Rizzi: «Il mondo dello spettacolo non è il “paese del Bengodi”»
"Succede alle 31" incontra Alberto Rizzi per parlare di teatro, cinema, linguaggio, amore, paura e molto altro.
"Succede alle 31" incontra Alberto Rizzi per parlare di teatro, cinema, linguaggio, amore, paura e molto altro.
È stato un incontro ricco di spunti riguardante il mondo dello spettacolo quello di “Heraldo” con l’attore, sceneggiatore e regista Alberto Rizzi nell’ambito della striscia quotidiana di interviste-live “Succede alle 31”. L’incontro ha coinciso con l’annuncio, dato dal Premier Giuseppe Conte, di esserci allo studio una serie di provvedimenti a favore del mondo dello spettacolo. Quest’ultimo, infatti, è fra i più colpiti dall’emergenza sanitaria da Covid19.
«Finalmente si prende coscienza di un settore che per molti è una sorta di “paese del Bengodi”, dove attori e registi si dilettano a fare un lavoro creativo e poco di più, ma che in realtà dà da lavorare a centinaia di migliaia di persone e produce circa il 16% del PIL nazionale – ha dichiarato Rizzi durante la nostra diretta –.
Purtroppo c’è la percezione generale che questo non sia in realtà un lavoro. Al di là degli attori (che non vivono certo tutti di luci e paillettes e rappresentano l’1% degli operatori del settore), ci sono migliaia di persone che lavorano dietro le quinte. Sarte, tecnici, costumisti, truccatori, maschere, maestranze, chi vende e strappa i biglietti, etc. etc.»
Il settore teatrale ha reagito in modo diverso all’arrivo del Coronavirus. Alcune compagnie, ad esempio, si sono proposte sul web con spettacoli in diretta streaming. Riguardo questo Rizzi ha un’idea diversa: «Siamo in un paese libero e ovviamente chi lo vuole fare lo faccia, ci mancherebbe. Io però penso che quando cambiamo il mezzo deve cambiare anche il contenuto. Fare teatro in streaming in realtà non è vero teatro: è semplicemente un’altra cosa. Il suo linguaggio e le sue modalità sono per forza diverse da quelle tradizionali.
Lo spettacolo dal vivo si può fare solo dal vivo. E non solo per una questione estetico-narrativa, ma anche per rispetto di tutte quelle persone che lavorano con il teatro e che, in questo caso, non posso partecipare all’attività proposta. Lo streaming – ha aggiunto – crea l’illusione che il teatro abbia trovato la soluzione a questa situazione, ma non è vero. Qualora si affermasse questa idea, poi, le piccole compagnie rimarrebbero comunque fuori dal sistema distributivo delle eventuali risorse.»
La compagnia teatrale diretta da Alberto Rizzi Ippogrifo Produzioni ha ottenuto in queste settimane un successo clamoroso sul web grazie alle “Memorie dalla Quarantena”, una serie di miniclip di tre o quattro minuti in cui, in chiave ironica, vengono riassunti grandi classici della letteratura mondiale come le opere di Shakespeare, di Omero o di Dante Alighieri.
«L’idea iniziale era quella di fare una piccola web serie di tre o quattro episodi al massimo, ma il successo ci ha travolto (oltre 260mila visualizzazioni in pochi giorni, nda) e siamo stati costretti a continuare. È un progetto che funziona perché ha le doti della brevità e dell’ironia, ma allo stesso tempo veicola un contenuto molto importante. I più semplici da fare? Sono state le tragedie di Shakespeare, mentre altri, come la Divina Commedia o l’Odissea, decisamente molto più complicati.»
Dopo aver parlato dell’amore di Rizzi per il lavoro, la regia, il cinema e lo studio dei vari linguaggi e dopo aver sottolineato la fondamentale presenza delle “donne di Ippogrifo” (Barbara Baldo e Chiara Mascalzoni, con cui compone un trio inossidabile e particolarmente efficace), l’incontro si è concluso sull’incerto futuro del teatro e del mondo dello spettacolo in generale.
«La paura di stare insieme farà sicuramente a botte con la nostra voglia di aggregazione – ha commentato il regista – Gli artisti, però, in questo momento devono tacere e far parlare la scienza. Sento a volte un livore e un accanimento contro qualcosa che non dipende dalla volontà di nessuno. Penso che tutti stiano mettendo in campo le energie per tentare di uscire da questa situazione imprevedibile e molto complessa.
Il mondo dello spettacolo, d’altronde, fa parte del mondo civile e la paura di andare a teatro sarà la stessa che ci accompagnerà quando andremo al ristorante, saliremo su un autobus o faremo la spesa al supermercato. Speriamo che ci diano presto delle risposte sanitarie che ci possano permettere di tornare il prima possibile a vivere serenamente la nostra quotidianità.»
Qui trovate l’intervista integrale.