L’invisibile in sala
Leigh Whannell punta lo sguardo sul rapporto malato di una coppia, tra dipendenza e violenza psicologica, con la vittima che finalmente trova il coraggio di ribellarsi al proprio carnefice.
Leigh Whannell punta lo sguardo sul rapporto malato di una coppia, tra dipendenza e violenza psicologica, con la vittima che finalmente trova il coraggio di ribellarsi al proprio carnefice.
Un altro titolo prodotto dalla Blumhouse viene lanciato da noi direttamente in streaming, sempre per Chili, esattamente come The Hunt, recensito proprio qui da poco; questa volta si tratta dell’ennesima versione de L’uomo invisibile che, dal romanzo di H.G. Wells uscito nel 1896, di strada ne ha fatta parecchia, soprattutto in casa Universal.
L’invisibilità è quel potere che molti uomini vorrebbero, specialmente tutti coloro che in questo periodo di quarantena vengono obbligati dalle proprie mogli a fare degli insopportabili lavoretti domestici anziché godersi finalmente il divano senza troppi sensi di colpa.
Bando alle note autobiografiche, parliamo del buon film di Leigh Whannell, attore, sceneggiatore e produttore la cui fama la si deve inizialmente alla saga di Saw, ma che al di là dei facili introiti dovuti alla sfruttamento infinito di quel titolo e dei suoi innumerevoli e spesso insulsi seguiti, ha fatto anche cose buone (come si suol dire): ad esempio, da novello regista dopo il deludente Insidious 3 – L’inizio del 2015, ha diretto quella perla a basso costo e alta resa di Upgrade nel 2018 e, rulli di tamburi, sta per realizzare il remake del capolavoro carpenteriano 1997: fuga da New York, anche se questa volta la distribuzione italiana farà bene a trattenere la propria fervida creatività e a omettere la data (il titolo originale è sempre stato Escape from New York).
C’è un’altra cosa che lega Whannell a John Carpenter, visto che quest’ultimo diresse una sua (im)personale versione dell’eroe di Wells nel 1992, ovvero la commedia d’azione Avventure di un uomo invisibile con Chevy Chase e Daryl Hannah; divertente, ma forse un po’ troppo lontano dalle corde di un autore che ha fatto dell’indipendenza una sua bandiera, regalandoci non di rado dei titoli molto taglienti e anticonvenzionali realizzati al di fuori dalla macchina hollywoodiana.
Leigh Whannell, però, si tiene ben lontano da tutto ciò che avremmo potuto immaginare da un remake o reboot che sia e, piuttosto, preferisce prendere spunto più dalla poco riuscita rilettura di Paul Verhoeven del 2000, quel L’uomo senza ombra che vedeva (si fa per dire) un impazzito Kevin Bacon perseguitare, tra gli altri, la povera ex fidanzata Elisabeth Shue.
Rispetto al film del regista olandese, che mescolava alla rinfusa di tutto un po’, in questo caso si preferisce concentrarsi su quell’unica idea che forse aveva una ragione di essere anche se, epurandola dal contesto pseudo fantascientifico, potremmo averla già vista raccontare decine di volte al cinema e nei filmetti da prima serata su Rai 2 il sabato sera: il rapporto malato di una coppia, tra dipendenza e violenza psicologica, con la vittima che finalmente trova il coraggio di ribellarsi al proprio carnefice.
L’uomo invisibile dell’anno 2020 è, quindi, un film su una donna. Visibilissima.
Sarà per l’onda lunga del “Mee Too”, sarà perché è finalmente giunto il momento di smetterla di citare solo quelle quattro eroine cinematografiche degli ultimi quarant’anni, ma ammirare sullo schermo la bravissima Elisabeth Moss (la si ricorda più che altro per la serie tv The Handmaid’s Tale), in una pellicola dove è praticamente la protagonista assoluta in ogni scena, è un vero piacere.
Alcuni risvolti prevedibili («Hey, scommettiamo che quell’affare dopo le tornerà utile?») non penalizzano troppo le buone idee sfruttate al meglio in una sceneggiatura capace di dosare con sapienza suspense e catartica violenza, facendo de L’uomo invisibile un ottimo thriller da recuperare quanto prima.
Voto: 3,5/5
L’uomo invisibile
Regia di Leigh Whannell
Con Elisabeth Moss, Oliver Jackson-Cohen, Harriet Dyer, Aldis Hodge, Michael Dorman e Storm Reid