Il diritto al teatro fuori dagli schermi
A "Succede alle 31" con Alessandro Anderloni si è parlato di teatro nelle scuole e nel carcere, di voglia di riprendere tutti i progetti fermi per l'emergenza Coronavirus e di Dante a Verona.
A "Succede alle 31" con Alessandro Anderloni si è parlato di teatro nelle scuole e nel carcere, di voglia di riprendere tutti i progetti fermi per l'emergenza Coronavirus e di Dante a Verona.
«”Il diritto al teatro” è un titolo che ci provoca perché è un concetto sacrosanto. Non si tratta, infatti, soltanto di diritto di andare a teatro, ma anche quello, di tutti, di poterlo fare. In particolar modo dei bambini. Nella “Dichiarazione dei Diritto del Fanciullo” del 1923 è inserito il diritto dei giovani all’educazione e io vorrei che si tendesse anche per i bambini e gli adolescenti il diritto di essere avvicinati alle arti dello spettacolo (teatro musica danza) che sono ahimè così trascurate nell’ordinamento scolastico italiano.» Con queste accorate parole Alessandro Anderloni, attore, autore, scrittore, direttore artistico e regista veronese, ha esordito a “Succede alle 31”, la diretta quotidiana che proprio sabato 16 maggio ha festeggiato il primo mese di appuntamenti live.
Molte sono state e tematiche affrontate nella consueta mezzora, partendo dalla passione del regista per il teatro, iniziata sui banchi di scuola: «Da quasi trent’anni collaboro con le scuole e con progetti di educazione. Ho iniziato a scuola ad amare il palcoscenico. I miei ricordi si perdono alle scuole elementari di Velo Veronese, dove le insegnanti organizzavano messe in scena divertenti. Da adolescente ho iniziato anche a scrivere sceneggiature e dopo la laurea in Lettere ho capito che il mio posto non era dietro alla scrivania ma in una palestra per fare teatro».
In questo momento, in cui il Coronavirus ha bloccato le vite di tutti, anche il teatro scuola si è congelato: «Per la prima volta in questo maggio, dopo 22 anni, mi ritrovo a non avere spettacoli da portare in scena. In questi anni sono stati 4.500 i giovani delle scuole coinvolti. Quanti volti, quante voci, quante esperienze tornano nella mia memoria. Il teatro scuola è fondamentale. Perché è democratico. È molto diverso da un corso di teatro: nella scuola primaria e secondaria si lavora con una classe, dove anche la persona più refrattaria si mette in gioco. La scuola permette di avvicinare culture, religioni ed esperienze diverse. Il percorso che si è interrotto a marzo e vedeva un calendario fitto di impegni: stavamo preparando sette spettacoli, con più di 400 giovani, da portare in scena. È un vuoto – ha spiegato –. Questi giorni sono un concentrato di lavoro per andare in scena più avanti. Quello che mi manca di più è poter vivere le prove, il palcoscenico con quei bambini». E la didattica a distanza non può essere la regola: «Dobbiamo uscire il prima possibile dagli schermi. Non incontrandoci si sono fermati anche i testi, che nascono dal lavoro con i bambini e le bambine. Ho visto i volti dei più piccoli molto mesti con gli occhi spenti. Apprezzo le insegnanti che hanno tentato di tenere insieme questa comunità. Come l’insegnamento anche il teatro deve essere fatto in presenza. Dateci una palestra, un cortile, un’aula, se occorre facciamo diventare le mascherine una maschera teatrale».
Nel 2021 verranno celebrati i 700 anni della morte di Dante. Anderloni da sempre avvicina il suo pubblico, in varie esperienze teatrali, al Sommo Poeta che era tanto legato alla nostra città, dove ha vissuto e tratto ispirazione per le sue opere: «Verona è la città di dante e non lo sa – ha raccontato –. Porteremo sull’Adige a settembre con il Purgatorio, nel percorso iniziato l’anno scorso al Lazzaretto con l’Inferno e che si concluderà nel 2012 con il Paradiso. Stavo lavorando con due scuole primarie di Verona, la Giuliari, dove più di 150 bambini e bambine si stavano preparando per portare sul palco la vita di Dante, e la Rubele, dove altrettanti giovani si stavano impegnando nel tema “Dante a Verona”».
Non solo a scuola, ma anche in carcere il regista ha portato il teatro: «Il progetto in carcere è nato nel 2014 con la direzione della Casa circondariale di Montorio e il sostegno della Fondazione San Zeno: un laboratorio settimanale che coinvolge decine di detenuti e detenute assieme anche agli studenti delle scuole di Verona. L’anno scorso, sempre sul tema dantesco abbiamo realizzato Nella città dolente, lo spettacolo dedicato all’Inferno. Maria Grazia Bregoli, la direttrice del carcere, ci ha dato la possibilità di allestire la rappresentazione nei corridori del carcere. Se nel carcere possono nascere iniziative di tale portata culturale significa che la città “non è dolente né chiusa”. Entro il 2020 realizzeremo il secondo capitolo di questa esperienza dal titolo Libertà va cercando, dedicato al Purgatorio. Nel 2021 spero di portare in scena lo spettacolo dedicato al Paradiso.»
Il regista ha infine speso parole di preoccupazione per il Lessinia Film Festival: «Non possiamo prendere decisioni. Stiamo valutando diverse ipotesi per riuscire a portare la manifestazione dal vivo e parallelamente sugli schermi. Siamo in un momento in cui l’attesa è obbligatoria. Questa 26esima edizione segnerà la storia. Ci sono però molti piccoli festival in sofferenza. Sosteniamo le piccole realtà che spesso sono di elevatissima qualità. Se arriveranno i finanziamenti le istituzioni inizieranno con le grandi fondazioni, che meritano certamente, ma via via che la scala si rimpicciolisce per i più piccoli non resterà nulla. Invertiamo questa scala. In montagna si sa che quando il sottobosco è sano sono sani anche gli alberi centenari. E lo stesso vale per il sottobosco degli spettacoli».