Una nuova Europa
Impossibile non notare un cambiamento di prospettiva da parte delle istituzioni europee, in questo momento eccezionale in cui servono azioni estreme potrebbe cadere un tabù e nascere una nuova Europa
Impossibile non notare un cambiamento di prospettiva da parte delle istituzioni europee, in questo momento eccezionale in cui servono azioni estreme potrebbe cadere un tabù e nascere una nuova Europa
Questi ultimi giorni sono stati densi di notizie molto particolari, hanno visto accadere cose mai viste (e no, non si parla dell’ennesimo flash mob sui balconi e nemmeno il rinvio degli Europei di calcio); si sono succedute alcune dinamiche interessanti, specie per chi vuole comprendere meglio i risvolti macroeconomici delle decisioni dei potenti e anche come la post-verità inquini le nostre convinzioni. Andiamo dunque con ordine, in un’amorevole opera di debunking, a caccia di bufale…
Christine Lagarde, presidente della Banca Centrale Europea (BCE) presenta un piano di acquisto straordinario di titoli pubblici e privati, come fatto dal predecessore Mario Draghi nel 2012 per rialzare l’Europa dalla crisi finanziaria del 2008. Vengono stanziati 120 miliardi per il Quantitative Easing, termine tecnico per questa manovra dedicata a emissioni che in un collocamento sarebbero deboli e alla mercè degli speculatori. A differenza di Draghi, però, a chi recrimina si tratti di pochi spiccioli e che serva molto di più, Lagarde risponde che la BCE “non è qui per ridurre gli spread”. Frase in sé corretta, visto che per mandato la BCE non si occupa del differenziale tra titoli di stato a 10 anni tra due singoli Paesi, bensì negli interessi dell’Unione nel suo insieme. I mercati, che avevano scommesso su qualcosa di più aggressivo, cominciano a vendere massivamente e le borse di tutto il mondo accusano il colpo. Le reazioni della Commissione Europea non si fanno attendere e lasciano presagire che arriveranno altre, più pesanti decisioni, mentre l’opinione pubblica incolpa l’Europa di aver fatto crollare i listini. Ci siamo abituati ormai, è sempre colpa dell’Europa. O del Governo.
Il premier Giuseppe Conte annuncia un piano straordinario per fronteggiare le ripercussioni del coronavirus sull’economia nazionale. Parla di 25 miliardi (pari a 1,4 punti di PIL) e subito partono le sirene dell’opposizione che pretende di più, chiede maggiori tutele, iniziative più coraggiose. Si fanno ingiusti (maligni?) paragoni con quanto messo sul piatto da Francia e Germania (rispettivamente 300 e 500 miliardi, oltre 10 punti dei PIL nazionali), si legge addirittura che la UE “permette ai soliti di spendere di più”. Tutto senza voler fare i conti con il nostro bilancio nazionale: dove il debito è già intorno al 135-137% del PIL, non c’è una grande possibilità di manovra. L’intervento del nostro Governo assomiglia di più, per analogia, a quanto disposto dalla Spagna, cioè 14 miliardi (1 punto di PIL). Per capirci, è come quando andiamo in due in banca a chiedere un prestito: tu possiedi ville e redditi, mentre io sono segnalata da Equitalia. Sfido chiunque a dirmi che ne usciremo con la stessa cifra!
Dovessimo solo fare i conti con i conti, potremmo anche cavarcela, specie in considerazione della decisione della Commissione Europea di liberare risorse da fondi non utilizzati o di emergenza e di sospendere il patto di stabilità per permettere agli Stati più deboli di aumentare comunque la propria spesa. Sui fondi inutilizzati, altra bagarre manipolata dalla politica. “L’Italia prende meno dell’Ungheria” si legge ovunque, “l’Europa ci sta fregando” pensano molti utenti di Facebook, il vero think tank italiano. Chiariamo: si tratta di fondi a suo tempo distribuiti agli Stati membri per progetti in sovvenzione (i bandi europei), soldi che alcuni Stati hanno investito completamente in opere e iniziative, mentre altri non sono stati in grado o non ne hanno avuto volontà. Il residuo dipende dalla dotazione ma anche dall’utilizzo, siamo tutti d’accordo? A quanto pare alcuni Paesi ne hanno avanzati più dell’Italia, per problemi di efficienza (siamo nel mondo a rovescio, in cui chi più spende è migliore). L’Europa decide di permettere all’Italia di utilizzare senza vincoli i milioni di euro che non ha ancora utilizzato, libera insomma risorse che l’Italia può spendere subito e liberamente. Ma gli italiani insultano l’iniziativa, incomprensibilmente.
Uno non fa in tempo a capire la bufala che subito emerge un’altra situazione paradossale sul fronte interno: il centrodestra compatto rifiuta di adottare un iter sicuramente poco convenzionale ma veloce per l’adozione delle misure previste dal citato piano “Cura Italia” proposto dal Governo. Da una parte si urla allo scandalo perché non si è pensato a tutto e tutti, perché si spende così poco mentre gli altri, ecc; dall’altro però di fatto l’opposizione blocca anche quel pacchetto di misure di sollievo almeno temporaneo a imprese, artigiani e famiglie; rigettando di far passare il decreto solo in commissione Bilancio, chiede invece che vengano convocate tutte le commissioni e anche l’Aula per l’esame finale. “Collaborativi ma non complici di chi forse punta a far passare l’accordo Huawei 5G sotto il nostro naso” sembra essere il commento di tutti gli attori di questo inatteso colpo di scena. E ci troviamo, quindi, nel paradosso di un’opposizione, formata dai partiti più sovranisti e nazionalisti in assoluto, che blocca l’attuazione di iniziative a favore del Popolo Italiano, della sua traballante economia, delle sue endemiche e inattaccabili fragilità. Speriamo si arrivi a più miti e sensati consigli.
