La fase due preoccupa anche la Germania
Tra paura per un'imminente recessione e per il ritorno di una seconda ondata di contagio, aumentano le eccezioni nei diversi Land. E Merkel non approva.
Tra paura per un'imminente recessione e per il ritorno di una seconda ondata di contagio, aumentano le eccezioni nei diversi Land. E Merkel non approva.
Un mese fa in Germania ci si chiedeva se il modello federale non potesse essere troppo macchinoso, e quindi d’impaccio, a fronte del rapido diffondersi del contagio da Coronavirus. In effetti fin verso la metà di marzo sono emersi problemi ad attuare una strategia anti-Corona a livello nazionale, visti anche i tentennamenti e le tentazioni di protagonismo da parte di politici di alcuni Bundesländer, tradizionalmente gelosi della propria autonomia rispetto al governo federale. Ma ben presto è prevalsa l’urgenza di collaborare ad ogni livello al contenimento della pandemia, sotto la guida attenta ed altrettanto discreta di Angela Merkel.
È noto che in Germania la diffusione del contagio ha avuto un andamento del tutto diverso rispetto all’Italia. A parte il tasso di mortalità molto basso, i circa 145.000 casi d’infezione registrati fino ad oggi sono distribuiti in modo relativamente omogeneo su tutto il territorio. Anche la Baviera, la regione con il maggior tasso di ammalati (289 casi per 100.000 abitanti), è ben lontana dai livelli registrati in Lombardia (649 casi per 100.000 abitanti). Tutto ciò, assieme al calo costante del fattore di contagio “R”, oggi di poco inferiore ad 1, e alla disponibilità di molti letti in terapia intensiva, induce a pensare che le misure decise dal governo, coerentemente messe in atto in ogni Land, si siano rivelate efficaci.
Una conferma di tutto ciò viene anche dai sondaggi d’opinione. In base all’ultima rilevazione della prima settimana di aprile, condotta da Forschungsgruppe Wahlen – Politbarometer che ogni due settimane è trasmessa dal canale ZDF, addirittura il 90% degli intervistati ritiene “giustificate” le restrizioni alla libertà di movimento (che, va ricordato, sono meno rigide di quelle adottate in Italia). L’operato di Merkel e del suo governo durante l’emergenza viene giudicato “buono” rispettivamente dall’80% e dall’88% degli intervistati. Un’impennata di consensi si registra non solo a favore della cancelliera, ma anche dei politici più in vista nelle ultime settimane: il ministro della Sanità Spahn (CDU), il ministro delle Finanze Olaf Scholz (SPD), e i governatori dei due maggiori Bundesländer Markus Söder (CSU) in Baviera, e Armin Laschet (CDU), nel Nordreno-Vestfalia. Particolarmente significativo è poi il forte aumento di 8 punti percentuali, dal 27 al 35% rispetto a febbraio nelle intenzioni di voto a favore di CDU e CSU, perché interrompe un lungo trend negativo, che aveva anche alimentato l’ipotesi di una crisi di governo ed elezioni anticipate (forse già quest’anno), e riporta i due partiti della coalizione di governo a valori vicini a quelli delle elezioni del 2017. Anche la SPD ferma il suo lunghissimo trend negativo e risale la china di 2% (adesso sarebbe al 17%), mentre i partiti d’opposizione, dai Verdi alla Afd, sono in calo.
Ma proprio a motivo dei risultati ottenuti, della speranza che la fine del tunnel sia in vista e in concomitanza con la decisione, annunciata il 19 aprile dalla cancelliera, di graduali riaperture di esercizi commerciali e scuole, tra le forze politiche e sui media tedeschi si è scatenato un dibattito molto vivace sia sulle specifiche modalità della riapertura, sia sulle misure di prevenzione da mantenere o adottare ex novo.
La tabella di marcia decisa dal governo federale è relativamente semplice: dal 4 maggio le scuole potranno riaprire per consentire lo svolgimento degli esami di licenza elementare e di maturità (in Germania non c’è la nostra scuola media inferiore) e la parziale ripartenza delle lezioni per le penultime classi delle scuole secondarie. Inoltre potranno riaprire i negozi con meno di 800 metri quadri di superficie e per determinati settori. L’impiego di maschere protettive è fortemente raccomandato ma non obbligatorio, vista anche la permanente difficoltà a reperirne. In queste ore però sempre più Stati federati stanno scegliendo l’obbligatorietà e da lunedì prossimo saranno già in dieci su sedici ad applicare la disposizione. Ogni due settimane si farà poi una verifica per decidere quali misure cambiare o quali provvedimenti aggiuntivi prendere.
Come era prevedibile, questa “fase due”, che vede la graduale ripresa di parte delle attività economiche e il tentativo di tornare ad una certa normalità, si rivela più difficile da gestire di quella delle misure restrittive e delle chiusure generalizzate. Soprattutto si fa sentire la voglia di ritornare a regime da parte di tutti i settori dell’economia: il timore di una forte recessione pare ormai prendere il sopravvento su quello per il contagio.
Diversi Land sono andati oltre le disposizioni governative, permettendo l’apertura dei negozi senza riguardo alla superficie di vendita di determinati settori. Nel Nordreno-Vestfalia, per esempio, accade per i negozi di articoli per bebè e di mobili, altrove per le concessionarie di auto. Sul fronte della prevenzione Baviera e Sassonia hanno, dal canto loro, adottato l’obbligo di mascherina sui mezzi pubblici e negli esercizi commerciali. Tre giorni fa Amburgo e Baden-Württenberg hanno seguito il loro esempio.
Angela Merkel non ha affatto gradito sia questo delinearsi di una babele di eccezioni, sia le pressioni a riaprire i battenti, esercitate massicciamente, tramite i media, dalle varie lobby economiche. Inaspettatamente si è mostrata alquanto irritata ed ha perfino coniato una nuova parola, parlando di Öffnungsdiskussionorgien (letteralmente “orge di discussioni sulla riapertura”): espressione non solo colorita per la cultura politica tedesca, ma anche di vera rottura nello stile sempre urbano e moderato, nonché incline all’understatement di Frau Merkel.
La preoccupazione della cancelliera, condivisa dai virologi più in vista, come il dottor Christian Drosten dell’ospedale Charité di Berlino e il professor Lothar Wieler, direttore del Robert-Koch-Institut, è quella di una seconda ondata di contagio che potrebbe vanificare il precario successo ottenuto finora. Da qui i suoi sforzi di spiegare in modo comprensibile a tutti il significato dal fattore di contagio “R” (divenuto virale anche in Italia) e che già un aumento minimo di tale fattore porterebbe entro pochi mesi i reparti di terapia intensiva degli ospedali tedeschi al collasso. Insomma – parole di Merkel – «ci muoviamo su una sottile lastra di ghiaccio», e perciò niente trionfalismi, niente fretta e molta, molta prudenza: un avvertimento che la cancelliera ha lanciato più volte in questi ultimi giorni ai suoi connazionali. Un messaggio da tenere forse in considerazione anche al di là dei confini tedeschi.