L’ascesa di Giorgia Meloni nei sondaggi: riflessioni sull’idea di Nazione che ci aspetterebbe in caso di vittoria dell’ideologia di Fratelli d’Italia.

Mentre il governo Conte vede crescere mugugni e insofferenza, mentre Salvini si agita alla ricerca del perduto tocco magico, mentre Renzi si autoproclama portavoce dei morti di Bergamo, Fratelli d’Italia, zitto zitto, è al 14,9% (rilevazione 4 maggio. Fonte: SVG per “La7”-Mentana). Lontano certo dalla Lega (in calo, 27,3; -0,9), ma può comunque aspirare a diventare ago della bilancia e, in politica, non si sa mai: Craxi divenne presidente del consiglio nel 1983 col suo PSI all’11%.

A differenza di altri partiti molto liquidi, però, FdI ha un quadro ideologico ben preciso e, vista l’aria che tira, vien da chiedersi: cosa ci aspetterebbe con una Giorgia Meloni come forza propulsiva di un prossimo governo? Proviamo a ragionare, quindi, sui contenuti del suo discorso tenuto il 3 febbraio 2020 all’Hotel Plaza nell’ambito della National Conservatism Conference, evento internazionale della Edmund Burke Foundation.

Il suo progetto ideologico – dichiarato nel discorso – è, come si sa, sintetizzabile in quel “Dio, patria, famiglia” di sapore mazziniano ma, soprattutto, di un ritorno a una politica che detti la morale ai cittadini, con un forte accento sui doveri sociali nei confronti di un modello civile – a suo dire oggi imperante – in cui l’individualismo starebbe minando alcuni elementi intoccabili di questa visione. Il riferimento a J.R.R. Tolkien è non solo non casuale ma anche caro al passato della destra missina, come dimostrano i Campi Hobbit del “Fronte della Gioventù” alla fine degli anni Settanta: un mondo, quello dell’autore de Il Signore degli Anelli, che si difende da un nemico che è il male assoluto, Sauron. Una visione, quella della Meloni, che esprime lo smarrimento e la paura per un futuro tecnologico che nella storia non ha precedenti ed è sempre meno prevedibile; di contro, vagheggia un ritorno al passato nei valori sociali e nella riduzione degli orizzonti.

Giorgia Meloni e Matteo Salvini il 10 febbraio scorso

Paura che ritorna con il tema della temuta islamizzazione dell’Italia, del pericolo dell’autodeterminazione del fine vita, della distruzione della famiglia naturale a favore dell’utero in affitto e delle famiglie non eterosessuali.

Valori identitari che si riflettono nel recupero del cristianesimo cattolico, nell’assunzione nel pantheon dei conservatori di Giovanni Paolo II e nella stigmatizzazione dell’indirizzo dell’attuale concezione della vita, figlia di una democrazia nichilista priva di identità morale che, per la presidente di FdI, porterebbe necessariamente alla libertà del mondo moderno di drogarsi, abortire, uccidere i malati.

Riduzione degli orizzonti in sintonia con l’attualità, specie in tempi come questi di scetticismo nei confronti dell’UE: FdI propone l’idea di una lassa confederazione di Stati sovrani che collaborino sì, ma ciascuno nel rispetto dell’economia, dei valori e delle tradizioni dell’altro, contro i famosi “Poteri forti” che vogliono uniformare l’orizzonte ideale e identitario dei popoli anche attraverso il condizionamento delle loro economie. La Meloni, perciò, appoggia le svolte autoritarie di Orban in Ungheria e la linea di Jarosław Kaczyński in Polonia.

Programma ambizioso e non privo di fascino, che ci restituisce un’Italia ottocentesca, anni Trenta, fors’anche anni Cinquanta alla Don Camillo (1952) o alla Piccolo mondo antico di Fogazzaro. Scenario rassicurante, pulito e che profuma di tranquillità, pace, fiori campo che ondeggiano mentre il treno porta i bambini in colonia. Una sorta di idealizzazione del mondo dell’infanzia. Tuttavia, le incongruenze non mancano.

