Questo lo dica alla B.E.I.
Non è vero che "siamo tutti nella stessa barca". Stiamo affrontando tutti la stessa tempesta, ma ognuno con la sua barca e il suoi equipaggio. Vediamo chi sono i nostri.
Non è vero che "siamo tutti nella stessa barca". Stiamo affrontando tutti la stessa tempesta, ma ognuno con la sua barca e il suoi equipaggio. Vediamo chi sono i nostri.
Stiamo per entrare nella Fase 2 e a breve verranno messi in campo i provvedimenti che il governo Giallo-Rosso ha redatto per far ripartire il cuore economico del Paese – che durante il lockdown è stato rallentato fin quasi a fermarsi –. Il piano è evitare il contraccolpo di una crisi che sarà durissima e potrà causare un calo del Pil che gli analisti ancora non riescono a quantificare ma che potrebbe essere vicino al 10%. Un cataclisma con il corollario di posti di lavoro bruciati, disoccupazione, povertà, insicurezza sociale e quant’altro. Ci troviamo nella condizione di essere come un paziente in arresto cardiaco sospeso tra la vita e la morte, circondato da medici che armeggiano con i loro strumenti per dar lo shock che farà ripartire il suo cuore. Vediamo quindi di capire chi siano i medici e quali strumenti abbiano intenzione di usare. Il governo Conte per la Fase 2 ha messo in piedi ben 27 task force di consulenti che dovrebbero affiancare i decisori politici con le loro proposte. E qui iniziamo subito piuttosto male. Fateci caso, in Italia “fare tavoli” è sinonimo di “chiacchierare molto e combinare poco”. Di solito (per non dir sempre) la cortina “fuffogena” di “consulenti e commissioni” serve per mascherare la cronica incapacità della politica di decidere, oltre che per deresponsabilizzarla. Viene in mente il “metodo delle due pizze” di Jeff Bezos, il fondatore di Amazon, secondo il quale ogni riunione dovrebbe essere svolta da un gruppo di persone abbastanza piccolo da potersi sfamare con due pizze. Il motivo è semplice: gruppi piccoli ottimizzano il tempo e sono più efficienti nel prendere decisioni di quanto lo siano consessi molto numerosi.
Tra questi consulenti c’è Marianna Mazzucato, economista di origine italiana ma cittadinanza americana che nei giorni scorsi è uscita dall’anonimato in cui si trovava per il 99% degli italiani per consegnarci una perla, scritta in inglese perché fa più “cool”, che riportiamo di seguito tradotta.
«Se ci sono lavoratori “chiave” o “essenziali” nell’economia, il passo successivo è riconoscere la parte “essenziale” dell’economia che necessita di fondi, nutrimento e un ampio ripensamento. Il corollario è capire perché è stato possibile estrarre così tanto valore dalla parte “non essenziale” e invertire questa cosa.» Sostanzialmente Mazzucato propone una sorta di “tassazione etica” che dovrebbe “estrarre valore” (come dice lei) dalle attività accessorie alla sopravvivenza, che verrebbe poi destinato a quelle essenziali. Posto che in un’economia di mercato non è facile stabilire cose sia “essenziale” e cosa “accessorio”, che negli USA insegni in un’università una persona che ritiene di classificare le attività economiche con un metro di giudizio “etico” e che tramite tale classificazione pensi di operare una redistribuzione di reddito da quelle “meno etiche” a quelle “più etiche” è un problema del sistema educativo americano. Diventa però un problema nostro quando la stessa viene nominata consulente del Governo italiano. Attraverso quale parametro si dovrebbe classificare le attività? I codici Ateco? Una specie di reperto da museo che pare provenire dalle gilde medioevali piuttosto che da un’economia del XXI secolo? Ma anche volessimo seguire il suggerimento della professoressa americana, come è pensabile di “estrarre valore” da un settore come quello alberghiero che il lockdown ha messo letteralmente alle corde, ma che con il comparto del turismo genera reddito, PIL e da lavoro a migliaia di operatori? Dopo tutta la retorica che ci siamo ascoltati sul “turismo che è il nostro petrolio”? Parliamo dell’abbigliamento? È un’attività da cui si può estrarre valore per ridistribuirlo? Probabilmente chi si è dissetato alla fonte infetta di ideologia alla quale beve usualmente la professoressa Mazzucato pensa che da Prada si possa “estrarre valore per redistribuirlo”. Ma da un discount di abbigliamento low cost? Senza contare il fatto che l’industria del lusso, come il turismo, è uno dei settori di eccellenza nazionale, che genera reddito, occupazione, investimenti, sviluppo e prestigio.
