Coronavirus: «L’occasione per imparare»
Intervista alla Psicologa Ilenia Bozzola, che ci dà alcuni suggerimenti su come affrontare al meglio questo periodo di forte stress emotivo.
Intervista alla Psicologa Ilenia Bozzola, che ci dà alcuni suggerimenti su come affrontare al meglio questo periodo di forte stress emotivo.
In questi tempi difficili, di isolamento forzato, è necessario ingannare il tempo, si, ma anche e soprattutto convivere con un sentimento da cui nel quotidiano tendiamo – inconsciamente – a rifuggire. Oggi, ma anche domani e probabilmente dopo domani, siamo e saremo invece alle prese con la necessità di combattere un ulteriore nemico: la paura. La paura di essere contagiati o, più spesso, per la salute e l’incolumità dei propri cari. E lo si fa, dunque, ognuno a modo suo: attraverso lunghe chiacchierate in chat, con gli aperitivi in videochiamata, attraverso i flashmob musicali sui balconi (ieri ne abbiamo visto uno bellissimo in tutta Italia, anche nella nostra città), appendendo le bandiere dell’Italia o con grandi cartelli recanti la scritta “Andrà tutto bene”. Un momento in cui, forse, si scopre anche la necessità dell’altro, data per scontata quando possiamo tranquillamente spostarci, e che invece – ce ne stiamo rendendo conto – non lo è affatto. Parliamo di questo e di molto altro con la psicologa Ilenia Bozzola*.
Dottoressa, purtroppo in questo periodo dobbiamo convivere con la paura. Paura di essere contagiati (ed eventualmente di contagiare) e la paura per i nostri cari più anziani. Come si dovrebbe, secondo lei, affrontare questo momento?
«Apprezzo la scelta della parola “convivere” perché credo che al momento sia molto importante partire proprio dal riuscire a “vivere insieme” alla paura. Quanti di noi, infatti, difficilmente accettano di essere spaventati? O quanti non concedono tempo alla paura? O, ancora, quanti attribuiscono questa emozione solo ai più “deboli”? Credo invece che questa sia per noi l’occasione per dialogare profondamente con questi pensieri, per capirli senza reprimerli (perché sappiamo quanto la paura possa esserci utile) e per imparare a gestirli, nel miglior modo possibile. Quindi direi che servirebbe una clemente attenzione, verso di sé e gli altri, che permetta a ciascuno di ascoltarsi e ascoltare in maniera consapevole e utile.»
Abbiamo visto nei giorni scorsi scene di grande irrazionalità collettiva, con assalto ai supermercati e strade vuote, alternate (soprattutto nei primi giorni) a paradossali assembramenti in feste, cene, aperitivi e, addirittura, rave party organizzati ad hoc, quasi a voler esorcizzare insieme agli altri questo difficile momento. Si tratta probabilmente di comportamenti umani più che comprensibili, ma ora pare che la razionalità e responsabilità generale stiano finalmente prendendo il sopravvento. In ogni caso come si spiegano questi fenomeni?
«Sappiamo che le reazioni di paura si manifestano in modo differente e con diversa intensità, soprattutto a seconda della percezione del pericolo. Pertanto, quanto più ho la sensazione di essere vicino a un evento molto minaccioso, tanto più proverò emozioni intense e tenderò a mettere in pratica delle azioni “istintive”. Credo che questo possa rispecchiare la scelta di un comportamento piuttosto che dell’altro. Dobbiamo riconoscere di essere in un momento di grande incertezza, in un epoca in cui siamo abituati alla costante ricerca “definibile” del sapere. Non avere il controllo della situazione può perciò condurci a risposte che sono le più veloci e disponibili al momento. Spesso, però, dobbiamo pensare che questi non sono i comportamenti più vantaggiosi.»
Ora che siamo tutti in isolamento “casalingo” che problemi possono nascere, a livello psicologico, da questa situazione forzata?
«In questi giorni ho letto numerosi messaggi nei quali si faceva il paragone tra quello che hanno coraggiosamente affrontato i nostri nonni, o bisnonni, anni fa e quello che stiamo vivendo noi oggi. È ragionevole e riconosco assolutamente i benefit e la sicurezza che abbiamo noi adesso. Allo stesso tempo, credo che vivere in un periodo in cui le mura domestiche sono “permeabili”, dove la comunicazione passa, irriverente, e si trascina dietro le nostre e altrui emozioni, ci rende più difficile “l’isolamento”. Per di più penso che, essendo abituati a muoverci liberamente con i nostri mezzi e a impegnare molto le nostre giornate, il sostare in casa possa diventare ancor di più un pesante limite. Pertanto, nonostante le considerevoli differenze individuali, stare in questo “isolamento casalingo” penso possa essere molto difficile, in quanto il nervosismo, la depressione, la noia, la confusione e la paura possono portarci a modificare il nostro stile di vita: l’alimentazione, il sonno, la cura di noi stessi.»
