Pallone bucato
L'emergenza coronavirus ha mandato nel pallone il calcio italiano incapace di assumere una posizione univoca per gestire al meglio la situazione, ma provocando invece una situazione a tratti grottesca.
L'emergenza coronavirus ha mandato nel pallone il calcio italiano incapace di assumere una posizione univoca per gestire al meglio la situazione, ma provocando invece una situazione a tratti grottesca.
Qui ci vorrebbe Federico Fellini. Un maestro inimitabile nel ritrarre i nostri vezzi e le nostre debolezze. Chissà cosa mai potrebbe estrarre dal suo genio oggi dinanzi alla schizofrenia virale che impera in quest’Italietta in pieno corto circuito. Nella tempesta dei giorni della psicosi collettiva, di assalti ai supermercati, di predatori di arche perdute quali amuchine e mascherine, di presidenti di regione che scambiano l’Italia per una repubblica federale assumendosi poteri che non hanno ed esibendosi in pacchiane cialtronerie sulle quali meglio è sorvolare, di un presidente del consiglio di un governo debole che per mandare messaggi rassicuranti non trova di meglio che presentarsi per 16 volte in un sol giorno davanti alle telecamere, di un’opposizione che sfrutta l’occasione per dargli una spallata proponendo fantomatici governi di unità nazionale, di una classe medica che anziché unirsi si mette a litigare in un vortice di stucchevole autoreferenzialismo volto a ritagliarsi la parte dei primi della classe.
La verità e che mai come questa volta il palazzo è finito nel pallone. Sgonfio. Partite rinviate, altre che si giocano, annunci di porte chiuse poi puntualmente rimangiati. Tutto il contrario di tutto. Emblematico il caos di Juventus-Inter, il derby d’Italia: non lo si poteva giocare la domenica a porte chiuse, salvo poi proporlo il lunedì a porte aperte come se il coronavirus andasse a giorni alterni come le targhe delle auto col Pm 10. E per non dire dei casi di Verona e Fiorentina le cui partite in trasferta sono state rinviate, dopo che entrambe le squadre si erano già sobbarcate il viaggio e i relativi costi. Più che una pandemia, un pandemonio.
Lo scorso gennaio la Lega di serie A dopo interminabili beghe e baruffe ha finalmente trovato l’accordo per eleggere un suo presidente, Paolo Dal Pino, un manager con un curriculum di alto profilo nel ramo dell’editoria e delle telecomunicazioni. Il compito che gli è stato affidato è rendere più appetibile agli investitori il prodotto Serie A al fine di elevarne il tasso di rimuneratività attraverso i diritti televisivi. Sulla riuscita dell’operazione, parla già abbastanza chiaramente il teatrino circense di questi giorni. Ieri sera, mentre il derby d’Italia ce lo siamo giocati a litigioso e permaloso rimpiattino tra un comunicato piccato e l’altro, la Spagna offriva al mondo intero lo spettacolo del Clasico tra Real Madrid e Barcellona. Altro da dire non c’è. Il pallone non è sgonfio. È proprio bucato.