Comunque sia, grazie alla professoressa Mazzucato abbiamo imparato una cosa assai importante: le esternazioni scritte in inglese non diventano intelligenti, rimangono tali.
Le idee della professoressa Mazzucato starebbero confinate in una bolla distaccata dalla terra milioni di anni luce che si avvia a disperdersi nella galassia se i Cinquestelle, autentici rabdomanti della fuffa quali sono, non l’avessero scoperta e messa a fare “il gobbo” del governo per la “fase 2”.
Se questi sono i consulenti non ci possiamo stupire se sul ponte di comando ci siano personaggi come Laura Castelli, resa celebre il suo “questo lo dice lei” rivolto all’ex ministro Padoan che ritrova “interessante l’ipotesi “sul tavolo” del «debito perpetuo», cioè bond a interessi zero. Parafrasando il suo ormai celebre motto, al sottosegretario Castelli verrebbe da dire “questo lo dica alla B.E.I.(Banca Europea degli Investimenti)”, se ha mai valutato l’opzione di prestare soldi aggratis. Evidentemente chiamarli “prestiti a fondo perduto”, cioè quello che in effetti sono, pareva brutto.
L’ineffabile Castelli, si dirà, è solo un sottosegretario in fin dei conti. Ma la dottoressa Catalfo che ritiene equo riconoscere un reddito di emergenza anche a chi lavora in nero è ministro. Ed evidentemente da ministro non si è nemmeno mai posta il problema di come in vaste parti dell’Italia del Sud, ma non solo, dire “lavoro nero” voglia dire “mafie”. Dando un bello schiaffo a tutta quella parte dell’Italia che ha sempre lavorato rispettando le regole e legittimando di fatto l’Antistato che proprio M5S pretendeva di voler combattere. Attendiamo un decreto attuativo che ci spiegherà come lo Stato riesca a individuare un lavoratore in nero quando si tratta di elargirli una prebenda ma non riesca a scovarlo se si tratta di fargli rispettare le regole.
Sono solo pochi esempi, ma si potrebbe continuare a lungo per dimostrare come M5S e il suo humus ideologico attratto dalla fumosa ideologia della “decrescita felice” – la quale ha preso il posto del marxismo nell’arsenale del pensiero antiliberale – sia il movimento meno adatto per trovarsi sul ponte di comando in un momento così delicato della storia italiana. M5S con le sue derive assistenzialiste, la sua diffidenza verso il libero mercato e l’imprenditoria, la sua mentalità dirigista e antindustriale è in ultima analisi avverso alla liberaldemocrazia, questo occorre dirlo con molta nettezza.
Ma si dirà che questi sono quelli non imparati, quelli che sbagliano i congiuntivi, come il loro leader Di Maio, che solo qualche mese fa festeggiava la sconfitta della povertà. Se non fosse che la nazionalizzazione di Alitalia è stata votata in piena emergenza Covid-19 anche dal PD (il partito di quelli imparati) che con loro condivide la responsabilità della guida del Paese, sciupando ancora una volta pubblica moneta per nazionalizzare un’azienda che doveva fallire già da anni che sarebbe stata utile su altri fonti. Stiamo per apprestarci a scalare l’Everest con i sandali al posto degli scarponi e le camicie di canapa ecosolidale al posto dei giubbotti termici.