Gli anziani sono i soggetti più a rischio, non solo per il coronavirus, ma proprio a livello psicologico per l’isolamento forzato. Come possiamo aiutarli?
«Credo che le persone anziane, soprattutto in questo momento, vadano considerate con una particolare attenzione. Oltre alla preoccupazione, lecita, di contrarre il virus, regna in molti di loro il sentimento di solitudine. Quello che possiamo fare noi è far sentire la nostra presenza, magari con una telefonata in più; trasmettere loro poche informazioni e chiare, per ridurre la paura; renderli partecipi degli aiuti “possibili”, come far arrivare la spesa a casa propria; contestualizzare il momento, nel senso di pensare che questo periodo ha un “termine” e che poi tutto tornerà come prima e, ancora più importante, dare il buon esempio di come ci si possa prendere cura di loro proprio rispettando tutte le direttive.»
Cosa possiamo fare, in generale, per “sopportare” meglio questa situazione e magari volgerla in positivo?
«Direi che in questo momento potrebbe essere utile dedicarsi un po’ a se stessi, nel senso di ascoltare il proprio corpo, le proprie emozioni e pensieri. Bisognerebbe comprendere e accettare la paura, individuale e collettiva, ma anche impegnarsi (per quanto possibile) in quello che ci piace, magari impiegando il tempo a disposizione proprio in ciò che prima, a causa della solita routine, non si riusciva a fare, come leggere un libro, giocare con i propri figli, telefonare agli amici. Potrebbe essere rassicurante tenersi informati, per gestire meglio l’incertezza e la paura, ma facendo un’attenta selezione dei diversi canali di comunicazione, e tenerci in contatto con i nostri cari con le modalità a nostra disposizione, per non sentirci o farli sentire soli. Potrebbe essere confortevole, per sé e per gli altri, impegnarsi nell’essere responsabili e nel ricordarci che proprio dal rispetto delle regole nasce la vera libertà.»
Chi invece per ragioni lavorative deve comunque andare a lavorare cosa può fare – oltre a mettere in atto i comportamenti corretti per scongiurare ogni forma di contagio – per affrontare l’inevitabile preoccupazione?
«A chi deve spostarsi per andare a lavorare credo siano richieste ulteriori responsabilità, che se da un lato comprensibilmente possono spaventare, dall’altro credo possano rinforzare nei termini della fiducia in sé. Pensare a ciò in cui si è impegnati, portare avanti le proprie abitudini e vivere i soliti contesti possono diventare fattori molto importanti per affrontare questi momenti, nel miglior modo possibile. Ma sono altrettanto fondamentali il sentirsi liberi di comunicare le proprie emozioni o di accogliere quelle altrui e tenere bene in mente la percezione che è proprio a partire dall’impegno di ciascuno che si può davvero offrire un aiuto sincero.»
Da questa esperienza collettiva cosa potremo ricavare, una volta finita l’emergenza, a livello individuale e generale?
«Credo che questo periodo ci stia offrendo qualcosa di molto importante. Ci sta infatti permettendo di riscoprirci, di darci del tempo per noi stessi, da dedicare a cosa ci piace di più. Ci sta permettendo di sostare nella noia, di rallentare i ritmi frenetici delle nostre giornate, di individuare il valore delle piccole cose quotidiane, come il gesto di darsi la mano o il bere insieme un caffè. Ci sta permettendo di scoprire quanto possa essere sfidante e piacevole provarsi in qualcosa di nuovo, come lo Smart Working, che a molti ha richiesto un ulteriore impegno, ma che si è dimostrato sorprendente. Infine ci sta permettendo di sentirci, globalmente, più vicini nonostante “l’isolamento”.»
*La Dottoressa Ilenia Bozzola è Psicologa, con formazione in Psicoterapia Costruttivista. Oltre a essere Presidente dell’associazione Progetto Giovani, è impegnata da alcuni anni all’interno di Istituti Scolastici di Verona e provincia con progetti di “Educazione alla cittadinanza attiva e responsabile”, “Educazione all’affettività” e “Prevenzione al bullismo e cyberbullismo”. Ha preso parte agli sportelli d’ascolto, organizzati dall’Ufficio Scolastico Provinciale, e conduce percorsi, individuali e di gruppo, per potenziare la propria autostima. Infine si occupa di sostegno nell’ambito dell’apprendimento e orientamento scolastico.