La fatica delle palestre
Gli impianti sportivi al chiuso sono inaccessibili da oltre due mesi e non si sa quando e come riapriranno. Senza risposte certe, per decine di piccoli imprenditori veronesi il momento è di grande preoccupazione.
Gli impianti sportivi al chiuso sono inaccessibili da oltre due mesi e non si sa quando e come riapriranno. Senza risposte certe, per decine di piccoli imprenditori veronesi il momento è di grande preoccupazione.
Indovinello: qual è quella cosa individuale che è anche di gruppo, in cui ognuno fa per sé ma in cui si condivide tutto? La risposta giusta è “palestra”, espressione di un settore che, in questi mesi di emergenza coronavirus, di scherzare non ha più voglia ma soprattutto di rompicapi da risolvere ne ha di ben più intricati. Chiusi da oltre due mesi, i centri sportivi in cui si tonifica il corpo a ogni età sono in attesa di risposte a quesiti banali solo in apparenza. Tra sollevamento pesi e corsi di danza, le dinamiche di svolgimento di attività ascrivibili a qualsiasi disciplina sportiva individuale ma anche collettiva complicano il percorso verso il ritorno ad una sorta di normalità. Quando e come riaprire non solo non è chiaro, ma avrà implicazioni sulla sopravvivenza di diverse realtà che, oggi, a zero incassi ma costi fissi invariati, non sanno come muoversi.
L’angoscia è il sentimento che accomuna una cinquantina di impianti veronesi che hanno creato una rete per definire un piano d’azione congiunto. Dal 9 marzo in poi il rapporto con i propri iscritti è stato tenuto vivo attraverso lezioni online. I piccoli imprenditori ora sono determinati a farsi sentire con le istituzioni dopo che, per beffardo paradosso, per settimane le uniche indiscrezioni uscite sui media hanno riguardato i consigli dell’Unione Nazionale Consumatori sulla gestione degli abbonamenti e degli eventuali rimborsi. «È profondamente ingiusto quello che sta accadendo» racconta Silvia Tessari, giovane titolare di “Cubailando”, da lei inaugurata nel 2016 e chiusa da fine febbraio. «Ci sentiamo dimenticati. Lunedì scorso non ho resistito e sono rientrata in quella che per me è una seconda casa. Vedere la sala vuota e pensare al futuro mi ha stretto lo stomaco. Ho pianto.» Su Facebook ha pubblicato un post commovente che ha avuto numerose condivisioni. «Ho ventitré anni, ho aperto tra tanti sacrifici, lavoro con passione quattordici ore al giorno ma quel che mi fa arrabbiare è l’ingiustizia di cui noi del settore siamo vittime. E pensare che non ho ricevuto ancora un euro di sostegno solo perché, per autofinanziarmi, alla mattina svolgo anche un lavoro part-time. Nel frattempo devo pagare tutto, Inps, tasse e bollette. Per non parlare dell’affitto e del noleggio dell’attrezzatura. Si dice che verranno autorizzate le lezioni in forma privata: in palestra ad uno per volta. Mi sono chiesta come potremmo mai campare in condizioni tali, così ho scritto una lettera al presidente del Veneto Luca Zaia. Spero la politica ci ascolti.»
In teoria, come tutti i centri sportivi, le palestre potrebbero riaprire i battenti il prossimo 18 maggio, per la gioia dei venti milioni di italiani che amano la ginnastica, la danza e tonificano il proprio corpo tra corsi e sala attrezzi. Sul tavolo restano però ancora tanti quesiti da risolvere, con il rischio concreto per i proprietari di veder svoltare la situazione in una dinamica ulteriormente dannosa sul piano economico. Nel mentre, dal Ministero dello Sport è stato valutato un ulteriore rinvio, in attesa di definire un protocollo specifico con misure più rigide sull’afflusso. «Si parla di ingressi scaglionati, addirittura solo su appuntamento nelle palestre più piccole» spiega Nicola Cammalleri, socio e istruttore del “Centro Fitness Oxygen” di Verona. A destabilizzare sono le regolamentazioni stringenti che potrebbero essere applicate per ridurre il rischio di aggregazione e contatto. «A quanto pare, staff, insegnanti e personal trainer dovranno indossare guanti e mascherine. Sarà obbligatorio sanificare ogni attrezzo dopo l’uso e mantenere distanze minime tra chi farà gli esercizi e userà i macchinari. Inoltre dovremo dotarci di dispenser per il disinfettante, dispositivi di protezione e misurare la febbre a tutti i clienti in ingresso. Parliamoci chiaro: vogliamo tornare a lavorare, ma senza un aiuto economico come possiamo ricominciare a queste condizioni?»
Gli istruttori, tutti a casa, sono liberi professionisti oggi senza reddito. «Per due mesi abbiamo tenuto lezioni online aperte a chiunque – racconta Alice Brunelli, esperta insegnante di fitness in diverse palestre – inclusi gli anziani e le persone diversamente abili che in genere sono una fascia di clienti numerosa e costante soprattutto negli orari mattutini. Fare esercizio e mantenersi in forma fa bene a tutti ed era importante trasmettere un messaggio positivo. Volevamo dire “noi ci siamo e non molliamo”, dare a tutti, non solo a chi segue i nostri corsi, un’opportunità professionale per restare allenati.» Da qualche giorno però i canali Youtube sono spenti. «È stato doloroso farlo, ma abbiamo pensato che fermarci fosse un modo per sensibilizzare l’opinione pubblica su cosa stiamo passando e dovremo ancora affrontare.»
Per aprire una palestra ci vogliono almeno centomila euro di investimento iniziale. «Non è semplice trovare il locale giusto – prosegue Cammalleri – adattarlo costantemente alle normative, attrezzarlo, migliorarlo e allestire una squadra di istruttori di qualità per ogni tipologia di corso. Tornare operativi quanto prima significa anche non buttare al vento tutto questo lavoro e tanta fatica. Qualcuno dice: perché non riaprite all’aperto? Magari potessimo farlo, ma tenere corsi professionali e garantire la sicurezza oltre che il rispetto delle norme in questo momento sarebbe molto complicato. Oggi serve un segnale forte da parte di chi può davvero aiutarci, prima che qualcuno di noi inizi a domandarsi se ne valga veramente la pena.»