A Sanremo è la memoria a fare un passo indietro
A Sanremo la cosa che non passa mai mai di moda è la polemica. Dalle parole di Amadeus durante la conferenza stampa alle scelte delle canzoni in gara, il Festival si fa nei giorni che lo precedono.
A Sanremo la cosa che non passa mai mai di moda è la polemica. Dalle parole di Amadeus durante la conferenza stampa alle scelte delle canzoni in gara, il Festival si fa nei giorni che lo precedono.
La 70esima edizione del Festival di Sanremo deve ancora iniziare ma la bufera mediatica che lo accompagna è già in atto. Dopo le polemiche che hanno seguito l’inclusione di Rita Pavone tra i big e il tira e molla sulla presenza di Rula Jebreal, l’inferno si è scatenato a seguito delle parole con cui Amadeus, conduttore e direttore artistico del Festival, nel corso della conferenza stampa, ha presentato la modella Francesca Sofia Novello, una delle donne che lo accompagneranno sul palco.
La reazione sui social e sui media è stata immediata, tanto da far nascere l’hashtag #boycottSanremo. Lo showman, accusato di sessismo, non si è scusato ma dopo aver risposto su Instagram (… c’est la vie) con la citazione “Io sono responsabile di quello che dico, non di quello che capisci” di Massimo Troisi (il quale probabilmente non farebbe salti di gioia), ha dichiarato che probabilmente è stato frainteso.
Un commento lucido sulla questione arriva dalla senatrice del Pd Monica Cirinnà: «È già altamente discutibile che, nel 2020, la conduzione del Festival di Sanremo continui a prevedere la formula del presentatore uomo attorniato da giovani vallette: che tutto questo venga accompagnato da osservazioni sessiste, è davvero inaccettabile. Una donna può essere definita e lodata, ancora, solo per la sua bellezza, o per l’uomo con cui condivide la vita, o peggio ancora per la sua remissività nel fare un passo indietro di fronte al successo del compagno? Il servizio pubblico ha il preciso dovere di garantire che il linguaggio pubblico e la sostanza delle cose siano rispettosi della parità di genere. Chiedo all’Ad della Rai Salini di tutelare le professioniste che ha ingaggiato, donne brave e preparate, con un valore autonomo e proprio.»
Ma non è finita qui, l’ultima (per ora) polemica su Sanremo riguarda la partecipazione del trapper romano Junior Cally accusato di inneggiare alla violenza sulle donne attraverso i suoi testi. Infatti, in Strega, brano del 2017, Junior Cally cantava «Lei si chiama Gioia / balla mezza nuda, dopo te la dà/Si chiama Gioia perché fa la t***a /L’ho ammazzata, le ho strappato la borsa/c’ho rivestito la maschera».
La questione è riuscita perfino a mettere d’accordo Pd, Lega, M5s e Forza Italia che chiedono a gran voce l’esclusione del rapper romano alla kermesse. A sostenere questa posizione si è espresso anche il Presidente RAI, Marcello Foa, che, chiedendo ad Amadeus “di riportare il festival nella giusta direzione” ha dichiarato: «Il Festival, tanto più in occasione del suo 70esimo anniversario, deve rappresentare un momento di condivisione di valori, di sano svago e di unione nazionale, nel rispetto del mandato di servizio pubblico. Scelte come quella di Junior Cally sono eticamente inaccettabili per la stragrande maggioranza degli italiani.» Il manager del trapper romano ha difeso il suo artista dichiarando che Junior Cally, oggi «è contro sessismo e violenza» e che quelle canzoni sono di anni fa.
Che inneggiare alla violenza sulle donne sia disgustoso, oltre che un reato, e che una canzone come Strega non debba nemmeno essere pubblicata è un assioma che non va discusso, ma c’è da chiedersi come mai, non venga richiesta l’esclusione anche per Marco Masini che nel 1995 cantava “Mi verrebbe di strapparti / Quei vestiti da puttana / E tenerti a gambe aperte / Finché viene domattina / Ma di questo nostro amore / Così tenero e pulito / Non mi resterebbe altro che / Un lunghissimo minuto di violenza / E allora ti saluto, bella stronza”.
Touchè.