Cinema aperti il 15 giugno? Sì, no, forse.
La data non è ritenuta idonea dal settore, che lamenta al ministro Franceschini l'inadeguatezza delle misure per la riapertura. E non basteranno le arene estive a dare ossigeno al comparto.
La data non è ritenuta idonea dal settore, che lamenta al ministro Franceschini l'inadeguatezza delle misure per la riapertura. E non basteranno le arene estive a dare ossigeno al comparto.
Quando con l’ultimo dl Rilancio il premier Giuseppe Conte ha annunciato che il 15 giugno si sarebbero potute riaprire anche le sale cinematografiche abbiamo intimamente esultato, sapendo che presto avremmo ricominciato a rivedere i film sul grande schermo, nel loro habitat naturale. Pochi giorni dopo, con un articolo uscito su questa testata, Marco Triolo ipotizzava persino quali titoli avremmo potuto vedere presto nei cinema, fra uscite italiane, europee e d’oltreoceano. Peccato, però, che tutto questo, molto probabilmente, sia soltanto una pia illusione.
La realtà, ascoltando l’opinione chi vive di cinema e soprattutto i cinema li gestisce, appare purtroppo ben diversa. Lo scopriamo dalle parole di Lucia Botturi, titolare del cineforum Charlie Chaplin di Verona (che comprende i cinema Pindemonte, Fiume, K2 e Diamante), ma che in qualche modo rappresenta l’intera categoria di gestori di sale cinematografiche italiane.
«Siamo passati da un momento di grande speranza a uno di grande sconforto – ci ha rivelato al telefono –. Con le arene estive sapevamo già che da giugno saremmo potuti ripartire e così in effetti sarà, trattandosi di attività che si svolgeranno all’aperto. L’annuncio del premier della riapertura delle sale per il 15 giugno, invece, è stata una sorpresa per tutti. Nessuno, fino a quel momento, paventava anche lontanamente la riapertura in quel mese e questo per un semplice motivo: non ci sono titoli per sostenere il mercato, titoli che non arriveranno prima di metà luglio. Anche volendo proiettare film in seconda visione, però, a metterci in grossa difficoltà sono le linee guida per applicare i protocolli sanitari all’interno delle sale, che risultano quasi impraticabili e comunque molto onerosi per noi esercenti.»
Riassumendo, dunque, non ci saranno subito film accattivanti in grado di riportare il pubblico con assiduità nelle sale da una parte, e visti gli oneri sanitari gli esercenti rischiano seriamente di doverci rimettere, dall’altra. «Sono in contatto con l’Anec, l’Associazione nazionale degli esercenti cinematografici, e mi sono anche confrontata con i colleghi di Verona – spiega ancora Botturi –. La sensazione che ho è che nessuno di noi, effettivamente, alzerà la serranda già il 15 giugno, se non forse i multiplex che hanno alle spalle multinazionali molto forti e possono permettersi di aprire almeno alcune sale dei loro centri.»
L’Anec ha inviato in questi giorni una lettera firmata dal suo presidente Mario Lorini al Ministro per i beni e le attività culturali Dario Franceschini per spiegare le proprie “perplessità” sul provvedimento: «siamo a ribadire fermamente l’inaccettabilità delle misure previste per l’esercizio cinematografico», si legge nel documento. «Nelle interlocuzioni dirette con Lei e con i suoi più stretti collaboratori avevamo già evidenziato e comunicato come le risultanze del verbale del comitato tecnico scientifico prefigurassero una insostenibilità economica ed operativa nel modello di business sala. Fortissimo il rischio di un negativo impatto sul livello occupazionale, che al termine delle settimane coperte dagli ammortizzatori sociali potrebbe vedere le aziende in forte sofferenza nella gestione degli oneri relativi ai lavoratori, a queste condizioni, in eccedenza. La pubblicazione dei succitati protocolli all’interno degli allegati del Dpcm, in relazione alle soluzioni previste per le altre categorie merceologiche ed attività commerciali, ci ha profondamente sorpreso e deluso tanto da farci pensare ad un errore, visto e considerato il generalizzato allentamento delle misure sanitarie per tutte le attività produttive rispetto alle bozze inizialmente rese pubbliche. (…) A ogni categoria è stato concesso il tempo per l’interlocuzione sui protocolli, mentre per quanto ci riguarda abbiamo rincorso le decisioni che erano in emanazione al fine di contenere misure ancor più restrittive, senza quindi aver avuto possibilità di concertazione, anche con i tavoli tecnici preposti. È per noi di primaria e rilevante importanza evidenziarLe come con queste soluzioni l’intera industria cinematografica non può partire e non ripartirà».
Nello stesso documento viene chiesto con insistenza al Ministero di considerare alcune correzioni ai protocolli. Fra le varie richieste c’è quella di rivedere innanzitutto la questione degli avventori appartenenti allo stesso gruppo familiare, che non ha certo senso farli sedere distanziati fra loro, ma anche quella di rivedere il divieto di vendere prodotti da bar all’interno delle sale, quando ormai gli stessi bar e ristoranti, già a partire da lunedì scorso 18 maggio, hanno potuto aprire la loro attività, all’interno e all’esterno.
«Noi vendiamo prodotti confezionati e riteniamo che sia una decisione non corretta, che ci penalizza molto – precisa Lucia Botturi. – Al di là di questo aspetto, però, a tutti noi questa decisione del Ministero di far riaprire la nostra attività il 15 giugno non ha tenuto conto delle tante proposte che in questi mesi abbiamo fatto. Tutto ciò compromette fortemente l’immagine e la considerazione che il pubblico ripone nell’attività dell’esercizio cinematografico e ne mina il già complesso percorso di ripartenza. Purtroppo, infatti, si sta affermando il concetto che il cinema sia un ambiente pericoloso, ma in realtà non è così. La visione in sala, distanziata, con la mascherina, per un paio d’ore in cui si guarda in silenzio un film in un ambiente sanificato e pulito non comporta rischi. Sta passando, al contrario, un messaggio di puro terrorismo e la ripresa, per noi, a queste condizioni non sarà per niente facile. Il 15 giugno noi apriremo di certo l’Arena Estiva e forse il Fiume, perché è attiguo e può fungere da supporto, ma la domanda è: con quali titoli? Forse solo con qualche vecchio film, ma quasi sicuramente lavoreremo in perdita.»
In attesa di una risposta da parte del Ministero, la stessa Anec, nel frattempo, ha deciso di sospendere l’attività promozionale delle sale all’aperto (Moviement Village) che avrebbe sostenuto e promosso con una campagna l’apertura delle arene estive. Le casse integrazioni, peraltro, in gran parte non sono ancora state pagate per i collaboratori e in questo senso, visto che fra non molto scadranno, ci si attende dal Ministero almeno una proroga. Un ulteriore macigno sull’intero comparto.