Non è un paese per vecchi
L'esperienza del monopattino? L'abbiamo provata anche noi. Qui il racconto di un viaggio fra le vie (dissestate) di Verona
L'esperienza del monopattino? L'abbiamo provata anche noi. Qui il racconto di un viaggio fra le vie (dissestate) di Verona
Il nostro giornale si è fatto recentemente promotore di una simpatica iniziativa, creando un album fotografico su Facebook (lo trovate cliccando qui) su cui i cittadini, trasformati in investigatori con cappello e pipa, possono caricare immagini di poveri monopattini abbandonati nei luoghi più disparati del centro storico cittadino.
Ne abbiamo viste di ogni tipo: foto di monopattini di traverso sul marciapiedi, in mezzo a un incrocio o appoggiati sulle bici parcheggiate; ce n’è stato perfino uno infilato a testa in giù in un cassonetto e un altro, probabilmente il più famoso, sceso in Adige a rinfrescarsi le rotelle. Tutti questi scooter soli, abbandonati e indifesi hanno risvegliato in me l’innato senso di Giustizia (per non parlare della maledetta curiosità che mi incasina sempre la vita) e così ho deciso di ergermi io a strenua paladina del mezzo tanto detestato da tutti i veronesi.
Oggi avevo mezz’ora andata e ritorno per andare da dietro l’Arena fino all’ACI di via Pradaval. Complici un tempo incerto in cielo e pochissimo in terra, ho azzardato l’impensabile: provare a farci un giro. Registrazione intuitiva, localizzazione del mezzo immediata, costo ridicolo e massima comodità. Aspetta, riformulo: comodo lo sarebbe se a Verona ci fossero meno buche nell’asfalto e meno porfidi storti o assenti nel pavè; non sono quindi riuscita a sfruttare la “coppia” del motore elettrico, che arriva a fare i 25 kmh lanciato (per dire, io stessa, che non faccio Cunego o Viviani di cognome, sono più veloce in bicicletta – ma ben più lenta a piedi!). Con le strade che ci meritiamo, il comfort non è proprio il massimo e sono scesa con i polsi tremolanti; devo però rimarcare come il supporto del cellulare sia stato evidentemente pensato proprio per gli accidentati fondi stradali cittadini, ha svolto saldamente il suo lavoro, permettendomi di “giocare” con il tasto stop/start della App e facendomi risparmiare soldi.
Detto dunque della indubbia utilità e migliorabile comodità dell’attrezzo, mi vorrei soffermare su quello che pare essere il vero problema: chi lo monta e lo scarso senso civico negli spostamenti e nei parcheggi. Il monopattino viene incolpato di occupare spesso il passaggio pedonale sui già terribili marciapiedi del centro, che tra pietroni sconnessi e marmi scivolosi già costituivano di per sé un pericolo incombente. Ecco, volendo controllare davvero bene gli ingombri, se ne vedono di ogni tipo: ho raccolto prove fotografiche inappellabili di automobili parcheggiate a bordo muro, sull’unico marciapiede disponibile nella via, biciclette legate ai pali, anche a gruppi di due-tre, pronte a crollare miseramente appena sfiorate dal disgraziato che volesse passare di lì; ci sono poi i cartelloni con prezzi e menu che ogni bar, anche nei vicoli più stretti, sembra si senta obbligato a piazzare tra i piedi dei passanti, così come sedie e tavolini “dimenticati” dal cameriere.
Camminare a Verona non è per niente facile, per nessuno, non solo per i passeggini delle mamme o le carrozzine dei disabili o il bastone dei ciechi. Mi viene in mente la stupenda idea del mio amico Alessandro Bordini, che ha deciso di appiccicare un adesivo di sensibilizzazione per la sua campagna “Occhio al Cieco” sulle automobili che incontra regolarmente sulla sua strada, parcheggiate dove non dovrebbero assolutamente stare. Con esempi così numerosi di parcheggio selvaggio e sosta abusiva di qualsiasi mezzo, era evidente che gli utenti del monopattino non potessero che obbedire al sistema sociale imperante e aggiungere confusione dove già ne regnava fin troppa. Le uniche biciclette parcheggiate al loro posto sono quelle del Bikesharing che – furbi come faine – si paga proprio fino all’aggancio nello stallo dedicato.
Il monopattino però risponde a una concezione di mobilità diversa, spensierata e svincolata da ceppi e catene. Si prende, si usa, si seguono (e violano) le regole, infine si molla dove ci si trova senza tanti pensamenti. È la società moderna, bellezza! Lo facciamo regolarmente con qualsiasi cosa, con le persone e con gli animali… poteva forse un pur adorabile aggeggino indifeso fare differenza? Nella famosa fiaba, lo scorpione uccide la rana che gli aveva salvato la vita, semplicemente perché è la sua natura. E nella natura stessa del monopattino, tutto colorato, leggero e stiloso, c’è proprio quella libertà assoluta di guardare se ce n’è uno in zona, montarci sopra e scappare verso l’orizzonte; a destinazione, non ti chiede nulla, basta sganciarsi dalla App, mettere la mini-cavalletta e bye bye scooter, thanks for your service!
Da brava “difensora” dell’onore del monopattino, ho allegato anche alcune foto virtuose, esempi di perfetta armonia tra il mezzo e l’intero che lo guida, tra il trabiccolo e l’ambiente circostante. Ne ho messe solo un paio ma le persone che hanno deciso di fare un uso responsabile e intelligente del nuovo servizio sono davvero molte; stupirebbe i benpensanti veronesi aprire gli occhi su una realtà che esiste in tutto il mondo da anni, ovunque con grande soddisfazione di utenti e non. Vero anche che in molti paesi ogni dannata strada ha la sua corsia riservata a bici e monopattini, che accanto agli stalli per le moto ci siano spazi ibridi per “altri mezzi” ma questo è tutto un altro discorso, magari ci arriveremo anche noi.
Dopo i primi tempi, sparirà la diffidenza innata nel nostro DNA storico e anche i dorati provinciali veronesi sapranno godere dei vantaggi garantiti dal nuovo “invasore” su rotelline. O forse non arriveranno mai a provarlo, limitandosi come spesso accade al giudizio negativo a prescindere. Anche perché, diciamolo, mica è per tutti: ci vuole una certa destrezza, agilità e prontezza di riflessi, per non schiantarsi al primo scalino!