In occasione del match di Seria A del San Paolo tra Napoli e Verona, vinto dai partenopei con il punteggio di due a zero, ha destato scalpore il trattamento riservato ai tifosi gialloblù, ai quali è stato concesso di mettere piede dentro allo stadio solamente pochi minuti prima dell’inizio del secondo tempo.
La domanda a questo punto nasce spontanea: ma come può essere successa una cosa del genere?
Facciamo prima una breve cronistoria. Arrivati nel primo pomeriggio in prossimità della città partenopea, a poco più di un’ora dallo stadio, i quasi seicento tifosi gialloblù (598 per la precisione), scortati dalle forze di polizia, sono stati costretti a uscire dall’autostrada per un’interminabile serie di perquisizioni e di raccolta di foto segnaletiche. Non bastasse questo, in seguito a un cambio di direzione motivato dalla presenza – sembra non confermata – di lavori in corso, i tempi di arrivo a Fuorigrotta si sono allungati a dismisura tanto che i tifosi sono giunti a ridosso dell’impianto sportivo partenopeo mentre si udiva il boato del gol del vantaggio siglato da Milik. Il malfunzionamento dei tornelli ha, poi, fatto il resto, consentendo l’entrata sugli spalti solamente durante l’intervallo, sotto tremende bordate di fischi. Con tutte le logiche e inevitabili conseguenze che si possono immaginare. Se a questo aggiungiamo che il prezzo del biglietto per i tifosi scaligeri ammontava a 39 euro (quasi il triplo del costo per la curva che ospita i tifosi di casa), possiamo immaginare quanto fosse alta la temperatura della rabbia tra i veronesi.
Inutile fare tanti giri di parole. Il trattamento riservato ai tifosi scaligeri rappresenta uno smacco e una mancanza di rispetto colossale nei loro confronti e, se vogliamo, nei confronti di un’intera città. Impedire di entrare allo stadio a persone che hanno percorso centinaia di chilometri, in possesso di regolare biglietto, è un fatto decisamente inaccettabile. Senza dimenticare l’aspetto, per qualcuno magari meno importante, di privare una squadra del fondamentale sostegno dei propri tifosi. La società gialloblù – per voce del presidente Maurizio Setti – e le istituzioni cittadine – attraverso il sindaco Federico Sboarina – hanno subito condannato l’episodio, auspicando dai diretti interessati plausibili e immediate spiegazioni. Ammesso che ne esistano, vien da dire.
Che tra le due tifoserie non corra certo buon sangue è un fatto oramai noto. Che la prudenza in queste situazioni non sia mai abbastanza è altrettanto vero e condivisibile. Meglio prevenire che curare. Giustissimo. Al giorno d’oggi, tuttavia, i mezzi e le strategie a disposizione delle forze dell’ordine consentono di gestire anche le folle più numerose. Figuriamoci, quindi, se parliamo di poche centinaia di persone. Ecco perchè quanto successo ieri assume contorni totalmente privi di valide motivazioni. A Verona, giusto per usare un termine di paragone, in occasione delle partite interne dei gialloblù, giungono allo stadio centinaia di tifosi ospiti, spesso tutt’altro che benevoli verso i “colleghi” scaligeri, ma mai e poi mai abbiamo assistito a situazioni come quelle del San Paolo.
Quanto successo è passato “stranamente” inosservato senza che nessuno –tv o carta stampata nazionali – ne facesse voce. La vicenda è passata “sotto traccia” nel più totale anonimato. Qualche quotidiano si è limitato a citare solo il naturale scambio di “convenevoli” tra le due tifoserie senza nessun riferimento ai fatti di cui sopra.
Perché tutto questo?
La conclusione a questo punto è quasi scontata. E se questo fosse successo al Bentegodi ? Siamo pronti a scommettere – felici in caso contrario di essere smentiti – che l’eco su giornali e tv sarebbe stato completamente diverso. Si sarebbe sicuramente scatenato il classico putiferio. Un film, purtroppo, già visto in altre occasioni. Anche questo è lo specchio, triste, dell’Italia dei nostri giorni.