La scelta della Meloni, alla National Conservatism Conference, di dichiarare guerra ai Poteri forti in nome della sovranità nazionale fidando nella benedizione di Trump, si scontra con il fatto che le maggiori multinazionali e le agenzie di rating (quelle che spesso sotto pressione il nostro paese) sono proprio americane. Curiosa, quindi, la scelta di chiedere la fine del progetto europeo in nome della libertà proprio a quelli che condizionano il mercato finanziario da anni; e curioso, pure, scegliere come alfieri della libertà gli USA, i primi a trarre vantaggio da un’Europa divisa e debole come nel secondo Dopoguerra e che non hanno esitato a scatenare una sanguinosa (soprattutto per l’Italia) guerra dei dazi.

Suggestivo ma improbabile, poi, il progetto di una confederazione di Stati europei che, pur privilegiando i propri interessi nazionali, sia concorde nell’interesse comune. La Polonia e l’Ungheria, presi a modello dalla Meloni, sono proprio gli Stati di quel Visegrad (insieme alla Slovacchia e alla Repubblica Ceca) che, in tema di immigrazione, ha negato solidarietà all’Italia (e a Salvini, che pure a loro faceva riferimento) in un momento particolare di difficoltà. La realtà è che – e c’è la questione dei sequestri delle mascherine per gli altri Paesi – una somma di egoismi non produce solidarietà.

Il fulcro del progetto demanda al Cattolicesimo l’orizzonte valoriale, oggi in fieri. Può parere discutibile la scelta di Giovanni Paolo II come modello, visto i trascorsi col feroce dittatore cileno Pinochet, ma è indicativa di una scelta di campo: lotta al Comunismo e ai diritti civili come aborto ed eutanasia (ma non lo sono ancora in Italia); battaglie condivise anche da Ronald Reagan, altro personaggio santificato nella National Conservatism Conference di Roma. Non le spiaceranno poi, probabilmente, le ultime uscite di Ratzinger su omosessualità e aborto. Spiace, però, vedere come Meloni non dia alcuna chance a quel mondo ideale che è l’humanitas laica, il vero e originale prodotto del genio italico del Rinascimento italiano, la piena fiducia nelle possibilità dell’essere umano. Ma questa sfiducia è giustificata dalla valutazione pessimista della natura dei propri concittadini (una lettura quasi machiavellica): individui che, lasciati liberi di autodeterminarsi, danno il peggio di sé mentre i popoli, specie se guidati da un uomo della provvidenza che incarnerebbe la Tradizione (in senso evoliano), tenderebbero naturalmente ad esprimere il meglio della comunità e collaborerebbero in armonia. Peccato, però, che la storia anche recente ci dica ben altro.

Oggi, il nostro stile di vita, secondo la presidente di FdI, è figlio del pensiero moderno e nichilista (come afferma in un suo tweet) e, secondo lei, tutti gli uomini nei cui petti non soffia forte il vento della Tradizione, come frutti di pianta malata, sono perennemente occupati a drogarsi, abortire, uccidere i malati: ciascuno di noi può valutare quanto sia una percezione realistica e quanto la proposta di FdI sia auspicabile per il nostro Paese.

Ma le domande di fondo restano: lo Stato, o meglio la società, dev’essere un contenitore in cui esprimere liberamente se stessi o può – o deve – dare un obiettivo comune a cui sacrificare parte o tutto della nostra libertà? Come l’essere interdipendenti genera diritti e doveri tra individui? Esiste un obiettivo di specie o di popolo a cui tendere? La politica (come in nord Europa) dev’essere neutra amministrazione o, come nell’est Europa, padre duro ma giusto da amare e temere?

(Le foto provengono dal profilo Facebook pubblico di Giorgia Meloni)