L’ora della responsabilità
Arriva la tanto agognata "libertà", pur con gli inevitabili paletti. Cerchiamo di meritarla. In un Paese "campione del mondo" di scaricabarile, occorre che ora ognuno faccia la sua parte, senza eccezioni.
Arriva la tanto agognata "libertà", pur con gli inevitabili paletti. Cerchiamo di meritarla. In un Paese "campione del mondo" di scaricabarile, occorre che ora ognuno faccia la sua parte, senza eccezioni.
Lontani i tempi in cui eravamo un popolo di sessanta milioni di commissari tecnici. Il calcio è fermo da oltre due mesi e per quanto ci riguarda può anche restarci. E continuare a lacerarsi nei litigi. Tanto, quella è la cosa che ai nostri signori del pallone riesce meglio. Anziché ostinarsi a riprendere con idee balzane una stagione già ampiamente compromessa, fossimo in loro penseremmo a mettere in sicurezza la prossima. La Bundesliga tedesca è intanto l’unico campionato in Europa ad essere ripartito. La scaletta proponeva un interessante incrocio nel bacino della Ruhr tra Borussia Dortmund e Schalke 04, un derby della tradizione; sì e no cinque minuti e abbiamo cambiato canale. Una desolazione. Se per voi quello è calcio, tenetevelo. Meglio, molto meglio le vecchie partite che manda in onda Raisport. Una ripassatina alla storia fa sempre bene.
Veniamo a noi. Se la Fase 1 ha svelato al mondo sessanta milioni di virologi, con il passaggio alla Fase 2 abbiamo avuto una folgorazione a scoprire come tutti quei dotti, medici e sapienti si siano trasformati in fior di economisti. Ognuno con la sua ricetta di macro e micro economia per il New Deal del Belpaese, una pletora di bocconiani, ma nel senso che la materia la masticano a spizzichi e bocconi. E che avevate capito… Tirato per la giacchetta e temendo una rivolta di piazza cavalcata da qualche tigrotto alla guida di questa o quella regione, il governo ha ceduto alla pressioni e ha allargato la cinghia. Una resa. Annunciata del resto, dalla stesa debolezza sui cui si dimena l’alleanza giallorossa alla guida del Paese. Sostenuto dai giornaloni, le cui linee editoriali nelle ultime due settimane han girato come bandierine al vento, il mondo dell’impresa ha vinto la sua partita e ha avuto ciò che voleva. Si riparte, nel segno del sciur Bonomi, nuovo leader di Confindustria, uno il cui progressismo ha solo la marcia indietro; uno che quando lo senti parlare pensi a Gian Maria Volonté in “La classe operaia va in Paradiso” e due domande te le fai. Liberi tutti, quindi. Evviva. Festeggiamo la libertà ritrovata e sventoliamola in faccia a quel sadico e tracotante tiranno di Giuseppe Conte che ci ha tenuti soggiogati per oltre due mesi; in barba pure ai comitati scientifici che predicavano e auspicavano cautela e una riapertura per gradi. Anche loro si sono arresi al coro del “ghe pensi mì”.
Accerchiato e sotto assedio: che i potentati abbiano deciso di mandare a casa il povero Giuseppe Conte è sin troppo evidente. Che siamo l’unico paese occidentale a cadere in una simile tentazione in un momento complicato come questo, pare non importare a nessuno. D’altronde se dalla fine della Prima Repubblica ci hanno insegnato a ragionare di pancia, non è nemmeno così sorprendente. Qualche errore “l’avvocato del popolo” lo avrà anche fatto, vivaddio, ma bisognerebbe almeno avere l’onestà di riconoscergli che addosso gli è crollato un meteorite e lui in qualche modo lo ha fronteggiato. Lo hanno attaccato per i sui affondi ai due leader di opposizione: eppure levate di scudi quando Giorgia Meloni gli ha dato pubblicamente del “criminale” non ne abbiamo sentite. Lo hanno pure dileggiato sciabolandolo su sofismi lessicali che lasciano il tempo che trovano. Gli imputano toni paternalistici quando raccomanda prudenza e senso di responsabilità a un popolo che a fronte di un’endemica allergia alle leggi, mostra una diabolica abilità ad aggirarle. E che diavolo avrebbe dovuto dire di fonte alle passeggiatine di massa ai Navigli o alla spiaggia di Mondello affollata come a Ferragosto. Felicitarsi e applaudire…?
Non basta. Abbiamo sentito persino Massimo Giannini, il neo direttore de La Stampa che fino a due settimane fa dalle colonne del La Repubblica difendeva l’operato di Conte a spada tratta, accusare il governo di aver dispensato tramite il Decreto Rilancio troppi denari a pioggia per accontentare tutti. Roba che vien da sorridere, se non da piangere per come è ridotta l’indipendenza del giornalismo in questo Paese. E allora diciamo la verità, il piano è già stabilito: Conte lo si cucina a fuoco lento nei bollori estivi, gli si dà il benservito in autunno, e in sella a un governissimo di unità nazionale monterà quel Mario Draghi che in tempi non sospetti Salvini voleva impiccare come servo degli aguzzini tecnocrati di Bruxelles. La storia dirà.
Intanto entriamo nel punto cruciale di questa benedetta Fase 2. È giunta l’ora del buonsenso e della responsabilità. E quella è roba che spetta solo a noi dimostrare di avere. Abbiamo riavuto la libertà, facciamo almeno vedere di meritarla. Da noi lo scaricabarile è uno sport nazionale che offre picchi di eccellenza. Campioni del mondo. Qui non siamo però al Fil Rouge di Giochi Senza Frontiere sotto gli occhi vigili di Guido Pancaldi e Gennaro Olivieri. Questo non è più tempo di addossare colpe ad altri. Troppo facile. Adesso tocca solo a noi. Che almeno questo sia chiaro e che da lassù qualcuno guardi magari finalmente in basso e ce la mandi buona. In questa prima metà di 2020 non lo ha fatto. Se c’è, batta allora un colpo. Possibilmente sul cuore.