Ci sono sconfitte che, in ultima analisi, servono a dare una scossa. Altre che infastidiscono, soprattutto se viziate da fattori esterni. Infine, ce sono altre ancora che addolorano. Di solito queste ultime maturano nei finali di gare in cui, pur magari senza brillare particolarmente, si è comunque restati in partita senza particolari difficoltà, magari al termine di prove votate a portare a casa l’intera posta. Quando poi arriva la doccia fredda, più che il rimpianto, il sentimento che prende corpo è quello della tristezza. Visto con gli occhi di Alfredo Aglietti e dei suoi uomini, l’uno a zero subito dalla Cremonese pare ascrivibile a quest’ultima casistica.

I gialloblù tornano dallo “Zini” con un malinconico nulla di fatto in termini di punti. Non consolano le statistiche della gara, che dicono che Emanuele Zuelli e compagni hanno fatto la partita e sono stati, soprattutto nel primo tempo, gli unici gestori della palla con la formazione di Pierpaolo Bisoli ad inseguirli. Possesso, tiri in porta e tiri a lato, falli a favore, calci d’angolo: il Chievo di ieri sera ha prevalso in tutte le specialità tranne una, che nel calcio è quella che fa la differenza. Se non si segna, non si vince. Tutto il resto, per quanto gradevole, diventa un effimero indicatore di potenzialità, dinamismo e organizzazione. Numeri talmente favorevoli che, per paradosso, finiscono per enfatizzare la sterilità di Filip Djordjevic e colleghi. Che arrivano fin lì, in area, ma poi trovare spazio per scollinare oltre quei sedici metri finali assume le sembianze di una sorta di scalata dell’Everest.

Inseguire è una condizione notoriamente disagevole. Scivolato fuori dalla zona playoff, il Chievo è atteso da quattro gare per molti versi impronosticabili. Più che la fatica e le eventuali incognite per le rotazioni limitate in caso di assenze, il calcio insegna che piuttosto conterà l’approccio e l’esperienza di chi scenderà in campo. Le motivazioni e, al contrario, la paura di non farcela, in questo caso potrebbero diventare un fattore.

Torschlusspanik è uno di quei termini in tedesco che nella lingua di Goethe permettono di riassumere stati d’animo o emozioni a cui è complicato dare un nome. Letteralmente significa “panico della porta chiusa”, traducibile in quella pressione che compare quando una scadenza o un obiettivo, ritenuto alla portata, sembra all’improvviso sfuggire di mano e di conseguenza affievolirsi le possibilità di raggiungerlo. Un po’ come quando s’inizia a temere di arrivare tardi alla partenza del treno e cresce la preoccupazione di perderlo. Da venerdì sera a Castellammare di Stabia Aglietti dovrà essere bravo a gestire il Torschlusspanik che potrebbe palesarsi nei suoi uomini, per quanto la necessità appaia più pratica che metaforica. Per arrivare ai playoff, sarà piuttosto il Chievo a dover aprire le porte: quelle avversarie.

(Photo by Marco M. Mantovani/Getty Images for Lega Serie B) per concessione da AC ChievoVerona