Romano Prodi, ottantenne in gran forma, pensionato da presidente del Consiglio e della Commissione Europea, in una intervista al “Foglio”, definisce la notte del 18 marzo come una tappa epocale della storia dell’Europa. Parla della decisione appena appresa dalla BCE di aumentare il Quantitative Easing di 750 miliardi, che – aggiunti a quanto già liberato sotto altre forme – porta l’impegno UE verso la soluzione della crisi a oltre 1.000 miliardi. Secondo Prodi, la UE avrebbe “imbracciato il bazooka e iniziato a combattere non tanto per un singolo paese, quanto per l’Unione stessa”. Un po’ come dire che siamo tutti insieme nello stesso guado e se uno Stato ha bisogno di aiuto o non ce la fa, è l’intera comunità che se ne deve occupare. Viene infatti eliminata una clausola base del riacquisto di titoli con il QE, così che la BCE potrà comprare dove più se ne sente la necessità, perfino i titoli spazzatura della Grecia. Senza la “capital key” la BCE decide anche le proporzioni di acquisto liberamente senza il vincolo del capitale detenuto in BCE dal singolo paese. Lagarde ha dichiarato che “non si sono limiti al nostro impegno nei confronti dell’Euro”, una frase che somiglia molto al “tutto quel che serve” del nostro Draghi. Lei sì, ha capito che un momento eccezionale merita misure fuori dall’ordinario, che gli Stati da soli non ce la possono fare.
Da più stati europei viene rilanciato un ulteriore intervento comunitario per l’emergenza: il famoso quanto (finora) utopistico Eurobond, cioè un’emissione obbligazionaria sovrana da parte dell’Unione Europea, o dei suoi membri con responsabilità congiunta. Lo spettro dei tedeschi che si sono sempre opposti fermamente, convinti che con uno strumento del genere i deboli (cioè tutti tranne loro) se ne sarebbero approfittati per fare la bella vita. Quando nella videoconferenza europea del 17, il premier Conte ha timidamente lanciato l’idea, è stato subito sostenuto da Macron e – aggiungendo sorpresa allo stupore – la signora Merkel si è mostrata possibilista. Crollano infatti in questa particolare situazione i blocchi mentali che finora avevano impedito la realizzazione del sogno di Prodi: nel caso di uno choc completamente esterno all’Eurozona, che colpisce tutti simultaneamente, è sicuramente impensabile che lo strumento possa essere manovrato o utilizzato in modo scorretto. La strada è ancora lunga ma i primi passi si sono finalmente
Il premier Conte – sempre lui, neanche fosse un illuminato capo di Stato – chiede l’attivazione del fondo Salva-Stati, chiede “l’apertura di una linea di credito per tutti gli stati membri come aiuto nella lotta alle conseguenze dell’epidemia”. Chiede insomma l’intervento del MES, in un altro dei paradossi di queste ore frenetiche. Il MES (trattato diffusamente in questo articolo precedente) fino a ieri era popolarmente noto come il nemico numero uno di gran parte dei partiti italiani, la Bestia europea pronta a sbranare la piccola Italia indifesa. Meravigliosamente, dopo aver contribuito fattivamente a rallentarne la riforma lo scorso dicembre, ora invochiamo la possibilità di liberare i fondi (circa 410 miliardi) disponibili per gli interventi in assistenza ai paesi in difficoltà. In questo caso, addirittura senza vincoli se non quello, molto morbido, dell’utilizzo a sostegno del sistema sanitario e delle vittime dell’epidemia. Gli italiani sono già tristemente famosi per il voltagabbana appena l’acqua arriva a un certo fastidioso punto, ma l’attuale giravolta sembra di quelle intelligenti.
Grazie alle decisioni del Governo, sostenuto da simili conclusioni degli altri Paesi e dall’ombrello protettivo dell’Unione Europea, abbiamo capito che da soli non andremo da nessuna parte. Uniti forse non riusciremo a guadare il fiume, forse ci vorrà più tempo del previsto, forse ci toccherà ingoiare qualche “sbocconata” d’acqua, ma possiamo almeno sperare di tornare a toccare il fondo con i piedi. Da lì a rialzarci, sarà un gioco da ragazzi. Questa terribile crisi umana e finanziaria è riuscita a far ritrovare agli stati UE la coesione e lo spirito di squadra che da troppo tempo venivano invocati: come dice il professor Prodi, “è una buona giornata per chi ama l’Europa”, è il primo giorno di una Europa tutta nuova.
Nota di pura leggerezza (astenersi fastidioni e seriosi): il programma straordinario di aiuti europeo si chiama Pandemic Emergency Purchase Program, ovvero PEPP; i paesi che ne hanno più bisogno e ne beneficeranno maggiormente sono Portogallo, Irlanda, Italia, Grecia e Spagna, da sempre noti come i PIIGS. Ecco, non so se avete fatto la mia stessa associazione di idee…Facebook Comments