L’emergenza Coronavirus ha provocato repentini e imprevisti mutamenti nelle esigenze dei consumatori, trasformando così il mercato. Se per molte aziende il 2020 sarà un anno di sacrifici e di enormi difficoltà legate al crollo dei ricavi, per alcuni imprenditori potrebbe essere l’occasione per sviluppare il proprio business e idearne di nuovi. Abbiamo coinvolto in queste valutazioni Enrico Pandian, startupper e fondatore di FrescoFrigo srl.

Enrico Pandian

Enrico, si definisce uno startupper. In concreto, ci spieghi cosa significa e che qualità ci vogliono per interpretare al meglio il ruolo?
«Fondo le aziende, le conduco quanto basta perché possano camminare da sole e poi nel tempo mi defilo per dedicarmi ad altre iniziative. Ci vuole capacità di immaginare e prevedere il futuro a tre-cinque anni, credo di avere questa attitudine. Inoltre, dico che ci vuole anche una buona dose di stupidità, intesa come la determinazione di porsi controcorrente, a dispetto delle opinioni comuni, ma utilizzando l’intuito. Quasi sempre si può essere vincenti anticipando i tempi e realizzando ciò che gli altri ancora non fanno. Supermercato24, una delle iniziative d’impresa di cui sono stato fondatore e nella quale ricopro attualmente il ruolo di socio, è nata così. Ho intrapreso una strada che tutti i principali esperti di settore mi sconsigliavano di affrontare.»

Approfondendo il suo percorso imprenditoriale, si affida molto al modello Business Angel per avviare un’impresa: imprenditori e manager che aiutano le idee a strutturarsi attraverso capitali e professionalità. Come mai in Italia, contrariamente all’estero e in particolare al mondo anglosassone, ancora non si è diffuso capillarmente questo meccanismo?
«Le aziende in Italia sono soprattutto piccole e medie imprese a gestione familiare che hanno sempre avuto l’eccellente dote di saper utilizzare al meglio l’olio di gomito, il proprio lavoro. Sono però poco avvezze alle logiche e alle tecniche della finanza. Nella quotidianità agiscono limitandosi agli strumenti tradizionali. Invece ci sono svariate opportunità, il mondo sta cambiando, anche abbastanza velocemente. Inoltre, culturalmente abbiamo da sempre veicolato il risparmio privato verso la borsa, verso le grandi aziende quotate. Non abbiamo sufficiente fiducia per prestare soldi all’imprenditore della porta accanto, magari pronto per realizzare un’ottima idea d’impresa. Solo i manager, dopo una carriera intensa e remunerativa, investono una parte del capitale agendo come Business Angel. Prevedo che questi meccanismi andranno ad alimentare ogni anno di più il mondo impresa.»

Veniamo a FrescoFrigo srl, di recente costituzione, operante nel settore Food e formata da una squadra di lavoro giovane e intraprendente. Come la presenterebbe brevemente e in che misura risulta un’azienda in linea con il Covid-19?
«L’azienda è nata da una mia personale convinzione e consapevolezza. Per attrarre gli investitori, e in particolar modo quelli stranieri, occorre puntare sulle nostre eccellenze. In Italia siamo notoriamente leader nel Food, ad esempio, meno si sa che siamo secondi al mondo nella distribuzione automatica dopo il Giappone. FrescoFrigo nasce da questi presupposti, stiamo cercando di creare un nuovo mercato per il mondo della ristorazione a cui servono nuovi sbocchi, nuovi canali alternativi. Risulta evidente ancor di più oggi con il Covid-19, con tutto il settore fermo. FrescoFrigo, attraverso l’installazione e il quotidiano approvvigionamento dei distributori automatici, offre l’opportunità di aprire un metro quadro di ristorante in un ufficio o in un complesso residenziale, rendendo disponibile a tutti un pasto completo e di qualità, bypassando ogni questione legata al distanziamento sociale. Il Covid-19 ci ha obbligato ad un balzo di cinque anni e non torneremo indietro.»

A livello logistico, quali sono le maggiori problematiche da gestire in FrescoFrigo?
«L’aspetto logistico è uno dei punti di forza dell’iniziativa. La logistica di rifornimento dei distributori è molto semplice. Mediamente ogni frigorifero contiene 500 euro di prodotti, in questo modo rifornire il singolo distributore risulta conveniente perché il costo di trasporto viene meglio assorbito rispetto a qualunque altro sistema di consegna a domicilio. Ovviamente la strategia vincente sarà quella di aumentare il più possibile la presenza del nostro prodotto in uno specifico territorio, in modo da ripartire su più frigoriferi il costo di approvvigionamento.»

Come ha cambiato il vostro posizionamento questa epidemia e quali opportunità eventualmente si stanno verificando sul mercato?
«Stiamo registrando una fortissima accelerazione nel residenziale, abbiamo già installato 29 distributori dall’inizio della pandemia. Il frigorifero residenziale è per giunta molto redditizio. Siamo contenti che il mercato stia comprendendo che la presenza di un distributore, a prescindere dalla specificità del momento, sia davvero un servizio in più ai condomini.»

Come startupper e imprenditore sempre alla ricerca di nuove opportunità, avrà senza dubbio ipotizzato alcuni scenari a medio lungo termine, una volta finita l’emergenza. Cosa accadrà, secondo lei?
«Sono convinto che i trend, una volta avviati, prenderanno forza e in generale non torneremo indietro al punto di partenza. Come dicevo, il Coronavirus ci ha obbligato a un salto in avanti di alcuni anni e, una volta fatto, ci troveremo a vivere scenari diversi da quelli attuali. Ritengo, ad esempio, che il tema della sicurezza alimentare sarà fondamentale nel prossimo futuro. Occorrerà identificare e sviluppare dei sistemi per comprare cibo che sia veramente sano. Sicuramente poi, avranno benefici tutte le attività d’impresa che sapranno intercettare le nuove esigenze legate allo stare a casa, alla riscoperta degli spazi domestici come luogo in cui anche lavorare o allenarsi. Sarà, per certi versi un nuovo mondo, in cui si riaffermerà la centralità della città»..

Chiara Ferragni

Un’ultima domanda: quale impresa non ha mai realizzato, ma almeno idealmente le piacerebbe avviare?
«In Italia abbiamo una sorta di unicorno: Serendipity srl gestisce il marchio Chiara Ferragni, influencer dal valore inestimabile nel settore moda. Mi piacerebbe che si potesse per certi versi replicare questa idea nel settore food, dove non abbiamo situazioni analoghe.»