Alla notizia del protocollo tra amministrazione comunale, scolastica e Ulss 9 per sottoporre gli studenti a test anti-droga, non si fa attendere una commento del dottor Fabio Lugoboni, Direttore di Medicina delle Dipendenze presso l’Azienda Ospedaliera di Verona, figura così autorevole in materia da essere l’unico medico chiamato al tavolo della Regione per il piano integrato delle dipendenze a non dirigere un Servizio per le Dipendenze. «Ma lo sono stato. Per 14 anni ho diretto l’unico SerD in Italia dove si effettuava nel  laboratorio interno tutta la diagnostica e si forniva consulenza e assistenza ai malati con modelli e protocolli innovativi, che hanno poi fatto scuola».

Dottor Lugoboni, cosa pensa dell’idea di fare drug-test nelle scuole ai ragazzi minorenni, con il consenso dei genitori?

«Questo progetto è a mio parere il contrario di quello che serve ai ragazzi. Anche anni fa, se un genitore portava al mio consultorio il figlio per analisi coercitive, veniva respinto e gli si spiegava che imporre e terrorizzare porta come unico risultato che l’adolescente si rinchiude e interrompe ogni dialogo costruttivo. Per affrontare e risolvere i comportamenti pericolosi e distruttivi occorre creare fiducia, non paura; sforzarsi verso l’apertura, l’ascolto e la comprensione del disagio, non certo discriminare i buoni dai cattivi.»

Il Comune di Verona si è spaventato di fronte alle percentuali prospettate dal dottor Serpelloni. Verona, risulta ancora una volta in prima linea nelle sperimentazioni di contrasto al traffico di droga o, come in questo caso, di educazione e prevenzione.

«Il collega ha divulgato questo suo protocollo alla categoria, cercando giustamente l’endorsement della FederSerD italiana; per ora ho l’impressione che sia stata accolta tiepidamente in ambito scientifico. Ecco allora che Verona diventa probabilmente strumento di un progetto politico, un modo alternativo per accreditare il suo metodo. Partendo però, sembra, da basi senza un vero metodo scientifico. È chiaro che spacciare le risposte che un ragazzo ha dato alla domanda “Ti sei mai drogato” per quelle a “Fai uso frequente di droga” altera completamente la percezione del fenomeno. Il dato attendibile raccolto in ambito Espad per Verona mostra che soltanto il 2,7% dei ragazzi usa sostanze illegali abitualmente, ancora meno sono quelli che hanno sviluppato una vera dipendenza. Ma, al di là del numero reale, i ragazzi a rischio sono sempre uno di troppo! Dobbiamo lavorare per la prevenzione, farlo con gli strumenti più efficaci, parlando il loro linguaggio. Senza dimenticare il ruolo delle altre sostanze, pensiamo ad esempio agli psicofarmaci rubati in famiglia o alle amfetamine per studiare. O i numeri, quelli sì spaventosi, dei consumatori abituali di tabacco e alcolici».

Quindi cosa dobbiamo e possiamo fare per educare e prevenire? Oltre al dialogo in famiglia, alla divulgazione a scuola, esistono secondo Lei “terapie” applicabili in campo medico?

«Fare prevenzione sulla droga è impresa difficilissima, lo so bene sulla mia pelle. Mi vengono in mente due elementi che si è dimostrato essere correlati con la propensione all’uso e alla dipendenza. Il primo riguarda diagnosi e cura precoci dei disturbi neuropsichiatrici nei bambini, per l’incidenza che i comportamenti impulsivi e iperattivi assimilati da piccoli hanno sul bisogno di provare qualsiasi modo per “spegnersi” una volta diventati più grandi; anche il fenomeno, ampiamente sottovalutato, della depressione post-partum nella madre è stato collegato a una minor apprendimento nel bambino della resilienza alle difficoltà. Intervenire presto, di concerto con la famiglia, può essere complesso, ma si tagliano le gambe a uno dei principali fattori causali. La seconda idea farà sorridere per quanto è semplicistica: investire tempo e risorse per impedire che i nostri ragazzi comincino a fumare. Fumare normali sigarette, intendo. La peggiore tra tutte le droghe che conosco è la nicotina e provo grande soddisfazione ogni volta che un mio paziente se ne libera.

Esiste uno studio di Eric Kendall del 2014 che evidenzia le dinamiche molecolari di “collaborazione” tra nicotina e cocaina nel corpo umano, dimostrando che proprio la legalissima sigaretta ha un effetto moltiplicatore degli effetti della cocaina, e addirittura che l’associazione delle due sostanze è discriminante tra chi assume cocaina e chi ne diventa dipendente. Sto citando il lavoro di un premio Nobel, eppure non se ne parla e nessuno si è mai preoccupato di pubblicizzarlo. Ecco, se si ragiona sui numeri reali del “fenomeno droga” e sulle ragioni nascoste di questa omertà a tutti i livelli, si arriva probabilmente molto vicino alle dinamiche utili a comprendere anche cosa sia veramente alla base del drug test nelle scuole veronesi».