Mi spiegate perché diavolo continuiamo a credere a qualsiasi “notizia” (volutamente fra virgolette, per non usare termini ben più eloquenti) ci venga raccontata sul web o sui social? Giuro che non riesco a spiegarmelo. E visto che mi han chiesto di scrivere qualcosa sull’argomento, credo siano necessari prima un paio di disclaimer:
– questo articolo contiene tante domande, e quasi nessuna risposta;
– dalla regia mi impongono di non essere volgare. Ci proverò.
Dunque, torniamo alla domanda iniziale. Perché cavolo continuiamo a credere a tutto? Complotti geopolitici, virus creati in laboratorio per colpire le economie di Italia e Cina, cugini dei politici che guadagnano millemila euro come uscieri e balordaggini varie. Ce n’è per tutti i gusti.
Nei corsi di aggiornamento/formazione per giornalisti ci sono intere lezioni dedicate alle fake news, a come riconoscerle e agli strumenti da utilizzare per smascherarle. Il mantra più recitato dice che “tutti possiamo esserne vittima”. E su questo sono d’accordo. Solo che qui non parliamo di fake news, ma di “stupidaggini” (il censore è intervenuto, ndr) certificate.
Io lo capisco che se ci piazzano davanti un fotomontaggio fatto bene e in un contesto verosimile, qualcuno ci possa cascare. Capita anche a quelli che ne sanno. Capisco pure che se un sedicente esperto in qualche materia tecnico/scientifica ci fa leggere un pezzo (o un post) farcito di numeri, dati e termini astrusi, si possa essere portati a credergli. Ma qui si parla di gente che si fa i video in salotto, dai.
Veramente continuo a chiedermi come sia possibile credere e condividere i segreti svelati da uno che si registra in verticale col cellulare, in tuta. È perché di sfondo si mette una libreria che appare più credibile? No perché allora è da quando è sceso in campo Berlusconi che di biblioteche alle spalle ne vediamo a bizzeffe, e qualcosa dovremmo pur averlo imparato.
La proporzione esiste. Il 95% dei post/video nei quali qualcuno, all’improvviso, vi racconta le verità taciute dai poteri forti, è spazzatura. Pura e semplice. Il restante 5% sta provando a farvi diventare milionari col marketing online in pochi semplici step. Fonte dati: un mio post su facebook del 24/03 che ha ottenuto, ad ora, 44 “mi piace”.
Eh ma sono gli analfabeti funzionali che ci cascano. Quelli che non capiscono il significato del testo, che leggono solo i titoli e non verificano. No, col cavolo. L’altro giorno c’era un magistrato che condivideva la foto del leone per le strade come misura adottata da Putin per far rispettare la quarantena. Condendo il tutto col suo pensiero: «Nei momenti difficili servono uomini forti al potere, capaci di scelte dure…» . Un magistrato. Che finita l’emergenza tornerà ad applicare e interpretare la legge.
Ci sono determinate categorie di persone che credono a tutto quello che viene detto in tv, direte voi. Nein. Perché qui non si parla di anziani con qualche fragilità, ma di adulti fatti e finiti. Che se uno in felpa alla stazione li ferma per chiedergli due euro per il biglietto lo scacciano dandogli del drogato. Se lo stesso felpato però si fa un video su facebook dove racconta dei servizi segreti israeliani e degli USA pronti ad invaderci, allora tutto bene.
L’esempio più tragico è quello di questi giorni. Un tizio in Giappone si fa un video in cui dice “qui tutto bene c’abbiamo il farmaco Avigan che cura il coronavirus” e viene giù il mondo. Addirittura alcuni esponenti politici di rilievo (Zaia su tutti) che annunciano di volerlo sperimentare sull’onda dell’emotività del web. E l’Aifa (Agenzia Italiana del Farmaco) dietro. Tanto da costringere i produttori del medicinale a commentare che «il fatto che strutture italiane possano considerare di avviare sperimentazioni estese o un possibile utilizzo ci preoccupa molto» .
Ho visto dirigenti d’azienda di alto livello, con anche importanti ruoli istituzionali, rilanciare il video e chiedersi perché non sia ancora stato sperimentato il farmaco. Il dubbio è lecito, certo. Quindi credo lo sarà anche quello di un suo potenziale investitore quando, domani, dovrà valutare le sue capacità decisionali.
La situazione di emergenza ci sta mettendo tutti in crisi e cadere in errore è più facile. La confusione regna ovunque sovrana. Vero. Come lo è il fatto che proprio in questi momenti dovremmo essere più accorti e valutare al millimetro ogni nostro movimento. Per la cronaca, il tizio del video è sì laureato in farmacia, ma è in Giappone per la sua attività legata al mondo dei videogame, argomento di cui tratta di solito. Sono bastati due clic sul suo profilo, 17 secondi netti.
Inutile nasconderlo, queste settimane ci stanno misurando, come popolo e come individui. E purtroppo anche chi dovrebbe “guidarci nella notte” troppo spesso si sta dimostrando allo stesso livello degli sceriffi da balcone che fotografano la gente per strada. Tra l’altro, bella sta cosa di litigare tra di noi e poi per l’unica cosa per cui dovremmo sollevarci, si fa (quasi) scena muta. Parlo del controllo degli spostamenti delle persone tramite GPS e droni. Che hanno quel retrogusto di Grande Fratello che piace tanto alle masse. E chissene se poi certi esperimenti, passata la buriana, non vengono mica riposti nel cassetto. Anzi.
L’articolo fin qui potrebbe anche risultato simpatico, forse perché ho tenuto alla fine la nota per me più dolente. Quella che mi tocca più da vicino: i giornalisti e il mondo dell’informazione. Esempi virtuosi ce ne sono in queste settimane e a loro va il mio plauso. Ma ci sono ancora tanti, troppi, sanguinosi esempi di divulgazione fatta ad occhi chiusi. Senza filtri o coscienza, al massimo qualche virgolettato per pararsi il sedere. Se anche la categoria dei portatori sani di tesserino sta per essere pesata, temo di sapere quale sarà la risposta.
BONUS TRACK – Io di Matteo Salvini non volevo parlare. Anche perché in questo periodo mi fa pure un po’ di tenerezza. Ma poi eccolo (assieme alla sua socia de Roma Giorgia Meloni) che non si lascia sfuggire l’occasione di berciare al mondo rilanciando quel famoso servizio del TG3 Leonardo del 2015. Video che ieri ha fatto il giro del web, ma che nel giro di mezz’ora era già stato sbufalato da mezzo mondo. Intanto, però, lui, Matteo, lo lascia online, con oltre 20mila condivisioni. Perché l’algoritmo, si sa, paga più della dignità.