 400 da discutere, si andrà molto avanti. Sarà un lavoro difficile.»

La maggioranza continua a essere compatta o ci sono possibili defezioni?

«Ci sono anime diverse, singole persone che possono non condividere la legge, perché è un tema delicato e muove diverse sensibilità. Però c’è compattezza nella maggioranza, si vuole portare il ddl in aula, se non proprio il 27 comunque entro luglio.»

Vede all’orizzonte Il rischio che, come già accaduto negli anni precedenti, il disegno di legge una volta in aula diventi oggetto di trattative tra schieramenti o addirittura venga archiviato per mantenere in piedi il governo?

«Anche se dovessero fare voti segreti teniamo presente che la destra non è così compatta: Forza Italia ha chiaramente preso una posizione liberale di apertura. Alla Camera non ci sono problemi di numeri, in Senato immagino qualche sponda da parte di chi non crede nella legge. Vedremo. Certo è che strumentalizzano il ddl passando per tema etico qualcosa che riguarda un diritto civile.»

L’opposizione – ma già la Conferenza episcopale italiana aveva espresso lo stesso parere quando ancora non era stato esteso il testo definitivo – parla di disegno di legge che impedirebbe la libertà di opinione e contesta l’esistenza di un’emergenza sociale, riportando persino una riduzione del fenomeno.

«Il benaltrismo è uno sport molto praticato. Anche questa realtà sociale è un’urgenza se ogni legislatura da 25 anni si ritrova a discuterne. L’opposizione contesta i numeri, parla di dati forniti dalle procure e dalle stesse associazioni che non raggiungerebbero le 400 aggressioni all’anno. E ciò sarebbe sufficiente per definire la cosa non urgente. In realtà il sommerso è di più, quel numero è la punta dell’iceberg. La realtà è fatta di persone non tutelate, che hanno paura di esporsi, non denunciano, sono prive di uno strumento giuridico che le aiuti. È quindi urgente e siamo in ritardo.»

Alcune associazioni contestano che al testo manchi tutto un apparato di supporto specifico per le vittime, con centri antiviolenza, fondi specifici per chi necessiti di protezione…

«Il fondo invece c’è, è stato inserito nel decreto Rilancio approvato ieri in Senato, che prevede un sostegno specifico alle vittime di violenza. Capisco le osservazioni, però io sono per portare a casa il risultato. Per alcuni forse non sarà il massimo ma occorre incontrarsi con le altre forze e mediare. Finalmente avremo una legge sui reati d’odio.»

Con una mozione si è espresso anche il Comune di Verona, che il 9 luglio ha approvato la proposta del consigliere Andrea Bacciga con una maggioranza di 21 voti a favore, 11 astenuti e 6 contrari. Che ne pensa?

La maggioranza del Comune di Verona si era già distinta per prese di posizione da me distanti. La mozione mi ha stupito fino a un certo punto, ho solo notato che è stata fatta alla vigilia dell’11 luglio, giorno in cui era prevista una manifestazione in molte piazze dei movimenti contrari alla legge, uniti dallo slogan “restiamo liberi”. Mi è parsa semplicemente una bandierina elettorale per ricordare a tutti la loro presa di posizione.»